I 10 falsi miti del nuovo codice degli appalti

4 Marzo 2016
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Il nuovo codice degli appalti non è ancora entrato in vigore, ma da subito si sono scatenati aruspici e vaticinanti, che prevedono miracolosi effetti da una riforma, che per altro è imposta dall’Europa. Infatti, si tratta di un recepimento di una direttiva che se non avvenisse entro il 18 aprile determinerebbe l’autoapplicazione della direttiva medesima.

Primo mito: si tratta di una delle “riforme” del Governo per rilanciare l’Italia. Anche no, proprio perché, come rilevato poco sopra, non è una riforma spontanea, ma “spintanea” indotta dalla Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014 e da approvare entro il 18 aprile. Dunque, stiamo arrivando con buon ritardo e al limite del tempo massimo.

Secondo mito: si rilanciano i cantieri.

Terzo mito: si tratta di un codice molto più snello grazie alla soft regulation. 253 articoli del d.lgs 163/2006 contro i 217 della riforma…

Quarto mito: si riducono le stazioni appaltanti. Anche no, se sotto i 40.000 e i 150.000 euro si potranno continuare a realizzare gare in autonomia

Quinto mito: con le centrali uniche di committenza si risparmia. Ma il Def dice altro

Sesto mito: l’offerta economicamente più vantaggiosa assicura più qualità. Intanto, se fosse vero che obiettivo del codice è risparmiare, l’estensione dell’offerta economicamente, considerata utile per evitare ribassi selvaggi, dovrebbe sortire l’effetto opposto (quindi occorrerebbe che gli agiografi della riforma si mettessero d’accordo sui suoi effetti). In realtà, la qualità dipende dalla progettazione, non dal criterio di gara.

Settimo mito: aumenta la qualità della progettazione. Ma, se la qualità della progettazione aumentasse davvero grazie al codice, non si capisce perché l’estensione parossistica dell’obbligatorietà dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Ottavo mito: le procedure sono più snelle. In realtà, le procedure sono identiche.

Nono mito: si riducono le varianti. Le varianti sono in funzione della qualità della progettazione. Se realmente questa fosse di migliore qualità, per mettere la parola fine alle varianti, agli aumenti di costo, al contenzioso e ai rischi connessi di corruzione, la soluzione sarebbe semplicissima: vietarle proprio del tutto.

Decimo mito: si qualificano le stazioni appaltanti. In realtà, sarebbero da qualificare i progettisti.

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