Profili di finanza e contabilità pubblica nel nuovo codice dei contratti

10 Maggio 2016
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È noto che gli appalti e i contratti pubblici hanno un notevole peso sulla spesa pubblica e nel mercato. Secondo i dati comunitari, i soli appalti regolati dalle direttive rappresentano il 18% del PIL; in ambito nazionale la spesa complessiva di tutti i contratti si aggira sul 20% del PIL; secondo dati dell’ANAC, nel 2014 il valore complessivo dei contratti di importo superiore a 40.000 euro in tutti i settori (ordinario e speciale) si è attestato attorno ai 101,4 miliardi di euro; il settore degli appalti pubblici costituisce un mercato rilevante di grande importanza[1] e costituisce uno dei più importanti aggregati della spesa pubblica che complessivamente i 130 miliardi di euro.

Nell’ordinamento generale il profilo finanziario dell’attività contrattuale ha preminente considerazione nel documento di programmazione economica, nella legge di stabilità, ai fini del conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica imposti dal patto di stabilità europeo e del giusto equilibrio del rapporto tra sviluppo dell’economia e contenimento della spesa, e negli strumenti di programmazione operativa ai fini della ripartizione e dell’accorto utilizzo delle risorse.

Il diritto comunitario, secondo una comunicazione interpretativa della Commissione CE (2006/C 179/02 del 23 giugno 2006), intende aiutare le amministrazioni aggiudicatrici, attraverso metodi di aggiudicazione aperti e concorrenziali idonei ad attirare una gamma più ampia di potenziali offerenti ed a beneficiare di offerte più vantaggiose assicurando un uso, il più efficace possibile, del denaro pubblico che è di particolare importanza per gli esistenti problemi di bilancio.

Tale prospettiva rappresenta, non tanto l’abbandono dell’iniziale approccio preferenziale alla libertà di mercato in un’area comune, ma piuttosto la presa di coscienza che il corretto uso delle risorse pubbliche contribuisce al mantenimento degli equilibri di bilancio ed al coordinamento delle politiche economiche, necessari per il sostegno della moneta unica europea; ciò non toglie che le regole comunitarie restino finalizzate non certo alla tutela dell’interesse egoistico delle singole amministrazioni pubbliche, bensì alla salvaguardia dei valori della concorrenza e quindi della libertà competitiva delle singole imprese[2].

Nel parere del Consiglio di Stato sul testo del nuovo codice (Comm. Spec. Comm. spec.  1 aprile 2016 n. 855) si riconosce (punto 1.a) che i contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture sono una voce particolarmente significativa della spesa pubblica, con una duplice implicazione, costituendo una leva importante della politica economica e sociale di un Paese, e si da atto che nell’approccio eurounitario, i contratti pubblici sono regolati nell’ottica di una adeguata tutela della concorrenza e del mercato, al fine di abbattere le barriere nazionali, e nella prospettiva dell’uso dei contratti pubblici al fine di una corretta allocazione delle risorse comunitarie e di una crescita sostenibile.

Lo stretto collegamento dell’attività contrattuale alla spesa pubblica è dimostrato (per esclusione) dalla disposizione, inserita nel nuovo codice (art. 20), che esclude espressamente dal suo ambito di applicazione la realizzazione di un’opera pubblica a totale cura e spesa di un soggetto privato.

Il codice, tuttavia, apparentemente non si interessa direttamente dei profili contabili e finanziari della procedure contrattuali, se non in poche disposizioni di collegamento programmatico o che prevedono adempimenti formali di raccordo con altri organi istituzionali di controllo.

Tutta la disciplina, però, essendo attuativa delle direttive comunitaria, ne assorbe le finalità e i principi fondamentali, anche se non espressamente riprodotti.

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