Via libera al danno all’immagine?

15 Settembre 2016
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di Donato Antonucci

Avvocato amministrativista

Nel “decreto anticrisi” n. 78/2009, la legge di conversione n. 102/2009 aveva inserito all’art. 17 il comma 30-ter (c.d. “Lodo Bernardo”), in base al quale le procure della Corte dei conti possono esercitare l’azione per il risarcimento del danno all’immagine causato alla P.A. “nei soli casi e nei modi previsti” dall’art. 7 della legge n. 97/2001, vale a dire nei soli casi in cui il dipendente sia stato condannato, con sentenza irrevocabile, per uno dei delitti di cui al Capo I, Titolo II del codice penale, cioè quelli commessi contro la P.A. da pubblici ufficiali (artt. 314-335-bis c.p.).

La stessa disposizione, conseguentemente, dispone la sospensione, fino alla conclusione del procedimento penale, del termine quinquennale di prescrizione per l’azione di risarcimento del danno erariale e sancisce, al contempo, la nullità di qualunque atto istruttorio o processuale posto in essere in violazione di questa previsione.

La diminuzione tipologica dei reati rispetto ai quali è possibile configurare un danno all’immagine ha comportato in questi anni un’intuitiva limitazione nelle richieste risarcitorie per le Procure regionali della Corte dei conti, anche perché la nuova previsione ha superato indenne il vaglio di costituzionalità. La Consulta, infatti, con la nota sentenza n. 355/2010, ha affermato che il Legislatore ha inteso “circoscrivere oggettivamente i casi in cui è possibile, sul piano sostanziale e processuale, chiedere il risarcimento del danno in presenza della lesione dell’immagine dell’amministrazione imputabile a un dipendente di questa”, facendone conseguire che “la norma deve essere univocamente interpretata… nel senso che, al di fuori delle ipotesi tassativamente previste di responsabilità per danni all’immagine dell’ente pubblico di appartenenza, non è configurabile siffatto tipo di tutela risarcitoria”.

Le Sezioni Unite della Cassazione, in varie pronunce (nn. 14831/2011; 5756/2012; 9188/2012; 20728/2012), hanno rilevato come la norma configurasse una condizione di proponibilità della azione di responsabilità amministrativa, affermando che “la  condanna per danno all’immagine dello Stato, allorché non vi sia stato un accertamento di uno dei delitti tassativamente indicati dalla  legge come fonte di tale danno non patrimoniale da parte del giudice penale da porre a presupposto del giudizio di responsabilità amministrativa, dà luogo ad un eccesso di potere esterno della  Corte dei conti, che emette una condanna vietata per legge, erogando una tutela ad essa non consentita di posizioni soggettive dello Stato non giustiziabili”.

A questa lettura hanno poi aderito anche le Sezioni Riunite della Corte dei Conti, n.8/2015/QM, precisando che le previsioni introdotte dalla legge anticorruzione n. 190/2012 all’art. 1 della L. n. 20/1994 non hanno innovato “ex novo” l’intera materia, limitandosi ad indicare criteri per quantificazione del risarcimento. La norma in parola, al comma 1-sexies, stabilisce che “Nel giudizio di responsabilità, l’entità del danno all’immagine della pubblica amministrazione derivante dalla commissione di un reato contro la stessa pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato si presume, salva prova contraria, pari al doppio della somma di denaro o del valore patrimoniale di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente

La tassatività delle ipotesi per promuovere l’azione di responsabilità per danno all’immagine risulta messa in discussione con l’emanazione del D.Lgs. n. 174/2016, il nuovo “Codice della giustizia contabile”, pubblicato nella G.U. n.209 del 7.9.2016 ed in vigore dal prossimo 7 ottobre.

L’art.4 dell’Allegato 3 del decreto, infatti, ha abrogato l’art. 7 della L. n. 97/2001, per cui l’art. 17, comma 30-ter, del D.L. n. 79/2009 si trova ad operare un rinvio proprio a quella norma, ora espunta dall’ordinamento, che definiva “i soli casi e i modi” dell’azione di responsabilità in questione.

La conseguenza più verosimile – salvo escludere in assoluto la possibilità del risarcimento – è che l’azione risulterà esperibile in tutti i casi in cui vi sia una sentenza passata in giudicato per un qualunque reato commesso ai danni della pubblica amministrazione, inclusi i reati comuni (truffa, falso, etc.) che non erano contemplati dal “Lodo Bernardo”.

 

D.Lgs. 26/08/2016, n. 174  CODICE GIUSTIZIA CONTABILE – IN VIGORE DAL 7.10.2016

ART. 4 Abrogazioni 1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del codice, sono o restano abrogati, in particolare:

g) l’articolo 7 della legge 27 marzo 2001, n. 97;

h) l’articolo 17, comma 30-ter, primo periodo, del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102;

 
30-ter. Le procure della Corte dei conti possono iniziare l’attività istruttoria ai fini dell’esercizio dell’azione di danno erariale a fronte di specifica e concreta notizia di danno, fatte salve le fattispecie direttamente sanzionate dalla legge.  testo che resta in vigoreLe procure della Corte dei conti esercitano l’azione per il risarcimento del danno all’immagine nei soli casi e nei modi previsti dall’articolo 7 della legge 27 marzo 2001, n. 97. A tale ultimo fine, il decorso del termine di prescrizione di cui al comma 2 dell’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, è sospeso fino alla conclusione del procedimento penale. Qualunque atto istruttorio o processuale posto in essere in violazione delle disposizioni di cui al presente comma, salvo che sia stata già pronunciata sentenza anche non definitiva alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, è nullo e la relativa nullità può essere fatta valere in ogni momento, da chiunque vi abbia interesse, innanzi alla competente sezione giurisdizionale della Corte dei conti, che decide nel termine perentorio di trenta giorni dal deposito della richiesta. L. 14/01/1994, n. 201. Azione di responsabilità.

resta in vigore

1-sexies. Nel giudizio di responsabilità, l’entità del danno all’immagine della pubblica amministrazione derivante dalla commissione di un reato contro la stessa pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato si presume, salva prova contraria, pari al doppio della somma di denaro o del valore patrimoniale di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente

comma introdotto dalla L.190/2012

Art. 7. L. 97/2001 [1. La sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti dei dipendenti indicati nell’articolo 3 per i delitti contro la pubblica amministrazione previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale è comunicata al competente procuratore regionale della Corte dei conti affinché promuova entro trenta giorni l’eventuale procedimento di responsabilità per danno erariale nei confronti del condannato. Resta salvo quanto disposto dall’articolo 129 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271].

 

Redazione