Appalti: l’anticipazione del prezzo nei contratti pubblici

30 Gennaio 2017
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L’anticipazione del prezzo nei contratti stretti con la mano pubblica

A cura dell’avv. Cristiano Giovanni Gasparutti

Premessa

Vale preliminarmente riepilogare che l’istituto dell’anticipazione del prezzo, nei contratti stretti con la pubblica Amministrazione, e le relative (molteplici) modifiche normative, succedutesi nel tempo, era previsto originariamente nell’art. 12, commi 6, 7 e 8 del r.d. n. 2440/1923, ed era oggetto di ampia discrezionalità da parte dell’amministrazione (cfr. Cassazione Civile, sez. I, 15 settembre 2000, n. 12178) fino all’entrata in vigore della legge 10 dicembre 1981, n. 741, che, nell’art. 3, stabiliva che l’anticipazione di cui all’art. 12 del r.d. n. 2440/1923 era accreditata all’impresa indipendentemente dalla sua richiesta, entro sei mesi dalla data dell’offerta.

L’obbligatorietà dell’erogazione dell’anticipazione, cui corrisponde(va) un vero e proprio diritto soggettivo da parte dell’appaltatore, veniva ribadita dall’art. 26, comma 1, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, nella versione originaria antecedente alla modifica apportata dalla legge 18 novembre 1998 n. 415, salvo poi essere ridimensionata sotto il profilo dell’ammontare (dal 10 al 5% dell’importo contrattuale) dall’art. 2, commi 91 e 92 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (legge finanziaria 1997).

Tuttavia, nel 1997, con evidenti fini di contenimento della spesa pubblica, il legislatore modificava la disciplina dell’istituto dell’anticipazione del prezzo, prevedendo un generalizzato divieto di concedere, in qualsiasi forma, anticipazioni del prezzo in materia di contratti di appalto di lavori, di forniture e servizi.

Al menzionato divieto, facevano eccezione:
i) i contratti già aggiudicati alla data dell’entrata in vigore della novella del 1997
ii) quelli riguardanti attività oggetto di cofinanziamento da parte dell’Unione europea nonché
iii) i contratti di finanziamenti del MAE per la realizzazione di iniziative, interventi e programmi ed attività nel settore della cooperazione allo sviluppo in favore di università e di organizzazioni non governative (d.l. 28 marzo 1997, n. 79, art. 5, commi 1 e 1bis).

Il divieto di anticipazione, tutt’ora vigente in linea generale, è stato rivisitato dal legislatore nel 2013 (V., art. 26 –ter del D.L. 21-6-2013, n. 69 -Articolo inserito dalla legge di conversione 9 agosto 2013, n. 98); ciò sul presupposto che “il mutato contesto economico, caratterizzato da una profonda crisi del tessuto imprenditoriale, aggravata dalla stretta creditizia, ha imposto di ripristinare temporaneamente un istituto volto a consentire agli operatori economici di sostenere le ingenti spese iniziali nell’esecuzione di un appalto di lavori“.

Con la logica conseguenza che attraverso l’istituto dell’anticipazione del prezzo, il legislatore sembra avere preventivamente valutato come prevalente, rispetto alle finalità di contenimento della spesa pubblica, l’interesse delle imprese ad ottenere le somme necessarie per avviare i cantieri, imponendo temporaneamente alle stazioni appaltanti di concedere le anticipazioni sul prezzo dell’appalto.

Né può essere tralasciato di osservare che la ridetta interpretazione del legislatore trova conferma nei lavori preparatori che testimoniano come da una prima formulazione della disposizione che espressamente facoltizzava la corresponsione dell’anticipazione del prezzoin deroga ai vigenti divieti di anticipazione del prezzo, è possibile la corresponsione in favore dell’appaltatore di un’anticipazione pari al 10 % dell’importo contrattuale, purché la stessa sia già prevista e pubblicizzata nella gara di appalto») si sia passati a quella definitiva, oggi vigente, di tutt’altro tenore.

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