È legittima l’informazione antimafia interdittiva adottata sulla base di elementi meramente indiziari

Il Consiglio di Stato, nel confermare la legittimità dell’informazione antimafia interdittiva adottata dalla Prefettura di Caserta, ai sensi degli artt. 84 e 91 del D.Lgs. 159/2011, nei confronti di due società, si è pronunciato sui presupposti applicativi della stessa aderendo ai prevalenti orientamenti giurisprudenziali già sviluppatisi in materia.

9 Maggio 2017
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Il Consiglio di Stato, nel confermare la legittimità dell’informazione antimafia interdittiva adottata dalla Prefettura di Caserta, ai sensi degli artt. 84 e 91 del D.Lgs. 159/2011, nei confronti di due società, si è pronunciato sui presupposti applicativi della stessa aderendo ai prevalenti orientamenti giurisprudenziali già sviluppatisi in materia.

Si è confermato che l’informazione interdittiva, in quanto misura cautelare di polizia a carattere preventivo, non deve fondarsi su prove o collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certoma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi del pericolo che possa verificarsi il tentativo di ingerenza nell’attività imprenditoriale della criminalità organizzata” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 19 gennaio 2012, nr. 254).

Gli elementi sintomatici dai quali è possibile evincere il tentativo di infiltrazione non vanno considerati separatamente, “dovendosi piuttosto stabilire se sia configurabile un quadro indiziario complessivo, dal quale possa ritenersi attendibile l’esistenza di un condizionamento da parte della criminalità” (cfr. Cons. Stato, sez. III, 19 gennaio 2012, nr. 254; id., 23 luglio 2012, nr. 4208).

Ne deriva che il Prefetto può porre a fondamento della propria valutazione una serie di elementi dai quali può dirsi ragionevolmente sussistente, alla stregua del consolidato criterio “del più ragionevole che non”, il tentativo di infiltrazione mafiosa.

Massima a cura dell’Avv. Irene Picardi (irene.picardi@hotmail.it)

Sentenza del Consiglio di Stato, sez. III, del 21 aprile 2017, n. 1866

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello nr. 6946 del 2016, proposto da -OMISSIS- e -OMISSIS-., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall’avv. Luigi Maria D’Angiolella, con domicilio eletto presso l’avv. Sergio Como in Roma, via G. Antonelli, 49,

contro

– il MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, e l’U.T.G. – PREFETTURA DI ROMA, in persona del Prefettopro tempore, rappresentati e difesi ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;
– il COMUNE DI CASTEL VOLTURNO, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
– l’U.T.G. – PREFETTURA DI CASERTA, in persona del Prefetto pro tempore, non costituito;
– il MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE e il MINISTERO DELLA DIFESA, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, non costituiti in giudizio;

per la riforma e/o annullamento, in parte qua,

della sentenza del T.A.R. della Campania, Sezione Prima, nr. 843/2016, depositata in Segreteria in data 12 febbraio 2016, resa all’esito del giudizio nr. 4477/2015, nella parte in cui ha dichiarato inammissibili i motivi di impugnazione con i quali -OMISSIS- e -OMISSIS-. hanno censurato, per vizi propri, il provvedimento di interdittiva antimafia dell’U.T.G. – Prefettura di Caserta, prot. nr. -OMISSIS- del 24 luglio 2015, e per l’annullamento degli atti impugnati in primo grado.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’U.T.G. – Prefettura di Roma e del Ministero dell’Interno;

Vista la memoria prodotta dall’Amministrazione in data 29 dicembre 2016 a sostegno delle proprie difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, all’udienza pubblica del giorno 19 gennaio 2017, il Consigliere Raffaele Greco;

Uditi l’avv. D’Angiolella per le appellanti e l’avv. dello Stato Wally Ferrante per l’Amministrazione;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Le società -OMISSIS- e -OMISSIS-., rispettivamente affittuaria e proprietaria della struttura turistico alberghiera “-OMISSIS-” sita in Castel Volturno, hanno appellato la sentenza con la quale il T.A.R. della Campania, decidendo sul ricorso dalle stesse proposto, pur accogliendolo per la parte relativa al provvedimento del Comune di Castel Volturno prot. nr. -OMISSIS- del 10 dicembre 2015 (di revoca delle autorizzazioni di licenza di albergo, ristorante e bar), ha dichiarato inammissibili i motivi di impugnazione con i quali le dette società avevano censurato, per vizi propri, il retrostante provvedimento dell’U.T.G. – Prefettura di Caserta, prot. nr. -OMISSIS- del 24 luglio 2015 (informativa antimafia interdittiva), ritenendo che in relazione a tali censure non sussistesse il presupposto processuale dell’identità delle domande e dei rispettivi motivi, necessario per la proposizione del ricorso collettivo.

L’impugnazione delle appellanti risulta affidata al seguente motivo: error in iudicando et in procedendo; errata valutazione e falsa applicazione degli artt. 32, 40 e ss. cod. proc. amm.; errore sui presupposti; difetto assoluto di motivazione: poiché, a dispetto di quanto ritenuto dal T.A.R., nel caso di specie sussistevano entrambi i presupposti per la proposizione del ricorso collettivo (assenza di conflitto di interessi e identità delle situazioni sostanziali e processuali), considerato che le due società erano state lese entrambe sia dall’informazione interdittiva che dall’ordinanza comunale ed avevano dunque entrambe interesse a censurare, nella stessa maniera, i due provvedimenti.

Le appellanti hanno quindi così riproposto le censure avverso il provvedimento d’interdittiva antimafia, non esaminate dal giudice di primo grado:

1) error in iudicando et in procedendo; violazione e falsa applicazione degli artt. 84 e 91 del decreto legislativo 6 settembre 2011, nr. 159; eccesso di potere per errore sui presupposti, assoluto difetto di istruttoria e di motivazione (per avere il Prefetto di Caserta emesso il provvedimento interditttivo facendo esclusivo riferimento ai rapporti informativi delle Forze di Polizia e al verbale conclusivo del G.I.A. del 16 luglio 2015, senza alcuna valutazione circa l’attendibilità e la gravità dei fatti e per aver erroneamente rilevato, quale elemento di sospetta contiguità mafiosa, l’esistenza tout court di un rapporto tra un ex socio della -OMISSIS-. e un’impresa interdetta e tra l’attuale amministratore della -OMISSIS- e una società “in odor di mafia”);

2) error in iudicando et in procedendo; eccesso di potere per errore sui presupposti, travisamento dei fatti, difetto di istruttoria (per avere il T.A.R. omesso di considerare circostanze rilevanti e decisive, e in particolare che l’-OMISSIS- ospita stabilmente forze dell’ordine, che è stato individuato come centro per facilitare intercettazioni ambientali mediante l’installazione di apposita antenna, che l’amministratore della -OMISSIS-. e la stessa società hanno in passato ricevuto indennizzi e finanziamenti pubblici e che le persone coinvolte sono membri onorari di associazioni nazionali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza).

Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Interno e l’U.T.G. Prefettura di Napoli, opponendosi all’accoglimento del gravame avverso e depositando documentazione.

All’udienza del 19 gennaio 2017, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

  1. In data 24 luglio 2015 la Prefettura di Caserta ha adottato un provvedimento interdittivo antimafia nei confronti della società -OMISSIS-. – proprietaria dell’“-OMISSIS-” sito in Castel Volturno – e del suo amministratore unico, signor -OMISSIS-.

Le motivazioni della suddetta informazione antimafia erano le seguenti:

– il signor -OMISSIS-, socio della società in questione fino all’aprile 2013, è stato destinatario di un provvedimento interdittivo antimafia del Prefetto di Roma, con riferimento alla società -OMISSIS-;

– la società -OMISSIS-., in data 11 giugno 2015, ha ceduto in affitto l’azienda alberghiera “-OMISSIS-” di Castel Volturno alla società -OMISSIS-, quest’ultima costituita nel 2015 dai cugini, omonimi, signori -OMISSIS-(classe 1988) e -OMISSIS-(classe 1996), che di essa sono anche gli amministratori;

– il signor -OMISSIS-(classe 1988) è figlio convivente del signor -OMISSIS-, ossia del già nominato ex socio della -OMISSIS-., destinatario del richiamato provvedimento interdittivo antimafia, mentre il signor -OMISSIS-(classe 1996) è figlio convivente del signor -OMISSIS-, il quale è l’attuale amministratore, oltre che socio, della -OMISSIS-.;

– quest’ultimo è titolare del 45% del capitale sociale di altra società nella quale partecipa anche la signora -OMISSIS-, figlia dei signori -OMISSIS- e -OMISSIS-;

– la signora -OMISSIS-, a sua volta, è sorella dei signori -OMISSIS-e -OMISSIS-, destinatari di provvedimenti di custodia cautelare per reati di stampo mafioso emessi dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli;

– il signor -OMISSIS-, dal canto suo, è stato anch’egli tratto in arresto nel gennaio 2013 in esecuzione di ordinanza di custodia cautelare per reati analoghi.

  1. In conseguenza di tale informazione prefettizia, il Comune di Castel Volturno – Settore Commercio, con ordinanza nr. -OMISSIS- del 10 settembre 2015 rivolta a -OMISSIS-. e al suo cessato amministratore, signor -OMISSIS-, ha disposto la revoca delle autorizzazioni di licenza di albergo, di ristorante e di bar, nonché la chiusura ad horasdella struttura turistico alberghiera “-OMISSIS-”.
  2. Con ricorso collettivo e cumulativo, poi integrato da motivi aggiunti, -OMISSIS-. e -OMISSIS- hanno impugnato l’informazione interdittiva antimafia e l’ordinanza comunale, lamentando vizi di incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere.
  3. Il TAR della Campania, con la sentenza in epigrafe, ha in parte accolto e in parte dichiarato inammissibile il ricorso.

4.1. In primo luogo, il Tribunale di prime cure ha ritenuto assente il requisito dell’identità di situazioni sostanziali e processuali delle ricorrenti, necessario per l’ammissibilità del ricorso collettivo con riferimento all’interdittiva antimafia; difatti – ha rilevato il T.A.R. – mentre -OMISSIS-. avrebbe avuto interesse a contestare sia l’informazione prefettizia, di cui è diretta destinataria, che l’ordinanza comunale, in quanto proprietaria dell’azienda, -OMISSIS-, in qualità di affittuaria della struttura alberghiera, avrebbe avuto interesse a impugnare solamente il provvedimento di revoca delle licenze e di chiusura dell’esercizio.

Di conseguenza il primo giudice, al fine di evitare un’integrale declaratoria di inammissibilità, ha delimitato l’ambito del ricorso collettivo e cumulativo, qualificando l’azione di -OMISSIS-. come diretta all’impugnazione del solo atto comunale e, solo in quanto atto presupposto, come impugnazione dell’interdittiva antimafia; ha quindi dichiarato inammissibili i soli motivi con i quali le ricorrenti hanno censurato, per vizi propri, il provvedimento prefettizio, in quanto non riconducibili a posizioni soggettive identiche delle due società.

4.2. Di seguito, in relazione alle altre censure, il T.A.R. ha ritenuto fondato, con riferimento al provvedimento comunale, il quinto motivo del ricorso introduttivo, reiterato con il primo motivo aggiunto, con il quale le ricorrenti hanno lamentato il vizio di eccesso di potere, per difetto di istruttoria e di contraddittorio, dei provvedimenti impugnati.

Ha infatti rilevato il giudice di primo grado che il Comune, con l’ordinanza di revoca e chiusura, avrebbe illegittimamente esteso l’ambito di applicazione della nota prefettizia ad un’impresa, -OMISSIS-, che, pur presa in considerazione dell’interdittiva, non risultava destinataria della stessa.

Il T.A.R. ha quindi annullato, per tale motivo, l’ordinanza comunale.

  1. Avverso detta pronuncia insorgono le odierne appellanti, le quali censurano la sentenza nella parte in cui ha dichiarato inammissibili i motivi di impugnazione articolati avverso il provvedimento di interdittiva antimafia e ripropongono altresì tali motivi.

5.1. Innanzi tutto, le istanti rilevano la sussistenza, nel caso di specie, dei presupposti per la proposizione del ricorso collettivo (assenza di conflitto di interessi e identità delle situazioni sostanziali e processuali), evidenziando che le due società erano state lese entrambe sia dall’informazione interdittiva che dall’ordinanza comunale, ed avevano dunque entrambe interesse a censurare, nella stessa maniera, i due provvedimenti.

Il T.A.R. avrebbe dunque erroneamente ritenuto inammissibile in parte qua il ricorso.

5.2. In secondo luogo, le società appellanti ripropongono i motivi di impugnazione avverso l’informazione interdittiva antimafia.

In particolare rilevano che il Prefetto di Caserta avrebbe emesso il provvedimento interdittivo facendo esclusivo riferimento ai rapporti informativi delle Forze di Polizia e al verbale conclusivo del G.I.A. del 16 luglio 2015, senza alcuna valutazione circa l’attendibilità e la gravità dei fatti e avrebbe inoltre erroneamente rilevato, quale elemento di sospetta contiguità mafiosa, la circostanza che il signor -OMISSIS-, ex socio di -OMISSIS-., sarebbe stato socio di un’impresa interdetta (-OMISSIS-), nonché il fatto che il signor -OMISSIS-, attuale amministratore di -OMISSIS-., sarebbe stato socio di una società “in odor di mafia” (-OMISSIS-).

Le appellanti lamentano poi la mancata considerazione di elementi decisivi, quali la circostanza che l’-OMISSIS- ospiti stabilmente forze dell’ordine, che sia stato individuato come centro per facilitare intercettazioni ambientali mediante l’installazione di apposita antenna, che l’amministratore e la stessa società abbiano ricevuto indennizzi e finanziamenti pubblici, che le persone coinvolte siano membri onorari di associazioni nazionali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza.

  1. Tutto ciò premesso, ancorché siano da condividere le censure formulate avverso la declaratoria di inammissibilità, l’appello è comunque meritevole di reiezione nel merito.
  2. In particolare, appaiono degni di favorevole delibazione gli argomenti sulla base dei quali si censura la statuizione di parziale inammissibilità del ricorso di primo grado per ritenuta carenza dei requisiti per la proponibilità del ricorso collettivo e cumulativo con riguardo all’informazione interdittiva antimafia.

7.1. Sul punto va richiamato il pacifico indirizzo in base al quale il ricorso collettivo, presentato da una pluralità di soggetti con un unico atto, è ammissibile nel solo caso in cui sussistano, congiuntamente, il requisito dell’identità di situazioni sostanziali e processuali — ossia che le domande giudiziali siano identiche nell’oggetto, che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e vengano censurati per gli stessi motivi — e il requisito dell’assenza di un conflitto di interessi tra le parti (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. VI, 18 febbraio 2015, nr. 831; id., sez. III, 20 maggio 2014, nr. 2581; id., sez. IV, 29 dicembre 2011, nr. 6990).

7.2. Per quel che concerne invece il ricorso cumulativo, la giurisprudenza afferma che la regola generale dell’impugnabilità con un ricorso di un solo provvedimento può essere derogata nelle sole ipotesi in cui la cognizione, nel medesimo giudizio, della legittimità di più provvedimenti sia imposta dall’esigenza di concentrare in un’unica delibazione l’apprezzamento della correttezza dell’azione amministrativa oggetto del gravame, quando questa venga censurata nella sua complessità funzionale e, soprattutto, per profili che ne inficiano in radice la regolarità e che interessano trasversalmente le diverse, ma connesse, sequenze di atti.

È quindi necessario, ai fini dell’ammissibilità del ricorso cumulativo avverso distinti provvedimenti, che gli stessi siano riferibili al medesimo procedimento amministrativo, seppur inteso nella sua più ampia latitudine semantica, e che con il gravame vengano dedotti vizi che colpiscano, nella medesima misura, i diversi atti impugnati, di guisa che la cognizione delle censure dedotte a fondamento del ricorso interessi allo stesso modo il complesso dell’attività provvedimentale contestata dal ricorrente, e che non residui, quindi, alcun margine di differenza nell’apprezzamento della legittimità dei singoli provvedimenti congiuntamente gravati (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 25 febbraio 2015, nr. 5; id., sez. V, 13 giugno 2016, nr. 2543; id., sez. IV, 26 agosto 2014, nr. 4277; id., sez. V, 27 gennaio 2014, nr. 398; id., 14 dicembre 2011, nr. 6537).

7.3. Ciò premesso, nel caso di specie ad avviso della Sezione risultano sussistenti i presupposti per la proposizione tanto del ricorso cumulativo quanto di quello collettivo.

7.3.1. In primo luogo, è evidente che fra i due atti impugnati (informativa prefettizia e provvedimento comunale) sussiste – come del resto rilevato dallo stesso T.A.R. – quel rapporto di presupposizione/consequenzialità necessaria, tale da giustificare la proposizione di un ricorso cumulativo.

7.3.2. Del pari, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di prime cure, sussistono altresì i requisiti per la proposizione del ricorso collettivo, considerato che:

a) fra le due società ricorrenti non vi è nella specie alcun conflitto di interessi, tendendo entrambe a ottenere il “bene della vita” costituito dalla possibilità di riapertura dell’“-OMISSIS-” per effetto dell’annullamento degli atti impugnati (ancorché in qualità l’una di proprietaria e l’altra di affittuaria della struttura alberghiera);

b) conseguentemente, non può disconoscersi l’interesse della società -OMISSIS- a censurare anche l’interdittiva antimafia, ancorché emessa a carico di soggetto diverso, trattandosi del provvedimento costituente l’antecedente decisivo nella produzione della lesione consistita nella revoca delle autorizzazioni e nella chiusura dell’esercizio;

c)la domanda giudiziale formulata è la stessa, avendo chiesto entrambe le istanti l’annullamento di entrambi gli atti suindicati (nella misura in cui questo era funzionale al risultato perseguito da entrambe);

d) le censure formulate avverso gli atti impugnati sono le stesse, salvo il fatto che quelle relative ai vizi dell’informativa antimafia sono destinate a travolgere in via derivata anche il provvedimento comunale consequenziale e che avverso quest’ultimo sono stati dedotti ulteriori e autonomi vizi.

7.4. Alla luce di tali piane emergenze, è evidente che il giudice di prime cure avrebbe dovuto ritenere ammissibili, e quindi esaminare, anche i motivi di impugnazione articolati avverso la nota prefettizia.

  1. Passando dunque all’esame delle riproposte censure nei confronti dell’informazione interdittiva antimafia, deve rilevarsi l’infondatezza delle stesse.

Con tali motivi le società appellanti contestano il giudizio di inquinamento mafioso operato dal Prefetto, lamentando l’insufficienza e inidoneità degli elementi posti a fondamento dell’interdittiva, nonché la mancata considerazione di circostanze “virtuose” che avevano interessato -OMISSIS-.

8.1. Sul punto, occorre preliminarmente ricordare che, secondo la costante giurisprudenza, l’informazione interdittiva, in quanto misura cautelare di polizia, a carattere preventivo, non deve fondarsi su prove o collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certo “ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi del pericolo che possa verificarsi il tentativo di ingerenza nell’attività imprenditoriale della criminalità organizzata” (Cons. Stato, sez. III, 19 gennaio 2012, nr. 254; in termini, Cons. Stato, sez. III, 30 gennaio 2012 nr. 444; id., 23 luglio 2012, nr. 4208; id., 5 settembre 2012 nr. 4708; id., sez. VI, 15 giugno 2011, nr. 3647).

In particolare, gli elementi sintomatici dai quali è possibile evincere il tentativo di infiltrazione non vanno considerati separatamente, “dovendosi piuttosto stabilire se sia configurabile un quadro indiziario complessivo, dal quale possa ritenersi attendibile l’esistenza di un condizionamento da parte della criminalità” (Cons. Stato, sez. III, 19 gennaio 2012, nr. 254; id., 23 luglio 2012, nr. 4208).

8.2. Ed invero, nel caso di specie, il Prefetto ha posto a fondamento della propria valutazione una serie di elementi dai quali può dirsi ragionevolmente sussistente, alla stregua del consolidato criterio “del più probabile che non”, il tentativo di infiltrazione mafiosa.

Difatti, a dispetto di quanto rilevato dalle appellanti, le circostanze a sostegno della nota prefettizia, risultano sufficienti, rilevanti e idonee a formare un complessivo quadro indiziario, sostanziandosi nei seguenti elementi:

a) le frequentazioni con soggetti pregiudicati dei fratelli/cugini -OMISSIS-, soci e amministratori della società odierna appellante;

b) le connessioni indirette di -OMISSIS-., tramite il suo amministratore unico signor -OMISSIS-, con il noto ex Vice Ministro on. -OMISSIS-(oggi condannato per reati di mafia), essendo il detto signor -OMISSIS- socio nella misura del 45% di altra società (-OMISSIS-) alla quale partecipa la signora -OMISSIS-, nipote dello stesso on. -OMISSIS-;

c) le cointeressenze economiche con la società -OMISSIS-, a sua volta destinataria di un’interdittiva antimafia, della quale è socio e amministratore unico lo stesso signor -OMISSIS-, socio di -OMISSIS-. sino al 2013.

Risulta dunque immune da evidenti vizi il giudizio di probabilità di ingerenza e condizionamento mafioso operato dal Prefetto nel caso di specie.

Né valgono a scalfire la logicità e congruità di tale valutazione le “virtuose” circostanze che hanno interessato -OMISSIS-., le quali non fanno venire meno la rilevanza degli anzidetti sintomatici elementi.

  1. Alla stregua di quanto fin qui esposto, s’impone una pronuncia di reiezione dell’appello e di conferma della sentenza impugnata, sia pure con diversa motivazione.
  2. In considerazione della parziale condivisione, quanto al profilo di rito, delle doglianze di parte appellante, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata ancorché con diversa motivazione.

Compensa tra le parti le spese del presente grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 gennaio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Lanfranco Balucani, Presidente

Raffaele Greco, Consigliere, Estensore

Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere

Luca Lamberti, Consigliere

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Raffaele Greco Lanfranco Balucani
 

IL SEGRETARIO

 

 

irene picardi