Non costituisce causa di esclusione la mancata produzione dell’autorizzazione del giudice delegato se il piano concordatario è già stato omologato

La stazione appaltante non può richiedere all’impresa assoggettata alla procedura di concordato con continuità aziendale la produzione, a pena di esclusione, dell’autorizzazione del giudice delegato qualora il concordato sia già stato omologato con decreto

29 Maggio 2017
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La stazione appaltante non può richiedere all’impresa assoggettata alla procedura di concordato con continuità aziendale la produzione, a pena di esclusione, dell’autorizzazione del giudice delegato qualora il concordato sia già stato omologato con decreto

Il TRGA Trento, aderendo a precedenti orientamenti giurisprudenziali formatisi in materia, ha dichiarato l’illegittimità dell’operato dell’amministrazione provinciale che aveva richiesto all’impresa concorrente in concordato con continuità aziendale le relazioni del professionista attestanti la conformità al piano di concordato e la ragionevole capacità di adempimento dei contratti ex art. 186 bis L.F., nonché le autorizzazioni del giudice delegato, invocando quanto disposto dall’art. 110 D.Lgs. 50/2016.

Al riguardo, si è, anzitutto, precisato che la procedura di concordato, per le finalità proprie della partecipazione alle gare pubbliche e degli adempimenti necessari, si esaurisce con il decreto di omologa ex art. 181 L.F., e che a seguito della pronuncia di questo si verifica per l’imprenditore il passaggio dal regime di spossessamento attenuato, proprio della procedura, al riacquisto della piena capacità di agire, e per gli organi tutori dal potere di consentire o meno il compimento di atti di straordinaria amministrazione ad una funzione di mera vigilanza sulla corretta esecuzione del concordato (cfr. Cass. civ., sez. VI n. 2695/2016 e sez. I n. 12265/2016; Cons. di Stato, sez. III n. 2305/2012 e sez. V, ordinanza n. 158/2017).

Nella stessa linea interpretativa si colloca anche la determinazione ANAC n. 3 di data 23.4.2014, in cui si chiarisce che in ambito concordatario “la cessazione della causa ostativa coincide …con la chiusura della procedura, che viene formalizzata con il decreto di omologazione del concordato preventivo ai sensi dell’art. 180 L.F.”.

Ebbene, il delineato quadro normativo e la relativa interpretazione, non sarebbero mutati a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016 (nuovo codice dei contratti pubblici) ed in particolare dell’art. 110, comma 3 e 4. Infatti, se è vero che la norma prevede che l’impresa ammessa al concordato con continuità aziendale possa partecipare alle procedure di affidamento di concessioni e appalti di lavori, forniture e servizi o di eseguire i contratti già stipulatisu autorizzazione del giudice delegato, sentito l’ANAC”, essa non è tale da determinare un’incisione sulle diverse e separate fasi che scandiscono la procedura concordataria disciplinata dalla L.F., ed in particolare sulla definizione di questa a seguito del “giudizio di omologazione” (art. 180) e della “chiusura della procedura” (art. 181).
In assenza di ulteriori specificazioni, invero non rinvenibili nella norma, deve pertanto ritenersi che la citata disposizione del nuovo codice si riferisca pur sempre alla fase antecedente l’omologazione, ed in particolare a quella precedente dell’ammissione, come del resto pure letteralmente si esprime, laddove la previsione sia dell’autorizzazione del giudice delegato sia del parere ANAC è riferita ad un’impresa “ammessa” al concordato, e dunque non ancora omologato.

Massima a cura dell’Avv. Irene Picardi (irene.picardi@hotmail.it)

 

Pubblicato il 24/05/2017
00179/2017 REG.PROV.COLL.
00056/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento

(Sezione Unica)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 56 del 2017, proposto da:
G.A.B. s.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv.ti M. N., F. B. B. e L. P., con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. F. L., in Trento via OMISSI;

contro

Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente in carica, rappresentato e difeso dagli avv.ti N. P., V. B. e G. Fozzer, con domicilio eletto presso quest’ultima nella sede dell’Avvocatura della Provincia, in Trento OMISSIS;

per l’annullamento

– delle note dell’Agenzia provinciale per gli appalti e i contratti della Provincia autonoma di Trento di data 23 e 25 gennaio 2017 nn. prot. S1717/17/36200/3.5/343/719 e S106/16/43711/3.5/19, con le quali il dirigente ha preteso far dipendere l’aggiudicazione di tre diversi appalti in favore di G.A.B. s.p.a. dalla presentazione, entro dieci giorni, della “relazione del professionista …di cui all’articolo 186-bis del regio decreto n. 267 del 1942” e “dell’autorizzazione di cui all’articolo 110 del decreto legislativo n. 50/2016”, pena l’esclusione dalle relative procedure di gara;

– di ogni altro atto ad esso preordinato, presupposto, consequenziale e/o comunque connesso, ivi incluse, ove occorrer possa, le “indicazioni operative” dell’Avvocatura della Provincia del 23 dicembre 2016;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia autonoma di Trento;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 maggio 2017 il cons. Paolo Devigili e uditi per la ricorrente l’avv. M. N. e per la Provincia l’avv. G. Fozzer;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La società G.A.B. (nel prosieguo anche GAB o ricorrente) ha partecipato alle procedure di gara, indette dalla Provincia autonoma di Trento in data 12 maggio 2016, 20 luglio 2016 e 17 agosto 2016, concernenti la prima il rifacimento della pavimentazione lungo la S.S 42 Tonale-Mendola e SSPP di Peio e 206 di Marilleva, la seconda la fornitura di conglomerato bituminoso nonché nolo a caldo per la fresatura e il trasporto di materiali per la sistemazione della pavimentazione delle strade provinciali e statali del settore 7 nelle Comunità della Valle dei Laghi e Alto Garda e Ledro, e la terza il rifacimento della pavimentazione della pista dell’aeroporto G. Caproni.

All’esito delle operazioni dei seggi di gara i lavori e la fornitura sopra individuati sono stati affidati ad A.B.. Tuttavia l’amministrazione provinciale, a fronte dell’assoggettamento alla procedura di concordato con continuità aziendale, ha richiesto a GAB – per ciascuna delle tre gare – le relazioni del professionista attestanti la conformità al piano di concordato e la ragionevole capacità di adempimento dei contratti ex art. 186 bis L.F., nonché le autorizzazioni del giudice delegato previste dall’art. 110 del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 (nuovo codice appalti), intimandone – in data 23 e 25 gennaio 2017 – la presentazione entro il termine di dieci giorni a scanso di esclusione dalle gare.

In punto di fatto deve rilevarsi che la ricorrente, pur contestando ogni fondatezza in ordine alla legittimità di tali richieste, ha inoltrato all’amministrazione – senza ulteriori rilievi – le relazioni previste dall’art. 186 bis L.F., nelle quali i professionisti incaricati hanno dichiarato la conformità al piano concordatario e la ragionevole capacità di adempimento contrattuale, ed ha altresì richiesto il rilascio delle autorizzazioni al giudice delegato.

Quest’ultimo peraltro, confermando il proprio orientamento già sul punto assunto in precedenza, con provvedimento di data 30 gennaio 2017 ha dichiarato il “non luogo a provvedere sull’istanza”, rilevando che nella fattispecie il concordato di GAB era già stato omologato e che – a fronte di ciò – nessuna autorizzazione poteva essere debitamente richiesta e rilasciata, neppure alla luce del recente regime introdotto con il nuovo codice degli appalti.

GAB, nell’impugnare gli atti in epigrafe, affida il ricorso al seguente articolato motivo:

Violazione di legge (art. 181 L. F.; artt. 80 e 110 d.lgs. n. 50/2016; art. 38 d.lgs. n. n. 163/2006; art. 22 L.p. n. 2/2016).

Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, assenza di motivazione, illogicità e ingiustizia manifesta.

Il decreto di omologazione, in adesione all’orientamento seguito dal giudice delegato e al prevalente insegnamento giurisprudenziale formatosi in materia, determina la chiusura del procedimento di concordato preventivo e la riacquisizione della disponibilità nella gestione del patrimonio da parte della società ammessa, da considerarsi in tal momento ritornata in bonis, viepiù considerata l’ammessa continuità aziendale e la conseguente prosecuzione dell’attività d’impresa, mentre la fase successiva della procedura investe solo l’esecuzione del piano concordatario – già omologato – rispetto al complesso delle obbligazioni assunte dal debitore, da condursi sotto la sorveglianza degli organi fallimentari: in tale situazione gli adempimenti pretesi dall’amministrazione provinciale con gli atti impugnati sono illegittime.

Peraltro una diversa interpretazione della normativa vigente, tendente a considerare non esaurita la procedura concordataria fino alla completa esecuzione del piano, in guisa da necessitare – anche medio tempore – delle relazioni dei professionisti e delle autorizzazione del giudice delegato per addivenire alla stipula di contratti pubblici, contrasterebbe con le disposizioni e l’intero impianto normativo della legge fallimentare, e si rivelerebbe del tutto irragionevole, considerati i tempi, normalmente non ristretti e neppure esattamente prevedibili, necessari per la chiusura della liquidazione, assoggettando la parte interessata ad un prolungato ed ingiustificato obbligo dimostrativo ed allegativo.

Sotto altro profilo, l’alea di una astrattamente possibile risoluzione e/o annullamento del concordato, a seguito dell’eventuale mancata esecuzione del piano, non potrebbe sovvertire i principi enucleabili nella materia de qua, e peraltro, qualora effettivamente F.o accertati i necessari presupposti per le relative pronunce, ciò non comporterebbe, considerato il tenore delle disposizioni regolanti tali fattispecie, l’automatica declaratoria di fallimento, alla cui eventualità sarebbero comunque assoggettate tutte le imprese che intrattengono rapporti con la pubblica amministrazione.

Infine, del tutto irragionevole si rivela la pretesa dell’amministrazione di ottenere da parte di GAB le autorizzazioni reputate necessarie, a fronte del “non liquet” frapposto dal giudice delegato, unico organo deputato semmai al rilascio delle stesse.

Nel derivato giudizio si è costituita la Provincia di Trento.

L’intimata amministrazione ha anzitutto eccepito l’inammissibilità del ricorso, sia in considerazione del carattere cumulativo che lo caratterizzerebbe, risultando impugnati più atti inerenti a distinti procedimenti di gara, sia per la carenza di interesse in capo alla ricorrente, attesa la natura non provvedimentale degli atti gravati, asseritamente privi dei tratti di definitività ed autonoma lesività. Di poi ha contestato nel merito la fondatezza delle dedotte censure, sostenendo che la procedura concordataria verrebbe definitivamente chiusa non con l’omologazione, ma con la completa definizione della fase esecutiva del concordato, di talché legittima è la pretesa di ottenere da GAB le relazioni e le autorizzazioni richieste, ed infine adombrando, vista la situazione di stallo conseguente al provvedimento del giudice delegato, la possibilità per l’amministrazione di attivare in proprio la verifica del possesso dei requisiti di A.B., “acquisendo presso gli stessi organi concordatari muniti dei poteri di controllo e sorveglianza (Giudice delegato e Commissario giudiziale), in ordine al corretto adempimento degli obblighi del piano concordatario, ogni utile elemento documentale già elaborato dagli stessi, per la diretta valutazione del caso”, soggiungendo che “in caso di esito positivo la Stazione appaltante potrà dunque emettere il finale provvedimento, sorretto da adeguata motivazione, ai fini dell’eventuale affidamento dei lavori all’impresa concordataria”.

Nel prosieguo parte ricorrente ha depositato memoria di replica insistendo per l’accoglimento del gravame e, all’esito della odierna pubblica udienza, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

  1. Le eccezioni preliminari mosse dalla difesa dell’amministrazione provinciale sono infondate.

1.1 Invero, quanto alla prima di esse, deve rilevarsi anzitutto sotto un profilo soggettivo che la controversia intercorre esclusivamente fra identiche parti (GAB e Provincia), e che – quanto al profilo oggettivo – non solo sussiste un’evidente connessione fra le tre procedure di gara, giunte alla medesima fase conclusiva ed affidate ad A.B., ma pure l’identità delle ragioni in fatto ed in diritto poste alla base delle determinazioni provinciali impugnate (peraltro racchiuse in due sole comunicazioni per le tre gare), espressamente per tutte individuate nella permanenza della procedura di concordato e nella conseguente necessità, al fine di addivenire alla stipula dei tre contratti, di ottenere le relazioni dei professionisti designati ed il rilascio delle autorizzazioni previste dall’art. 110 del d.lgs. n. 50/2016.

Nella siffatta situazione, tenuto conto dell’unicità della censura articolata dalla ricorrente nei confronti delle predette determinazioni, sussistono le condizioni per consentire la proposizione del ricorso cumulativo, ancorché investente atti formalmente diversi (cfr. Cons. di Stato, sez. V, 12.1.2017 n. 52 e 13.6.2016 n. 2543).

1.2. Quanto alla seconda eccezione, investente la pretesa carenza di un effettivo ed attuale interesse in capo alla ricorrente, deve riscontrarsi, contrariamente a quanto ritenuto dalla difesa dell’amministrazione, che gli obblighi richiesti dalla Provincia a carico di A.B. segnano anzitutto un arresto procedimentale, già di per sé lesivo dell’interesse sostanziale e processuale della ricorrente proteso a conseguire celermente la stipulazione dei contratti, e che peraltro le determinazioni impugnate anticipano, in modo compiuto ed espresso, le conseguenze derivanti dall’omessa ottemperanza a quanto imposto (“la mancata produzione di quanto richiesto nel termine sopraindicato è causa di esclusione dalla gara”), di talché nella fattispecie non può negarsi la sussistenza di un effettivo interesse di GAB ad impugnare tempestivamente le determinazioni in epigrafe.

  1. Peraltro, sempre in via preliminare, il Collegio reputa irrilevante l’intendimento, genericamente espresso solo nelle difese dell’amministrazione, di rimediare all’impasse conseguente al sopra visto decreto del giudice delegato con l’attivazione di un successivo, invero incerto, procedimento di valutazione delle emergenze degli atti del concordato per supplire al mancato rilascio delle richieste autorizzazioni: da un lato deve osservarsi che ciò avrebbe dovuto semmai comportare l’adozione di un espresso provvedimento di revoca o autoannullamento dei provvedimenti qui impugnati, di cui tuttavia non v’è alcuna traccia (e dunque persiste l’interesse della ricorrente a coltivare il gravame intrapreso), e dall’altro non può sottacersi che in subiecta materia (artt. 119 e 120 c.p.a.) prevale l’evidente esigenza, nel pubblico interesse, di addivenire ad una sollecita decisione della res litigiosa, senza dunque poter o dover attendere l’eventuale attuazione degli incerti propositi manifestati dalla difesa dell’intimata amministrazione ed il definitivo esito delle accennate future valutazioni.
  2. Ciò posto, va dunque esaminato nel merito l’articolato unico motivo di ricorso, che risulta fondato per le considerazioni che seguono.
  3. Premesso che GAB è stata ammessa al concordato preventivo, con continuità aziendale ex art. 186 bis L.F. per la parte inerente la produzione di conglomerati bituminosi e l’esecuzione di lavori di pavimentazione stradale, con decreto del Tribunale di Trento di data 6 febbraio 2014 e che l’omologazione è stata pronunciata con il successivo decreto di data 6 novembre 2014 (all.to 5 fasc. ricorrente), va anzitutto rammentato, in via generale, che la procedura di concordato ha inizio con la presentazione della domanda prevista dall’art. 161 della L.F., accompagnata dal corredo della documentazione e delle previsioni estimative e programmatiche ivi individuate, e che – all’esito della verifica di quanto richiesto ex art. 160 – il Tribunale può alternativamente dichiarare l’inammissibilità della proposta di concordato (art. 162), oppure, verificata la sussistenza dei presupposti, dichiararne l’ammissione (art. 163): in tal caso, la fase successiva consiste nella mancata approvazione del concordato (art. 177) oppure, diversamente, nella definitiva omologazione dello stesso (art. 180) conseguente ad un, come espressamente recita la disposizione, “giudizio di omologazione” condotto dal Tribunale e definito con decreto.
  4. Il successivo articolo 181 L.F. recita che “la procedura di concordato preventivo si chiude con il decreto di omologazione ai sensi dell’art. 180”, mentre successivamente a questo (art. 185 e 136) residua l’esecuzione del piano concordatario e la sorveglianza degli organi tutori sull’adempimento dello stesso.
  5. Quanto al concordato con continuità aziendale, disciplinato dall’art. 186 bis della L.F., questo non si sottrae alla sequenza procedimentale sopra evidenziata: le peculiarità che lo contraddistinguono rilevano semmai sotto altri profili, in particolare per i presupposti, individuati dalla predetta disposizione per consentirne e modularne l’ammissione (co. 2, lett. a, b e c), e per gli effetti derivanti, atteso che con esso i contratti in corso di esecuzione alla data di deposito del ricorso, anche stipulati con pubbliche amministrazioni, non si risolvono per effetto dell’apertura della procedura, e che l’ammissione non impedisce la continuazione di contratti pubblici in presenza della qualificata attestazione di conformità al piano e di ragionevole capacità di adempimento (co. 3).

7 . Peraltro occorre ricordare che con il d.l. n. 83/2012, convertito dalla L. n. 134/2012, l’art. 38 (“requisiti di ordine generale”) del d.lgs. n. 12 aprile 2006 n. 163 è stato modificato, e che a seguito di tale modificazione il concordato con continuità aziendale non costituisce motivo di esclusione dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, e dalla stipula dei relativi contratti.

A seguito di ciò anche l’art. 186 bis L.F. è stato modificato con l’inserimento del comma 4, il quale stabilisce che “successivamente al deposito del ricorso, la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici deve essere autorizzata dal Tribunale, acquisito il parere del commissario giudiziale”.

  1. Il complesso quadro normativo è stato interpretato dal prevalente insegnamento giurisprudenziale, cui questo Tribunale aderisce, nel senso che la procedura di concordato, per le finalità proprie della partecipazione alle gare pubbliche e degli adempimenti necessari, si esaurisce con il decreto di omologa ex art. 181 L.F., e che a seguito della pronuncia di questo si verifica per l’imprenditore il passaggio dal regime di spossessamento attenuato, proprio della procedura, al riacquisto della piena capacità di agire, e per gli organi tutori dal potere di consentire o meno il compimento di atti di straordinaria amministrazione ad una funzione di mera vigilanza sulla corretta esecuzione del concordato (cfr. Cass. civ., sez. VI n. 2695/2016 e sez. I n. 12265/2016; Cons. di Stato, sez. III n. 2305/2012 e sez. V, ordinanza n. 158/2017; Trib. Padova 16.7.2015; Trib. Monza 13.2.2015).

Inoltre, nella stessa linea interpretativa va collocata la determinazione ANAC n. 3 di data 23.4.2014, in cui è precisato che in ambito concordatario “la cessazione della causa ostativa coincide …con la chiusura della procedura, che viene formalizzata con il decreto di omologazione del concordato preventivo ai sensi dell’art. 180 L.F.”

  1. Ciò posto, il Collegio ritiene che il delineato quadro normativo, in uno alla surriferita interpretazione, non debba ritenersi mutato a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016 (nuovo codice dei contratti pubblici) ed in particolare dell’art. 110, comma 3 e 4, invocato dalla intimata amministrazione: la norma prevede sì che l’impresa ammessa al concordato con continuità aziendale possa partecipare alle procedure di affidamento di concessioni e appalti di lavori, forniture e servizi o di eseguire i contratti già stipulati “su autorizzazione del giudice delegato, sentito l’ANAC”, ma non è tale da determinare un’incisione sulle diverse e separate fasi che scandiscono la procedura concordataria disciplinata dalla L.F., ed in particolare sulla definizione di questa a seguito del “giudizio di omologazione” (art. 180) e della “chiusura della procedura” (art. 181). In assenza di ulteriori specificazioni, invero non rinvenibili nella norma, deve ragionevolmente ritenersi che la citata disposizione del nuovo codice si riferisca pur sempre alla fase antecedente l’omologazione, ed in particolare a quella precedente dell’ammissione, come del resto pure letteralmente si esprime, laddove la previsione sia dell’autorizzazione del giudice delegato sia del parere ANAC è riferita ad un’impresa “ammessa” al concordato, e dunque non ancora omologato.
  2. Non giova, peraltro, all’amministrazione resistente richiamare a contrariis i principi enunciati con la recente sentenza n. 127 di data 10 aprile 2017 con cui questo Tribunale ha respinto un precedente ricorso promosso da G.A.B. contro la Provincia di Trento.

10.1. Nella fattispecie precedentemente esaminata, infatti, come espressamente individuato nella motivazione, il thema decidendum consisteva non nel delibare i presupposti necessari per la partecipazione dell’impresa concordataria alle gare pubbliche e gli adempimenti necessari previsti a tal fine dalla normativa statale vigente in materia in relazione alle fasi della procedura, ma, diversamente, nella possibilità dell’impresa in concordato di beneficiare dei particolari interventi di sostegno dell’economia e della nuova imprenditorialità previsti dalla Legge provinciale n. 6/1999. Per l’accesso ai contributi pubblici ivi previsti, fra i criteri fissati assume rilievo ostativo, che la predetta sentenza n. 127 ha ritenuto del tutto ragionevole, la circostanza che l’impresa richiedente non abbia “in corso procedure concorsuali”, queste dunque da intendersi in generale e cioè a prescindere dalle diverse fasi (cognitive od esecutive) in cui esse possono articolarsi, e che non si trovino “in difficoltà”, secondo le definizioni approntate dalla normativa comunitaria in materia di aiuti allo Stato, altrimenti determinandosi un indebito aiuto, a carico della comunità, laddove per effetto del concordato l’impresa ha l’onere di tornare in bonis con le proprie forze.

  1. Proprio sulla base di quest’ultima considerazione, è evidente che per ottenere il risultato sperato, all’impresa deve essere consentito di operare sul mercato come qualsiasi altro operatore economico: pertanto, la censura dedotta da GAB, il cui concordato è stato già omologato in data 6 novembre 2014, si rivela fondata nella sua parte centrale, e per il resto l’accoglimento del gravame si impone anche per quanto concerne la parte finale dello stesso motivo, con cui – come sopra visto – la ricorrente lamenta fondatamente l’irragionevolezza delle pretese attestative richieste dall’amministrazione a fronte del “non liquet” pronunciato dal giudice delegato.
  2. Ne consegue l’annullamento degli atti impugnati, ferme le ulteriori determinazioni dell’amministrazione nel rispetto della presente decisione.
  3. Le spese seguono la soccombenza e vengono poste a carico dell’amministrazione resistente nella misura di cui in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa per la Regione autonoma del Trentino – Alto Adige/Südtirol, sede di Trento, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 56 del 2017 lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati in epigrafe.

Condanna la Provincia autonoma di Trento a rifondere alla ricorrente le spese di giudizio nella misura di Euro 2.000,00 (duemila/00), oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge, nonché a rimborsare il contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Trento nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Roberta Vigotti, Presidente

Carlo Polidori, Consigliere

Paolo Devigili, Consigliere, Estensore

 
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Paolo Devigili Roberta Vigotti
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO

irene picardi