L’accertamento di illeciti antitrust determina l’estromissione dalla procedura di gara

L’art. 38, co. 1, lett. f) D.Lgs. 163/2006 costituisce una clausola generale di chiusura, intesa ad attribuire rilevanza ad ogni ipotesi di scorrettezza, inadempienza o macchia professionale, che emerga dai pregressi rapporti con la stessa o diversa amministrazione, compresa l’infrazione della normativa antitrust

31 Maggio 2017
Scarica PDF Stampa
Modifica zoom
100%

L’art. 38, co. 1, lett. f) D.Lgs. 163/2006 costituisce una clausola generale di chiusura, intesa ad attribuire rilevanza ad ogni ipotesi di scorrettezza, inadempienza o macchia professionale, che emerga dai pregressi rapporti con la stessa o diversa amministrazione, compresa l’infrazione della normativa antitrust

Il Tar Piemonte, aderendo agli insegnamenti giurisprudenziali della CGUE formatisi in materia, ha osservato che l’infrazione delle regole della concorrenza costituisce condotta integrante “errore professionale” ai sensi dell’art. 38, co. 1, lett. f) D.Lgs. 163/2006, ancorché l’illecito non sia stato accertato in modo definitivo e si sia verificato in una diversa procedura di gara in quanto la citata disposizione è idonea a ricomprendere qualsiasi comportamento scorretto, non necessitante di accertamento coperto da giudicato, che incida sulla credibilità professionale dell’operatore e, quindi, non soltanto le violazioni delle norme di esecuzione del contratto, ovvero quelle in senso stretto della professione.

Al riguardo, si è precisato che anche le violazioni esecutive e prestazionali di cui alla lett. f) intendono far emergere un deficit di “integrità” e “moralità” dell’operatore economico, sebbene desunto attraverso il filtro della sua pregressa esperienza professionale. Nonostante la tendenza interpretativa sia volta a leggere il concetto di “moralità” insito nella fattispecie in esame come strettamente connesso all’ambito “professionale”, e quindi a restringere la valutazione di “gravità” dei precedenti professionali alle sole vicende disvelatrici di una sostanziale e apprezzabile “inaffidabilità o inidoneità alla corretta esecuzione” della prestazione, la disposizione involge tutte le possibili cause di rottura del rapporto fiduciario conseguenti ad un giudizio di “disvalore” rispetto ad un percorso professionale non conforme ai canoni della legalità.

Nell’“errore grave” possono, dunque, confluire fattispecie dequalificanti sul piano della sola credibilità professionale dell’operatore economico, così come fattispecie in grado di inficiare la caratura morale del concorrente in gara e da renderne non accettabile l’ingresso in rapporti fiduciari con la parte pubblica.

Ne deriva che il giudizio di rilevanza e di gravità dell’errore professionale, potendo astrattamente svolgersi in svariate e non univoche direzioni, deve essere in concreto orientato in ragione della tipologia di condotta di volta in volta presa in esame.

Sicché, rispetto a precedenti professionali indicativi di imperizia tecnica, potrà concretarsi in una prognosi di affidabilità o inaffidabilità nella esecuzione della prestazione contrattuale; mentre, rispetto a precedenti professionali indicativi di scarsa osservanza delle regole, se non di vera e propria propensione all’illegalità, dovrà risolversi in un giudizio di “ordine pubblico” circa la meritevolezza dell’operatore ad entrare in affari con la P.A.

D’altra parte, a voler diversamente opinare, una larga parte delle condotte potenzialmente inquadrabili nella lett. f) in quanto espressive di una scarsa osservanza degli standard di “legalità”, perderebbero qualsivoglia rilevanza applicativa, una volta proiettate esclusivamente sul piano della idoneità prestazionale ed esecutiva del soggetto che se ne sia reso responsabile.

E’ questo, appunto, il caso delle condotte anticoncorrenziali, le quali, in sé considerate, non appaiono sintomatiche di scarsa affidabilità ai fini della esecuzione della prestazione oggetto di affidamento poiché collocate, per loro natura, nella fase della procedura di gara, e non già della esecuzione della prestazione e sanzionate per profili che non connotano la capacità dell’operatore economico quale corretto “esecutore” del contratto.

(Contra cfr. Cons. St., sez IV, 29 febbraio 2016, n. 813).

Massima a cura dell’Avv. Irene Picardi (irene.picardi@hotmail.it)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 730 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
T. S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati A. B. S. e A. G. Orofino, con domicilio eletto presso la prima in Torino, OMISSIS;

contro

C.V.R. – C., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato A. G., con domicilio eletto presso il suo studio in Torino, OMISSIS;

nei confronti di

C.N.S. – C.N.S.., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati A. P., F. C. e G. R. N., con domicilio eletto presso M. O. in Torino, OMISSIS;

per l’annullamento

del provvedimento di aggiudicazione definitiva n. 185/2016, unitamente alla nota di comunicazione prot. n. 4281/VII/14 del 17.6.2016, trasmessa via pec il 20.7.2016, nella parte in cui si è provveduto ad aggiudicare al Cns l’appalto per l’affidamento del servizio di igiene urbana in cinque comuni del C.;

del provvedimento n. 119/2016, e della nota di comunicazione prot. n. 3006/VII/14 del 29.4.2016, di aggiudicazione provvisoria dell’appalto;

di tutti i verbali di gara;

dell’atto con cui si è provveduto alla nomina della commissione di gara, del suo presidente e del Rup;

nonché, ove occorra, del bando, del disciplinare di gara, del capitolato speciale d’appalto, delle schede consortili, delle schede tecniche, dei chiarimenti diffusi dalla stazione appaltante, della nota prot. 3806/VV/14 del 3.6.2016;

nonché, in relazione ai motivi aggiunti depositati in data 17.11.2016:

della nota prot. 6816/VII del 7.10.2016, nonché i verbali del 5-6.10.2016 e della Pec del 4.10.2016;

della nota prot. n. 7397/VII del 2.11.2016, nonché della determina n. 324 del 26.10.2016;

e di tutti gli atti componenti la lex specialis.

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del C.V.R. – C. e della C.N.S. – C.N.S..;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 gennaio 2017 il dott. Giovanni Pescatore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

  1. Con Determinazione n. 53 in data 01.03.2016 è stata indetta la procedura di gara per l’affidamento del servizio di raccolta rifiuti e di nettezza urbana in cinque comuni (Beinasco, Bruino, Orbassano, Piossasco e Rivalta T.se) del C.V.R. (C.), da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

In esito alle operazioni di gara, alle quali hanno partecipato tre ditte, di cui una esclusa (T.), il C.N.S.S.C. (C.N.S.) è risultato primo in graduatoria con un punteggio complessivo pari a 98,56, seguito da T. s.r.l. con un punteggio complessivo pari a 94,375.

Con determinazione n. 119/2016 la gara è stata provvisoriamente aggiudicata al C.N.S., per un impegno di spesa presunto di complessivi €. 13.504.290,37, con riferimento al periodo compreso tra il 06/06/2016 ed il 05/06/2018; e con determinazione n. 185/2016 è stata adottata l’aggiudicazione definitiva.

  1. Con ricorso ritualmente notificato in data 18 luglio 2016, T. S.r.l. ha impugnato il provvedimento di aggiudicazione definitiva, unitamente agli atti connessi, deducendo quattro motivi di censura.
  2. I) Con un primo articolato motivo di censura, la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 38 del d.lgs. 163/2006 e sviamento.

Osserva come il C.N.S. abbia prodotto una dichiarazione in cui ha affermato di non essere incorso in precedenti gravi errori professionali, accompagnata da una attestazione con cui ha riconosciuto di esser stato destinatario di un provvedimento sanzionatorio dell’AGCM.

Nondimeno, secondo la ricorrente sussisterebbero comportamenti della controinteressata connotati da una sicura gravità che ne minerebbero l’affidabilità professionale e che avrebbero dovuto comportarne l’esclusione ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f) del d.lgs. 163/2006.

Tra questi: (i) l’applicazione di una sanzione pecuniaria da parte dell’AGCM per un importo di €. 56.190.090,00, conseguente al concorso in una intesa restrittiva della concorrenza; (ii) il coinvolgimento di C.N.S. nell’inchiesta “Mafia Capitale”, che ha condotto all’adozione nei suoi confronti della misura prefettizia della straordinaria e temporanea gestione di cui all’art. 32, comma 1, lett. b), d .l. 90/2014, in relazione a due contratti aggiudicati al C.N.S. da A. S.p.a.; (iii) ulteriori vicende penali che hanno determinato un rinvio a giudizio dinanzi al Tribunale di Patti dell’allora Presidente del C.N.S.; (iv) il coinvolgimento in un’inchiesta per evasione fiscale condotta dalla stessa Procura della Repubblica presso il Tribunale di Patti.

  1. II) Con il secondo motivo di censura la ricorrente lamenta il mancato possesso da parte delle tre consorziate facenti parte del C.N.S. dell’iscrizione camerale per tutte le attività oggetto di affidamento, alcune delle quali previste come attività secondarie.

III) Il terzo motivo di censura attiene ad una presunta situazione di conflitto di interessi in capo al RUP e Presidente di Commissione di gara, dott.ssa T., che a dire della ricorrente avrebbe dovuto comportarne l’obbligo di astensione.

La situazione di incompatibilità deriverebbe da una pregressa “denuncia” sporta dalla dott.ssa T. per una presunta falsa dichiarazione presentata da T. nell’ambito di una precedente gara.

  1. IV) Infine, con la quarta censura la ricorrente lamenta la mancata effettuazione nei confronti della controinteressata delle verifiche di legge ai sensi degli artt. 38 e 48 d.lgs. 163/2006, con particolare riguardo alla acquisizione dei certificati di casellario e ai Durc riferiti sia al C.N.S. che alle relative consorziate, con riguardo ai due momenti della partecipazione e della aggiudicazione.
  2. Il ricorso è stato integrato da un primo atto di motivi aggiunti, depositato il 23.09.2016, volto a lamentare l’omessa dichiarazione da parte del C.N.S. di ulteriori circostanze rilevanti ai sensi dell’art. 38, lettera f), d.lgs. 163/2006.
  3. Con ordinanza cautelare n. 275 del 28 luglio 2016, questo Tribunale, delibando positivamente il primo ordine di censure dedotte nel ricorso introduttivo, ha disposto che il C.V.R. riesaminasse la posizione dell’aggiudicatario C.N.S. con riguardo alle circostanze denunciate dalla società ricorrente (vale a dire, con riguardo alle condotte sanzionate dall’A.G.C.M., a quelle che avevano determinato la misura prefettizia della gestione straordinaria e temporanea ai sensi dell’art. 32 del d.l. n. 90 del 2014, ed infine a quelle che oggetto di procedimenti penali dinanzi al Tribunale di Patti).
  4. L’ordinanza è stata formalmente ottemperata con la determina n. 324 del 26 ottobre 2016, con la quale la stazione appaltante ha motivatamente confermato il precedente provvedimento di aggiudicazione, non ravvisando nelle condotte segnalate profili rilevanti ai sensi dell’art. 38, lettera f), d.lgs. 163/2006.
  5. Il provvedimento di conferma dell’aggiudicazione è stato impugnato con un secondo atto di motivi aggiunti (depositato il 17.11.2016), argomentato sotto il triplice profilo: a) della tardività delle determinazioni adottate dal C., avendo questi dato esecuzione al decisum cautelare solo in data 7.10.2016, quindi oltre il termine di trenta giorni indicato in ordinanza; b) della carenza di motivazione, in relazione alle ulteriori vicende segnalate dalla ricorrente alla stazione appaltante come integranti fattispecie di grave errore professionale ex art. 38, lettera f), d.lgs. 163/2006, ma dalla stessa stazione appaltante non esaminate; c) ancora del difetto di motivazione, non apparendo persuasive le considerazioni addotte dalla stazione appaltante in ordine alla ritenuta valenza non escludente delle condotte denunciate con il primo motivo del ricorso introduttivo.
  6. Si sono ritualmente costituite in giudizio la stazione appaltante (C.) e la parte controinteressata (CNS), eccependo la tardività dei motivi aggiunti depositati il 23.09.2016 e per il resto contestando e chiedendo la reiezione integrale di tutte le deduzioni avversarie.
  7. A seguito dello scambio di memorie e repliche ai sensi dell’art. 73 c.p.a., la causa è stata discussa e posta in decisione all’udienza pubblica del 25 gennaio 2017.

DIRITTO

  1. Nell’esaminare preliminarmente l’eccezione di tardività dei motivi aggiunti notificati il 14.09.2016 e depositati il 23.09.2016, occorre osservare che gli stessi hanno ad oggetto la determina di aggiudicazione definitiva n. 185 del 17 giugno 2016, che viene censurata per profili di illegittimità comunque attinenti all’art. 38 lettera f) d.lgs. 163/2006, ma desunti da circostanze ulteriori e diverse rispetto a quelle denunciate nel ricorso introduttivo.

1.1. I fatti segnalati dalla ricorrente riguardano, in particolare: (i) la risoluzione contrattuale adottata con deliberazione n. 981/CS del 13.04.2012 dal Commissario straordinario dell’Azienda Provinciale di Messina; (ii) la sentenza definitiva pronunciata ex art. 444 c.p.p. dal Tribunale Penale di Milano del 27.11.2014, con la quale è stato condannato G. F., accusato di avere illecitamente favorito il C.N.S.; (iii) il rinvio a giudizio disposto nel corso dell’operazione Virus, innanzi al Tribunale di Brindisi, dell’amministratore del C.N.S. nonché, nello stesso processo, la citazione diretta del C.N.S.; (iv) gli esiti delle indagini svolte dalla Procura della Repubblica di Latina che hanno permesso di contestare a vario titolo, a undici persone, i reati di concorso in frode di pubblica fornitura, truffa ai danni dello Stato, turbativa d’asta ed altri comportamenti penalmente rilevanti, riconducibili ad un accordo tacito volto a favorire le ditte appaltatrici (C.N.S. e le sue consorziate); (v) ed infine il coinvolgimento di C.N.S. nell’inchiesta “Last Business” condotta dalla Procura di Modena per illeciti commessi nella gestione di appalti affidati dal Policlinico di Modena.

1.2. Rispetto al provvedimento di aggiudicazione, adottato il 17 giugno 2016 e comunicato alla ricorrente in pari data, i motivi aggiunti risultano notificati oltre il termine decadenziale di 30 giorni previsto nella materia delle procedure di affidamento di appalti (art. 120 c.p.a.), inequivocabilmente applicabile al caso di specie, senza margini di dubbio che consentano un’eventuale rimessione in termini (pure invocata da parte ricorrente).

1.3. La stazione appaltante resistente, a supporto della sollevata eccezione di tardività, ha evidenziato come gli atti richiA.ti a sostegno dei motivi aggiunti sussistessero, e fossero reperibili su internet, in epoca antecedente alla notifica del ricorso introduttivo del presente giudizio.

1.4. A fronte di tale eccezione, la parte ricorrente si è limitata a giustificare la proposizione tardiva dei motivi aggiunti riferendo di una “… faticosa e recente acquisizione di nuovi documenti, incolpevolmente sconosciuti alla ricorrente … “.

La deduzione, tuttavia, non pare idonea giustificare la segnalata tempistica di introduzione dei motivi aggiunti.

Se non può dubitarsi del fatto che la proponibilità di motivi aggiunti non è limitata alla sola sopravvenienza di fatti o atti nuovi rispetto all’atto impugnato con il ricorso originario, essendo ammessa anche la proposizione di motivi aggiunti cd. “propri”, integrativi delle censure indirizzate su un atto già in precedenza impugnato e, quindi, recanti nuove ragioni a sostegno delle domande già proposte; nondimeno, deve ritenersi che tale facoltà vada comunque coordinata con il termine decadenziale di cui agli artt. 41 e 120 c.p.a., al fine di impedire che il thema decidendum si presti ad essere ampliato dalla parte in modo strumentale e secondo criteri di convenienza, attraverso una sostanziale elusione del limite decadenziale alla proposizione dell’azione.

Nella ricerca di un punto di equilibrio tra le due opposte esigenze, la giurisprudenza ha condivisibilmente affermato che la proponibilità dei motivi aggiunti occasionati dalla sopravvenuta conoscenza di vizi originari del provvedimento già impugnato, deve trovare necessario contemperamento: a) nel principio della “conoscibilità in concreto” degli atti amministrativi, garantita dai presidi all’uopo apprestati dall’ordinamento (diritto di accesso); b) nel correlativo onere per l’interessato di avvalersi tempestivamente di tali ausili, secondo i canoni di diligenza che gli impongono di agire a propria tutela senza ingiustificate dilazioni.

Alla stregua di tali criteri, deve considerarsi irricevibile il gravame allorquando la tardiva conoscenza di nuovi elementi oggettivi riveli natura colposa, ossia risulti imputabile a negligenza del ricorrente, per non avere questi tempestivamente posto in essere tutte le iniziative idonee a fargli acquisire cognizione dei documenti amministrativi o delle circostanze di fatto di suo specifico interesse (TAR Napoli, sez. VIII, 14 gennaio 2010, n. 87 e sez. IV, 05 aprile 2016, n. 1658).

1.5. Nel caso di specie, il Collegio ritiene che la parte ricorrente non abbia assolto la prova di resistenza sulla stessa gravante, ovvero non abbia dimostrato di aver operato con adeguata diligenza nella tempestiva ricerca della documentazione necessaria alla sollecita articolazione dei motivi di censura.

A tale conclusione si perviene in considerazione del fatto che: a) i motivi aggiunti non traggono spunto dalle difese delle controparti o da circostanze sopravvenute in corso di giudizio, sicché la loro scansione temporale non può giustificarsi in relazione a imprevedibili sopravvenienze processuali; b) il ritrovamento della documentazione richiA.ta a supporto dei nuovi motivi non è stato temporalmente circoscritto dalla parte ricorrente, sicché è astrattamente ipotizzabile che detta documentazione fosse da tempo nella disponibilità della T. e che, tuttavia, non sia stata prontamente utilizzata ai fini della articolazione dei motivi di ricorso per mera scelta processuale; c) la parte ricorrente, pur a fronte della puntuale eccezione di tardività sollevata dalle controparti, non ha ricollegato la posticipata conoscenza dei fatti a qualche evento particolare in grado di giustificarla. Risulta, dunque, del tutto indimostrata, anche sul piano meramente argomentativo, l’incolpevolezza del pregresso stato di ignoranza delle circostanze successivamente dedotte a base degli ulteriori vizi di illegittimità dell’atto originariamente gravato.

Per quanto esposto, va dichiarata la tardività dei motivi aggiunti depositati il 23.09.2016, sicché la delibazione del Collegio va circoscritta alla disamina del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti depositati il 17.11.2016.

  1. Nel merito, viene innanzitutto in rilievo il primo motivo di ricorso, riferito alla asserita valenza escludente della sanzione irrogata dall’Autorità Antitrust nei confronti di C.N.S., ritenuta responsabile di avere realizzato una intesa restrittiva della concorrenza, ex art 101 TFUE, al fine di condizionare gli esiti di una gara pubblica bandita da Consip s.p.a..

Il procedimento davanti all’Antitrust è stato aperto con delibera del giorno 8.10.2014 e si è concluso con il provvedimento sanzionatorio del 22.12.2015, pubblicato sul Bollettino n. 50 del 25.1.2016.

Detto provvedimento sanzionatorio è stato annullato, limitatamente alla sola determinazione della sanzione pecuniaria applicata, e confermato per il resto, dalla pronuncia del TAR Lazio, sez. I, 14 ottobre 2016, n. 10303, a sua volta oggetto di appello (tuttora pendente) presso il Consiglio di Stato.

La gara per cui è causa si colloca in epoca successiva all’adozione della sanzione, della quale C.N.S. ha fatto menzione nella dichiarazione resa in corso di gara (doc. 9 fasc. ricorr.).

2.1. Dunque, ai fini della presente decisione, non assumono rilevanza né il profilo dell’omessa dichiarazione di tali fatti ai sensi dell’art. 38 lettera f) d.lgs. 163/2006, atteso che la dichiarazione della sanzione AGCOM è stata resa dal C.N.S. in corso di gara; né il profilo dell’omessa valutazione degli stessi fatti da parte della stazione appaltante, trattandosi di omissione effettivamente dedotta nel ricorso introduttivo ma successivamente superata, per effetto dell’adozione della determina n. 324 del 26 ottobre 2016, recante la motivata conferma dell’atto di aggiudicazione.

Risulta invece dirimente il profilo di censura (dedotto con i motivi aggiunti del 17.11.2016) relativo all’asserita incongruenza della motivazione addotta dalla stazione appaltante a giustificazione della ritenuta insussistenza, nella condotta segnalata, di profili escludenti ai sensi dell’art. 38, lettera f), d.lgs. 163/2006.

2.2. La stazione appaltante è pervenuta a tale conclusione osservando come la condotta sanzionata da parte della AGCOM e accertata dal Tar Lazio: (i) pertenga a tutt’altra fattispecie di servizio rispetto a quella oggetto di gara, riferendosi ad una gara Consip per l’affidamento dei servizi di pulizia ed altri servizi tesi al mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili, per gli Istituti Scolastici di ogni ordine e grado e per i centri di formazione della Pubblica Amministrazione; (ii) non sia stata accertata in via definitiva, in quanto oggetto di una pronuncia di primo grado (n. 10303 del 14.10.2016) sulla quale ancora pende l’appello; (iii) la stazione appaltante ha inoltre richiA.to una pronuncia del Consiglio di Stato secondo la quale “sarebbe tutto da dimostrare che l’eventuale violazione della normativa antitrust (al cui accertamento è rivolta l’istruttoria dell’Autorità) integri una delle circostanze previste dall’art. 38, comma 1, lett. f) del codice degli appalti, posto che il fatto non si inserirebbe comunque nell’esecuzione del contratto e di per sé non sembra costituire errore grave nell’esercizio dell’attività professionale” (Cons. St., sez. IV, 29 febbraio 2016, n. 813); (iv) la stessa stazione appaltante ha infine osservato come le contestate condotte non abbiano inciso sul corretto svolgimento della presente gara, non essendosi verificati fatti tali da far ritenere che ivi siano stati conclusi accordi con altri operatori economici intesi a falsare la concorrenza.

2.3. Opposta è la tesi argomentata dalla parte ricorrente, la quale osserva che: a) la disposizione dell’art 38 comma 1 lett. f) d.lgs. n. 163/2006 recepisce l’art 45 par. 2 lett. d) della Direttiva 2004/18/CE, in base al quale ogni operatore economico può essere escluso se nell’esercizio della propria attività abbia commesso un errore grave accertato con qualsiasi mezzo di prova dall’amministrazione aggiudicatrice; b) la Corte di Giustizia UE ha interpretato la nozione di grave errore facendovi rientrare ogni violazione e comportamento scorretto che incida sulla credibilità professionale; c) la rilevanza dell’errore grave eccede, dunque, il ristretto ambito dei rapporti instaurati con la stazione che dispone l’affidamento e può da questa essere accertata con qualsiasi mezzo di prova, senza che occorra a tal fine una sentenza di accertamento passata in giudicato.

2.4. La cornice edittale nella quale si inscrive la controversia è tracciata dall’art 38 lett. f) d.lgs. 163/2006, ai sensi del quale sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, servizi e forniture, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti che “secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante“.

La prima ipotesi, relativa alla negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni, rappresenta una consueta condizione ostativa, prevista dall’ordinamento a partire dalla primigenia disciplina in materia di contabilità di stato, essendo sostanzialmente riproduttiva delle previsioni di cui agli artt. 3, III comma, R.D. n. 2440/1923 e 68, I comma, R.D. n. 827/1924.

L’ipotesi dell’errore professionale grave è stata introdotta dal codice dei contratti pubblici all’evidente scopo di consentire all’amministrazione di valutare globalmente l’affidabilità di un’impresa.

Tale disposizione non configura un’ipotesi di incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, poiché la decisione di qualificare un episodio della storia professionale dell’impresa come grave errore professionale è assistita, per univoco orientamento giurisprudenziale, dall’ampia discrezionalità di apprezzamento riconosciuta alla stazione appaltante (cfr. C.G.A.R.S., 12 dicembre 2013, n. 929), fermo restando che la nozione di “errore nell’esercizio dell’attività professionale” include qualsiasi comportamento scorretto che incida sulla credibilità professionale dell’operatore economico, compresi i casi di esecuzione non corretta, imprecisa o carente di un contratto o di una parte di esso.

Dal punto di vista esegetico è rilevante ricordare che la disposizione nazionale costituisce attuazione di quella di cui all’art. 45 comma 2 lettera d) della direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004, che rimettendo agli Stati membri la definizione delle condizioni di applicazione, consente l’esclusione dalla partecipazione all’appalto di “…ogni operatore economico…che, nell’esercizio della propria attività professionale, abbia commesso un errore grave, accertato con qualsiasi mezzo di prova dall’amministrazione aggiudicatrice”.

2.5. Rispetto a questa disposizione la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha formulato i seguenti principi:

– quanto alla legittimità di disposizioni nazionali attuative (con specifico riferimento al punto 1.a) dell’art. 24, paragrafo 1, della legge polacca sugli appalti pubblici del 29 gennaio 2004) il Giudice dell’Unione ha chiarito come esse siano compatibili con la disciplina comunitaria in quanto si limitino a “…tracciare il contesto generale di applicazione dell’articolo 45, paragrafo 2, primo comma, lettera d), della direttiva 2004/18”, lasciando quindi all’amministrazione un margine di valutazione discrezionale in ordine alla consistenza delle condotte poste a fondamento dell’esclusione, e non anche quando (come era nel caso della disposizione normativa polacca) esse impongano”…alle amministrazioni aggiudicatrici condizioni imperative e conclusioni da trarre automaticamente da alcune circostanze (Corte giustizia dell’Unione Europea, sez. III, 13 dicembre 2012, n. 465);

– l’articolo 45, paragrafo 2, lascia alla valutazione degli Stati membri l’applicazione dei sette casi di esclusione menzionati, che fanno riferimento all’integralità professionale, alla solvibilità e all’affidabilità degli offerenti in una gara d’appalto, come testimonia l’espressione «può essere escluso dalla partecipazione all’appalto», che compare al principio di tale disposizione [v., per quanto riguarda l’articolo 29 della direttiva 92/50/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (GU 1992, L 209, pag. 1), sentenza del 9 febbraio 2006, La Cascina e a., C-226/04 e C-228/04, punto 21];

– ai sensi di detto articolo 45, paragrafo 2, secondo comma, gli Stati membri precisano, conformemente al rispettivo diritto nazionale e nel rispetto del diritto dell’Unione, le condizioni di applicazione del paragrafo stesso (v., in tal senso, sentenza del 10 luglio 2014, Consorzio Stabile Libor Lavori Pubblici, C-358/12, punto 35);

– sulla nozione di “errore nell’esercizio dell’attività professionale” la Corte ha osservato che esso attiene a “…qualsiasi comportamento scorretto che incida sulla credibilità professionale dell’operatore e non soltanto le violazioni delle norme di deontologia in senso stretto della professione cui appartiene tale operatore“; ed ha ulteriormente precisato “che la commissione di un’infrazione alle regole della concorrenza, in particolare qualora tale infrazione sia stata sanzionata con un’ammenda, costituisce una causa di esclusione rientrante nell’articolo 45, paragrafo 2, lettera d), della direttiva 2004/18” (Corte Giustizia, sez. X, 18 dicembre 2014, decisione n. 470, punto 35);

– la circostanza che sia in corso un procedimento giurisdizionale per l’accertamento di detto errore, come non esime dall’obbligo della dichiarazione, in quanto l’art. 38, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 163 del 2006 non prevede che l’errore professionale rilevi solo quando sia stato definitivamente accertato in sede giudiziale, mentre una simile condizione è stabilita per altre cause di esclusione, così non preclude la valutazione sulla fiducia: la Corte di giustizia UE, sez. III, 13 dicembre 2012 n. 465, ha chiarito che l’articolo 45, paragrafo 2, primo comma, lett. d), della direttiva 2004/18/CE autorizza l’amministrazione aggiudicatrice ad accertare un errore commesso nell’esercizio dell’attività professionale con qualsiasi mezzo di prova senza che sia necessaria una sentenza passata in giudicato che lo attesti.

2.6. La sopravvenuta normativa comunitaria si atteggia nello stesso senso, atteso che l’art. 57 della Direttiva 2014/24/UE, par. 4 lett. c) e g), nel disciplinare le ipotesi di “gravi illeciti professionali” e di “carenze nell’esecuzione” (analoghi ai concetti di “errore grave” e di “negligenza e malafede” utilizzati dal legislatore interno) specifica, ora, che esse devono riguardare un precedente contratto d’appalto pubblico o un contratto di appalto con un ente aggiudicatore senza alcuna “separazione tra l’ipotesi in cui le stesse si siano verificate nei confronti della medesima o di una diversa stazione appaltante, rispetto a quella nei cui confronti sorge il relativo obbligo dichiarativo”.

Il considerando 101 della medesima direttiva evidenzia una linea di continuità con la precedente normativa comunitaria, laddove sottolinea che “le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero continuare ad avere la possibilità di escludere operatori economici che si sono dimostrati inaffidabili, per esempio a causa di violazioni di obblighi ambientali o sociali, comprese le norme in materia di accessibilità per le persone con disabilità, o di altre forme di grave violazione dei doveri professionali, come le violazioni di norme in materia di concorrenza o di diritti di proprietà intellettuale. È opportuno chiarire che una grave violazione dei doveri professionali può mettere in discussione l’integrità di un operatore economico e dunque rendere quest’ultimo inidoneo ad ottenere l’aggiudicazione di un appalto pubblico indipendentemente dal fatto che abbia per il resto la capacità tecnica ed economica per l’esecuzione dell’appalto.

Tenendo presente che l’amministrazione aggiudicatrice sarà responsabile per le conseguenze di una sua eventuale decisione erronea, le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero anche mantenere la facoltà di ritenere che vi sia stata grave violazione dei doveri professionali qualora, prima che sia stata presa una decisione definitiva e vincolante sulla presenza di motivi di esclusione obbligatori, possano dimostrare con qualsiasi mezzo idoneo che l’operatore economico ha violato i suoi obblighi, inclusi quelli relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali, salvo disposizioni contrarie del diritto nazionale”.

2.7. Alla luce di tali coordinate di riferimento, va valutato il percorso argomentativo attraverso il quale l’amministrazione ha ritenuto di non ravvisare in capo a C.N.S. la commissione di gravi errori nell’esercizio della propria attività professionale, riconducibili alla previsione dell’art. 38, comma 1 lettera f), del d.l.vo 2006, n. 163 e tali da condurre alla sua esclusione dalla gara.

Per quanto si è esposto, si tratta di conclusioni assunte nell’esercizio di un potere valutativo ampiamente discrezionale, suscettibile di sindacato nei ristretti limiti della manifesta illogicità, irrazionalità o dell’errore sui fatti.

Nondimeno, a parere del Collegio gli argomenti spesi dalla stazione appaltante si prestano a rilievi di pretestuosità e illogicità manifesta, in quanto mirano a tributare peso determinante ad una serie di circostanze che traguardano lo specifico perimetro di rilevanza dell’errore grave.

– Così dicasi in particolare, per le considerazioni svolte dalla stazione appaltante in merito alla riferibilità delle condotte sanzionate ad altra gara e a diverso ambito merceologico; alla sussistenza in relazione alle stesse di un contenzioso non ancora definito e alla loro non incidenza sul corretto svolgimento della presente gara.

Tutte le circostanze in parola non assumono apprezzabile rilevanza ai fini dell’integrazione dell’errore grave, essendo vero, al contrario, come già si è esposto, che la lettera f) dell’art. 38 si applica a qualsiasi comportamento scorretto che incida sulla credibilità professionale dell’operatore di cui trattasi, non richiedendosi alcuna coincidenza tipologica o contenutistica tra le vicende professionali poste in relazione; che la rilevanza dell’errore non è circoscritta a casi verificatisi nell’ambito di rapporti contrattuali intercorsi con la medesima stazione appaltante che bandisce la gara, ma attenga indistintamente a tutta la precedente attività professionale dell’impresa, in quanto elemento sintomatico della perdita del requisito di affidabilità e di capacità professionale, influente sull’idoneità dell’impresa a fornire prestazioni che soddisfino gli interessi di rilievo pubblico; e che la “violazione dei doveri professionali” cui la norma in questione fa riferimento possa essere accertata e provata con qualsiasi mezzo di prova, non necessitando di un pronunciamento coperto dal giudicato.

– Dunque, per ritenere non integrato il punto di rottura nel rapporto fiduciario con il concorrente in gara, la stazione appaltante ha dato risalto ad una serie di profili marginali, in quanto esulanti dai tratti salienti dell’errore professionale, così concretizzando un’applicazione sostanzialmente elusiva della disposizione in esame.

Si consideri, infatti, che i profili di “non gravità” dell’errore professionale posti in rilievo nella motivazione: a) si evincono, in negativo, dalla stessa definizione normativa dell’errore grave – per tale dovendosi intendere una condotta accertabile in qualunque modo, riferibile a pregressi rapporti contrattuali, intercorsi con altre amministrazioni e non necessariamente affini a quello per cui è gara; b) non individuano, quindi, requisiti necessari ai fini dell’integrazione dell’errore grave, ma al più indicano i limiti negativi della fattispecie.

– Ragionando in termini “controfattuali” si può dire che anche laddove le circostanze non riscontrate dalla stazione appaltante fossero risultate sussistenti (e, dunque, fosse stata appurata l’esistenza di una condotta professionalmente scorretta, inerente un servizio analogo a quello oggetto di gara e accertata con sentenza passata in giudicato), le stesse non avrebbero potuto fondare, in sé sole, un giudizio di gravità ai sensi dell’art. 38 lettera f).

– La stazione appaltante, nel suo ragionamento, introduce poi un elemento di dubbio sul fatto che la violazione della normativa antitrust possa integrare una delle circostanze previste dall’art. 38, comma 1, lett. f) del codice degli appalti: si tratta, tuttavia, di perplessità del tutto destituita di fondamento, in quanto radicalmente smentita dai chiarimenti resi sul punto dalla Corte di Giustizia UE, la quale ha univocamente sancito che ” la nozione di errore nell’esercizio dell’attività professionale .. comprende qualsiasi comportamento scorretto che incida sulla credibilità professionale dell’operatore di cui trattasi e non soltanto le violazioni delle norme di deontologia in senso stretto della professione cui appartiene tale operatore”; e che “la commissione di un’infrazione alle regole della concorrenza, in particolare qualora tale infrazione sia stata sanzionata con un’ammenda, costituisce una causa di esclusione rientrante nell’articolo 45, paragrafo 2, lettera d), della direttiva 2004/18” (Corte Giustizia, sez. X, 18/12/2014, n. 470, punto 35).

In conclusione, gli argomenti spesi dalla stazione appaltante finiscono per indugiare su profili fallaci ovvero sui limiti definitori marginali della nozione di “errore grave”, eludendone tuttavia la reale valenza prescrittiva.

2.8. Per meglio chiarire invece entro quali limiti, a giudizio di questo Collegio, debba inquadrarsi la portata normativa dell’ “errore grave”, appare utile svolgere le seguenti ulteriori considerazioni.

– La prima attiene al rilievo sistematico della lettera f) del comma 1 dell’art. 38 d.lgs. 163/2006.

Si tratta di disposizione inserita nell’elenco dei requisiti di ordine generale, tradizionalmente definiti anche di “ordine pubblico” e di “moralità”, in quanto incidenti sull’affidabilità morale, ancor prima che professionale, dell’operatore, riconosciuto come meritevole di negoziare con la pubblica amministrazione poiché soggetto immune da mende ed integro osservante delle regole di legalità.

Si badi, lo status di “onestà” e di “moralità” dell’operatore economico, compendiato nel possesso dei “requisiti di ordine generale”, si concreta nell’osservanza di un’ampia congerie di disposizioni dell’ordinamento giuridico, incluse tra queste quelle di rilevanza civilistica (a), lavoristica, previdenziale (e – i – l) e fiscale (g), etc., che va ben oltre il limitato ambito della materia criminale (b – c), finendo con lo sconfinare in fattispecie sintomatiche, a carattere indiziario, correlate all’adozione di misure preventive e cautelari (b – mter).

Rispetto al catalogo tipizzato nelle diverse lettere del comma 1 dell’art. 38, la lettera f) costituisce una clausola generale di chiusura, intesa a tributare rilevanza – sia pure attraverso la mediazione di volta in volta della valutazione discrezionale della stazione appaltante – ad ogni altra ipotesi di scorrettezza, inadempienza o macchia professionale, che emerga dai pregressi rapporti con la stessa o con diversa pubblica amministrazione.

Ciò posto, il margine di rilevanza della lettera f) deve desumersi sia dalla sua appartenenza ai “requisiti di ordine generale”, intesi come requisiti di “ordine pubblico” e di “moralità”, nei termini sopra indicati; sia dalla differenza che sussiste tra questi e i requisiti di capacità tecnica ed economica (artt. 41 e 42), questi ultimi rappresentativi dell’esperienza e della capacità professionale del concorrente, ovvero della sua idoneità sotto il profilo tecnico ad espletare l’attività oggetto di gara.

Dunque, ciò che le violazioni “esecutive e prestazionali” di cui alla lettera f) intendono far emergere è pur sempre un deficit di “integrità” e “moralità” dell’operatore economico, sebbene desunto attraverso il filtro della sua pregressa esperienza professionale, che ne comprometta l’autorevolezza quale potenziale interlocutore della P.A.. Un’ottica rispettosa della collocazione sistematica della lettera f) nell’ambito dell’art. 38 non può dunque stemperare la pregnanza del filtro valutativo di “moralità” in una mera valutazione di “affidabilità tecnico-professionale” o di “capacità esecutiva”, essendo questo l’ambito dei diversi requisiti di idoneità di cui agli artt. 41 e 42.

Il Collegio non ignora una certa tendenza interpretativa volta a leggere il concetto di “moralità” insito nella fattispecie in esame come strettamente connesso all’ambito “professionale”, e quindi a restringere la valutazione di “gravità” dei precedenti professionali alle sole vicende disvelatrici di una sostanziale e apprezzabile “inaffidabilità o inidoneità alla corretta esecuzione” della prestazione oggetto d’appalto.

Tuttavia, una simile lettura, per quanto lecita, non può esaurire lo spettro applicativo della disposizione, che intende involgere tutti le possibili cause di rottura del rapporto fiduciario conseguenti ad un giudizio di “disvalore” espresso rispetto ad un percorso professionale non conforme ai canoni della legalità.

Nell’ “errore grave” possono dunque confluire fattispecie dequalificanti sul piano della sola credibilità “professionale” dell’operatore economico; così come fattispecie in grado di inficiare la caratura morale del concorrente in gara e da renderne non “accettabile” l’ingresso in rapporti fiduciari con la parte pubblica.

– Venendo dunque alla seconda cautela da seguire nella lettura dell’art. 38, comma 1 lettera f), alla luce di quanto sin qui esposto deve ritenersi che il giudizio di rilevanza e di gravità dell’ “errore professionale, potendo astrattamente svolgersi in svariate e non univoche direzioni, vada in concreto orientato in ragione della tipologia di condotta di volta in volta presa in esame.

Sicché, rispetto a precedenti professionali indicativi di imperizia tecnica, potrà concretarsi in una prognosi di affidabilità o inaffidabilità nella esecuzione della prestazione contrattuale; mentre, rispetto a precedenti professionali indicativi di scarsa osservanza delle regole, se non di vera e propria propensione all’illegalità, dovrà risolversi in un giudizio di “ordine pubblico” circa la meritevolezza dell’operatore ad entrare in affari con la P.A..

– D’altra parte, a voler diversamente opinare, una larga parte delle condotte potenzialmente inquadrabili nella lettera f) in quanto espressive di una scarsa osservanza degli standard di “legalità”, perderebbero qualsivoglia rilevanza applicativa, una volta proiettate esclusivamente sul piano della idoneità prestazionale ed esecutiva del soggetto che se ne sia reso responsabile.

E’ questo, appunto, il caso delle condotte anticoncorrenziali, le quali, in sé considerate, non appaiono sintomatiche di scarsa affidabilità ai fini della esecuzione della prestazione oggetto di affidamento, tanto più nei casi – come quello di specie – in cui afferiscano a rapporti contrattuali eterogenei e non interferenti con quello oggetto di gara. Per loro natura, infatti, le intese anticoncorrenziali si collocano nella fase della procedura di gara, e non già della esecuzione della prestazione; ed individuano condotte sanzionabili per profili che non connotano la capacità dell’operatore economico quale corretto “esecutore” del contratto.

– Si consideri, infine, che secondo le indicazioni della Corte di Giustizia, “la nozione di «errore grave» deve essere intesa nel senso che essa si riferisce normalmente a un comportamento dell’operatore economico in questione che denota un’intenzione dolosa o un atteggiamento colposo di una certa gravità da parte sua. Pertanto, qualsiasi esecuzione non corretta, imprecisa o carente di un contratto o di una parte dello stesso può eventualmente dimostrare una competenza professionale limitata dell’operatore economico in questione, ma non equivale automaticamente a un errore grave” (Corte giustizia dell’Unione Europea, sez. III, 13 dicembre 2012, n. 465).

Dal rilievo che la Corte tributa alla connotazione “dolosa” della condotta e al “grave” disvalore che la stessa deve assumere, si intende che l’individuazione dell’errore grave si colloca su un piano diverso rispetto alla valutazione della competenza professionale.

E, nello stesso senso, il considerando 101 della Direttiva 2014/24/UE precisa sul punto quanto segue: “È opportuno chiarire che una grave violazione dei doveri professionali può mettere in discussione l’integrità di un operatore economico e dunque rendere quest’ultimo inidoneo ad ottenere l’aggiudicazione di un appalto pubblico indipendentemente dal fatto che abbia per il resto la capacità tecnica ed economica per l’esecuzione dell’appalto”.

2.9. Nel caso in esame, il giudizio espresso dalla stazione appaltante non pare modulato in termini coerenti con l’impostazione logica di cui si è dato conto e con la specificità del precedente professionale rilevante ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f).

La valutazione di non “gravità” della condotta sanzionata da parte della AGCOM, infatti, è stata espressa facendo riferimento alla diversità merceologica del servizio oggetto della gara Consip e alla ininfluenza delle condotte contestate sul corretto svolgimento della presente gara, per non essersi verificati fatti tali da far ritenere che ivi siano stati conclusi accordi con altri operatori economici intesi a falsare la concorrenza.

Nondimeno, sulla consistenza delle rilevanti violazioni accertate da parte della AGCOM e successivamente confermate dal giudice di primo grado; nonché, sulla spiccata entità della sanzione irrogata e, in definitiva, sulla valenza fortemente squalificante che tali fatti denotano sul piano degli indici di “legalità” e di caratura “morale” del C.N.S., la stazione appaltante non ha speso alcuna considerazione, concentrando così il suo giudizio sul solo piano della prevedibile proficuità del rapporto contrattuale da instaurare con il concorrente in gara.

2.10. Dunque, la stazione appaltante ha abbracciato una nozione riduttiva di errore professionale, omettendo di considerare innanzitutto che l’infrazione alle regole della concorrenza costituisce – secondo la giurisprudenza comunitaria – condotta integrante errore professionale; tributando rilevanza al fatto che tali condotte non siano state accertate in modo definitivo e si siano verificate in una diversa gara, con ciò trascurando di considerare che la disposizione comprende qualsiasi comportamento scorretto, non necessitante di accertamento coperto da giudicato, che incida sulla credibilità professionale dell’operatore di cui trattasi e, quindi, non soltanto le violazioni delle norme di esecuzione del contratto, ovvero quelle in senso stretto della professione cui appartiene tale operatore; omettendo, infine, ogni considerazione in ordine alla valenza sintomatica che tali condotte rivestono in ordine alla integrità e alla qualità morale dell’impresa, quale elemento che necessariamente deve concorrere nella selezione degli interessi di rilievo pubblico che la stazione appaltante persegue.

Sia consentito osservare che una tale modalità applicativa del filtro selettivo appare oltremodo contraddittoria con l’attenzione che il sistema della contrattualistica pubblica nel suo complesso assegna al profilo legalitario dell’operatore privato, quale precondizione del suo ingresso nel circuito della negoziazione con la parte pubblica; e rende tamquam non essent vicende collusive di oggettiva gravità e allarme, destinate a perdere significanza una volta scrutinate secondo parametri di giudizio inappropriati.

2.11. Per quanto esposto, la ritenuta non rilevanza dell’errore professionale, riferita alla vicenda in esame, deve ritenersi assistita da una motivazione non adeguata, il che rende illegittime le determinazioni assunte sul punto dalla stazione appaltante in fase di aggiudicazione dell’appalto e di successiva conferma della stessa aggiudicazione. Per effetto di questa statuizione, dall’annullamento del provvedimento impugnato consegue l’obbligo in capo alla stazione appaltante di rideterminarsi sul punto, tenendo conto delle indicazioni sin qui esposte.

  1. Per ragioni speculari e opposte a quelle sin qui illustrate, deve ritenersi che le condotte che hanno determinato l’adozione del decreto di commissariamento di due contratti aggiudicati al C.N.S. da A. S.p.a. e l’avvio delle indagini penali presso il Tribunale di Patti, non si espongano a rilievi sotto il profilo della manifesta pretestuosità, illogicità o irrazionalità.

3.1. In particolare, quanto alle condotte che hanno determinato la misura prefettizia della gestione straordinaria e temporanea ai sensi dell’art. 32 del d.l. n. 90 del 2014, la stazione appaltante le ha ritenute inidonee ad intaccare l’affidabilità professionale del concorrente CNS in quanto le stesse: (i) concernono fatti posti in essere fuori dall’esecuzione di un contratto (tali, dunque, da non costituire grave errore professionale); (ii) ai fini del c.d. “commissariamento” è sufficiente la mera sussistenza di situazioni anomale e comunque anche solo sintomatiche di condotte illecite e quindi di fatti, spesso rilevanti penalmente, non ancora accertati in maniera definitiva nelle competenti sedi, come nel caso di specie; (iii) la misura adottata (straordinaria e temporanea gestione dell’impresa appaltatrice) ha riguardato unicamente il completamento dell’esecuzione di due contratti di appalto risalenti al 2013 e non la capacità a contrarre di C.N.S.; (iv) in relazione a tale provvedimento risulta tuttora pendente il relativo contenzioso (Tar Lazio, r.g. 4564/2015); (v) le ipotesi di reato (presunte turbative d’asta) risulterebbero ancora in corso di accertamento e sarebbero state poste in essere da soggetti nei confronti dei quali C.N.S. risulterebbe essersi costituito quale parte offesa; (vi) quale ulteriore elemento a favore di CNS rileverebbe il recente rinnovo della iscrizione nella White list da parte della Prefettura di Bologna.

Dunque, l’estesa latitudine delle condotte rilevanti ai fini del commissariamento, la natura essenzialmente preventiva di tale misura e lo stato di incompiutezza degli accertamenti processuali relativi alle condotte contestate a C.N.S., concretizzano nel loro insieme un quadro di circostanze sintomatiche complessivamente in linea con la valutazione prudenziale espressa dalla stazione appaltante.

3.2. Similmente, le vicende oggetto di procedimento penale dinanzi al Tribunale di Patti sono state ritenute inidonee ad incidere sull’elemento fiduciario, in quanto riguardanti fatti non definitivamente accertati, risalenti nel tempo (in quanto commessi sino al giugno 2008) e riferibili all’allora Presidente di C.N.S., attualmente non più in carica. Dai relativi atti processuali emergono una pronuncia di non doversi procedere per intervenuta prescrizione e l’assenza di attività istruttorie in grado di accertare incontrovertibilmente i fatti contestati.

  1. Neppure i rimanenti motivi di doglianza possono trovare accoglimento.

Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente ha lamentato il mancato possesso da parte delle tre consorziate esecutrici dell’iscrizione camerale per tutte le attività oggetto di affidamento.

Sul punto occorre premettere che l’oggetto del contratto concerne i servizi di igiene urbana e, più precisamente, i servizi di raccolta di rifiuti (oggetto principale 90511000-2, cfr. art. 2 del disciplinare), tra cui i servizi di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani, lo spazzamento e la pulizia stradale, i servizi speciali in aree pubbliche o di uso pubblico (cfr. art. 01 del C.S.A.).

In quest’ottica la stazione appaltante ha richiesto quali requisiti di partecipazione:

  • l’iscrizione camerale (“Iscrizione alla Camera di Commercio Industria, Artigianato ed Agricoltura della Provincia in cui l’impresa ha sede o analogo registro dello Stato aderente alla U.E., per le attività oggetto dell’appalto, indicando il numero e la data di iscrizione, nonché le generalità dei soggetti con potere di firma (nel caso di raggruppamento temporaneo e di consorzi ai sensi dell’art. 2602 del codice civile, il requisito deve essere posseduto da tutte le imprese; nel caso di consorzi di cui all’art.34, comma 1, lett.b) e c) del d.lgs.n.163/06, il requisito deve essere posseduto dal consorzio e dal consorziato individuato in sede di offerta quale esecutore del servizio”);
  • l’iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali in Categoria 1 Classe C o Superiore.

Secondo la ricorrente, l’uso del plurale “le attività oggetto dell’appalto” da parte della legge di gara, comporterebbe necessariamente l’iscrizione camerale per tutte le attività appaltate e non solo per alcune di esse.

Viceversa, le iscrizioni camerali delle consorziate con C.N.S. riporterebbero come attività prevalente quella di pulizia di edifici, e solo tra le attività secondarie sarebbero previste alcune mansioni oggetto dell’appalto bandito dal C. (mancherebbero, in particolare, quelle relative alla gestione di ecocentri, all’effettuazione di raccolta porta a porta, alla raccolta e al trasporto Raee, al lavaggio e alla manutenzione di contenitori stradali).

4.1. La censura non può essere accolta, per le seguenti ragioni.

Come si è esposto, l’oggetto del contratto concerne i servizi di igiene urbana e, più precisamente, i servizi di raccolta di rifiuti e di nettezza urbana (meglio individuati mediante l’indicazione dei corrispondenti codici CPV).

Ciò posto, occorre osservare come, secondo la più condivisibile giurisprudenza, l’attribuzione all’iscrizione del partecipante alla Camera di Commercio della valenza di requisito di ammissione alla gara ha lo scopo di garantire la corrispondenza dell’oggetto dell’iscrizione con quello dell’appalto e, di conseguenza, la specifica capacità tecnica posseduta dai contraenti. Ne discende che tale corrispondenza non deve tradursi in una perfetta ed assoluta sovrapponibilità tra tutte le componenti dei due termini di riferimento, atteso che tale prospettiva, per un verso, finirebbe per contraddire tale esigenza funzionale e, per altro verso, frustrerebbe la finalità di confronto concorrenziale cui l’evidenza pubblica è preordinata. Tale congruenza, in altri termini, va appurata secondo un criterio di rispondenza alla descritta finalità di verifica circa il possesso della richiesta capacità tecnica, in virtù di una considerazione globale e complessiva e non già atomistica e frazionata delle diverse attività incluse nell’oggetto del contratto d’appalto. Una diversa interpretazione condurrebbe all’ammissione alla gara dei soli operatori aventi un oggetto sociale speculare rispetto a tutti i contenuti del servizio in gara (indipendentemente dal peso delle diverse prestazioni ad esso inerenti), con ciò restringendosi in modo ingiustificato la platea dei potenziali concorrenti e la stessa finalità del confronto comparativo-concorrenziale. Al contrario, la considerazione per cui la gamma di servizi utili alla partecipazione deve essere ampia e complessivamente coerente con l’oggetto dell’appalto risponde all’esigenza di contemperare la garanzia della serietà degli offerenti con l’interesse alla massima partecipazione e concorrenzialità, atteso che l’interesse pubblico sottostante non è quello di creare o rafforzare una riserva di mercato in favore di determinati operatori economici, quanto quello di ampliare detto mercato mediante l’ammissione di quei concorrenti per i quali è possibile pervenire a un giudizio di globale affidabilità (si vedano in tal senso T.A.R. Valle d’Aosta, sez. I, 12 gennaio 2016, n. 2; T.A.R. Lazio, sez. I, 8 febbraio 2016, n. 1785; T.A.R. Catania, sez. III, 06 dicembre 2016, n. 3165).

In relazione al caso di specie, le condizioni di ammissione alla gara delle ditte esecutrici consorziate con CNS paiono essere pienamente integrate, atteso che dalla lettura dei relativi certificati camerali si ricava che le stesse risultano iscritte alla Camera di Commercio per attività del tutto coerenti con l’oggetto caratterizzante dell’appalto; e che ciascuna di esse dispone dell’iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali per le categorie e le classi richieste dalla lex specialis.

4.2. A fronte di tale qualificazione, perde ogni consistenza la doglianza tesa a far rilevare l’incongruenza del requisito camerale in capo alle consorziate esecutrici. Difatti, il rilievo determinante che, secondo la tesi svolta dalla ricorrente, assumerebbe la completezza dell’iscrizione camerale appare contraddetto sia dall’ampia formulazione della legge di gara (la quale fa riferimento all’ “iscrizione per le attività oggetto dell’appalto”, senza nulla specificare sulla articolazione gerarchica dei contenuti dell’oggetto sociale e sulla sua necessaria e indefettibile specularità con i contenuti dell’oggetto dell’appalto); sia dalla pluralità dei requisiti di partecipazione richiesti dalla legge di gara e detenuti dalle ditte consorziate con C.N.S., complessivamente dimostrativi della loro piena idoneità all’espletamento del servizio da appaltare.

  1. Alla luce dell’accoglimento del primo motivo di ricorso, non si fa luogo alla disamina del terzo motivo, dedotto in via graduata rispetto ai precedenti, in quanto volto alla caducazione integrale di tutta la procedura di gara.
  2. Va invece respinto il quarto motivo di ricorso. Dalle note C. versate in atti del 29 aprile 2016 e 17 giugno 2016, oltre che dalla documentazione allegata dal C.N.S., emerge infatti che la verifica della documentazione richiesta al soggetto aggiudicatario ai sensi del disciplinare di gara è avvenuta regolarmente prima della stipula del contratto.

Nessuna evidenza di segno contrario è stata addotta dalla parte ricorrente a sostegno dei propri assunti.

  1. Venendo infine ai motivi aggiunti del 17.11.2016, occorre anzitutto evidenziare l’infondatezza della censura contenuta nel VII motivo aggiunto di ricorso, ove T. asserisce che, avendo “il C. … provveduto a dare esecuzione al decisum cautelare solamente in data 7.10. 2016, ben oltre il termine di trenta giorni indicato in ordinanza”, a quel tempo il C. “era decaduto dalla possibilità di procedere alla integrazione della motivazione concesso con l’ordinanza n. 275/2016”. Da qui la ricorrente vorrebbe dedurre che il nuovo provvedimento adottato dal C. realizzerebbe una “inammissibile integrazione della motivazione”.

La tesi è infondata. Essa postula un inedito carattere perentorio dei termini assegnati per ottemperare al decisum giurisdizionale, che contrasta con il noto principio dell’inesauribilità del potere amministrativo, esercitabile in ogni tempo da parte dell’Amministrazione.

Su analoga questione, questa sezione ha già avuto modo di affermare che il termine assegnato dall’ordinanza cautelare all’Amministrazione intimata per l’adozione di un provvedimento non è un termine perentorio, decorso il quale si determina la consumazione del potere amministrativo, non potendo un’ordinanza giurisdizionale disporre la consunzione di un potere assegnato dalla legge; il termine concesso individua, pertanto, solo lo spatium deliberandi assegnato dal giudice cautelare all’Amministrazione, decorso il quale il giudice potrebbe assumere nuove e diverse determinazioni in ordine al giudizio pendente e alla vicenda cautelare, su sollecitazione della parte interessata che deducesse la violazione dell’ordinanza cautelare mediante ricorso per esecuzione (T.A.R. Piemonte, sez. I, 24 ottobre 2013, n. 1100).

  1. Quanto alla lamentata carenza di motivazione in relazione alle ulteriori vicende segnalate in pendenza di giudizio dalla ricorrente alla stazione appaltante, come integranti fattispecie di grave errore professionale ex art. 38, lettera f), d.lgs. 163/2006, ma dalla stessa stazione appaltante non esaminate, occorre osservare quanto segue.

Le circostanze cui si fa riferimento sono state segnalate da T. alla stazione appaltante con le note del 17.8.2016 e 6.10.2016, quindi successivamente all’aggiudicazione definitiva e al radicamento del presente giudizio. Le stesse sono state dedotte nel presente giudizio con i motivi aggiunti depositati il 23.09.2016.

Dunque, essendo state segnalate solo dopo che l’iter procedimentale di svolgimento della gara si era concluso, tali circostanze non obbligavano la stazione appaltante a prenderle in considerazione, essendo già stata portata a compimento la fase procedimentale deputata alla verifica dei requisiti. L’unico margine di riattivazione del potere valutativo si è aperto per effetto della misura cautelare adottata da questo Tribunale con ordinanza n. 275 del 27.07.2016, la quale, tuttavia, ha riguardato solo talune limitate circostanze sulle quali l’amministrazione appaltante è stata chiA.ta a rideterminarsi, e tra di esse non erano incluse anche quelle indicate nelle note del 17.8.2016 e 6.10.2016.

Deve infine aggiungersi che le circostanze predette sono state introdotte nel giudizio in modo irrituale, per quanto si è esposto circa la tardività dei primi motivi aggiunti, sicché anche per tale ragione non sarebbe stato possibile ritenerle dotate di qualche rilevanza ai fini della presente decisione.

  1. In conclusione, il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti del 17.11.2016 devono essere accolti limitatamente al primo motivo di censura, nei limiti e per gli effetti sopra indicati. Vanno respinte le rimanenti censure, mentre devono essere dichiarati irricevibili per tardività i motivi aggiunti del 23.09.2016.
  2. La peculiarità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

– accoglie il ricorso principale, come integrato dai motivi aggiunti depositati il 17.11.2016, e per l’effetto annulla le determine n. 185 del 17.06.2016 e n. 324 del 26.10.2016 con le quali è stata dapprima disposta e successivamente confermata l’aggiudicazione della gara in favore di CNS;

– dichiara irricevibili i motivi aggiunti depositati il 23.09.2016;

– compensa tra le parti le spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nelle camere di consiglio dei giorni 25 gennaio 2017, 22 febbraio 2017, con l’intervento dei magistrati:

Domenico Giordano, Presidente

Roberta Ravasio, Consigliere

Giovanni Pescatore, Primo Referendario, Estensore

 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giovanni Pescatore Domenico Giordano

IL SEGRETARIO

irene picardi