Straordinaria e temporanea gestione dell’impresa: l’accantonamento degli utili va esteso anche alle consorziate

Commento alla sentenza del Consiglio di Stato, sez. III, n. 5563/2017

11 Dicembre 2017
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Nel caso in cui sia impossibile scindere i soggetti che costituiscono l’organizzazione del Consorzio da quest’ultimo, l’utile di impresa assoggettato all’art. 32, comma 7 d.l. 90/2014 deve essere costituito non solo dagli utili del Consorzio ma anche da quelli prodotti dalle singole consorziate

Con sette sentenze gemelle del 26 ottobre 2017 (n. 5563 e ss), la terza sezione del Consiglio di Stato ha chiarito l’ambito di applicazione del settimo comma dell’art. 32, d.l. 90/2014 (d.l. anticorruzione) che impone, nel periodo di applicazione della misura della straordinaria e temporanea gestione dell’impresa, il provvisorio accantonamento in apposito fondo dell’utile derivante dalla conclusione del contratto di appalto commissariato, fino all’esito del giudizio penale.

In particolare, la questione controversa era se la regola di cui al citato art. 32, comma 7 fosse estensibile o meno anche agli utili spettanti alle imprese che eseguono i lavori per conto del concessionario, con il quale sono consorziate.

Le pronunce si inscrivono nell’ambito della vicenda che aveva coinvolto il Consorzio Venezia Nuova (CVN), concessionario dei lavori per la realizzazione del MOSE di Venezia, nei confronti del quale la Prefettura di Roma aveva disposto nel 2014 l’applicazione della misura della straordinaria e temporanea gestione prevista dall’art. 32, comma 1, lett. b) del d.l. anticorruzione, con conseguente nomina degli amministratori straordinari e obbligo di accantonamento dell’utile d’impresa.
All’esito di una complessa istruttoria, tale ultima misura era stata estesa dall’autorità prefettizia anche alle imprese consorziate.

Avverso il provvedimento della prefettura di Roma, hanno proposto ricorso le imprese consorziate.
Il gravame è stato accolto dal Tar di Roma. In secondo grado, i giudici di Palazzo Spada hanno, invece, optato per il congelamento degli utili incassati dal CVN per l’esecuzione dei lavori ma destinati alle imprese consorziate che quei lavori avevano materialmente eseguito.

Il primo grado di giudizio

Valorizzando la natura del CVN come consorzio esterno, il Tar Lazio (sez. I ter, n. 12868/2017) ha ritenuto che l’accantonamento degli utili potesse essere disposto solo nei confronti del Consorzio sottoposto alla gestione straordinaria di cui all’art. 32 d.l. 90/ 2014, in quanto soggetto autonomo rispetto alle imprese che ne fanno parte.

In tal senso disporrebbe la disciplina del consorzio avente natura esterna che, nel qualificarlo come ente dotato di autonomia patrimoniale ai sensi degli artt. 2614 e 2615 c.c., delineerebbe in maniera chiara la separazione tra il consorzio e le imprese evidenziando come i rispettivi patrimoni rimangano distinti anche nei rapporti con i terzi e non possano essere considerati unitariamente.

L’unica possibilità per consentire l’accantonamento degli utili delle consorziate sarebbe, quindi, quella di estendere nei loro confronti la misura della straordinaria e temporanea gestione.

Le riflessioni del Consiglio di Stato

Il Supremo Consesso amministrativo, nel riformare le sentenze di primo grado, ha in via preliminare ricordato la ratio dell’art. 32 d.l. 90/2014: consentire il completamento dell’opera nell’esclusivo interesse dell’amministrazione concedente, mediante la gestione del contratto in regime di “legalità controllata”.

Attraverso la gestione commissariale si garantisce l’interesse pubblico alla completa esecuzione dell’opera appaltata e si neutralizza il rischio derivante dall’infiltrazione criminale nelle imprese, sterilizzando la gestione del contratto “oggetto del procedimento penale” dal pericolo di acquisizione delle utilità illecitamente captate in danno della pubblica amministrazione.

In altri termini, questa speciale forma di commissariamento riguarda soltanto il contratto (e la realizzazione dell’opera pubblica) e non la governance dell’impresa. Da qui la sua qualificazione da parte della stessa Anac nelle linee guida come misura ad contractum.

Il settimo comma dell’art. 32 d.l. 90/2014 affianca alla gestione controllata del contratto, una regola cautelare che completa il sistema di tutela dell’interesse pubblico, aggiungendo alla garanzia della realizzazione dell’opera attesa dalla collettività anche la salvaguardia del recupero “patrimoniale” che può conseguire dalla definizione dei procedimenti penali in relazione ai quali il commissariamento stesso è stato imposto.

Ciò al fine di scongiurare il paradossale effetto di far percepire, proprio attraverso il commissariamento che gestisce l’esecuzione del contratto, il profitto dell’attività criminosa.

Con particolare riferimento al caso esaminato, il Consiglio di Stato ha ritenuto di dover porre al centro dell’analisi la particolare natura giuridica dei rapporti contrattuali che legano la p.a. al concessionario e quest’ultimo alle imprese consorziate che eseguono in concreto la maggior parte dei lavori, in totale assenza di procedure di evidenza pubblica.

In primo luogo, la circostanza che il CVN, unico titolare della concessione, gestisca anche gli incassi e i relativi pagamenti alle imprese consorziate non consente di distinguere gli utili spettanti al consorzio e quelli di competenza delle imprese consorziate, con conseguente obbligo dei commissari di accantonare tutti gli utili che a qualsiasi titolo discendono dal contratto commissariato.

Una distinzione sarebbe possibile solo ove il commissariamento si riferisse all’ente commissariato e non all’oggetto della commessa pubblica.
Ma non pare possa dubitarsi che la gestione commissariale riguardi il contratto la cui esecuzione va completata mediante il ricorso a questa procedura di legalità controllata e giammai l’ente nel suo complesso.

Inoltre, il particolare rapporto concessorio che ricorre nel caso di specie non consentirebbe neppure di assoggettare alla misura di cui all’art. 32 d.l. 90/2014 le imprese consorziate poiché non hanno alcun rapporto con la pubblica amministrazione.
Infatti, l’applicazione dell’istituto di cui all’art. 32 presuppone la presenza di un’impresa aggiudicataria di un appalto o di un concessionario di lavori pubblici o di un contraente generale e solo a queste imprese può essere imposta la straordinaria e temporanea gestione limitatamente alla completa esecuzione del contratto di appalto o della concessione.

>> Consulta il testo integrale della sentenza del Consiglio di Stato, Sez.III, 5563/2017

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