Oneri di sicurezza aziendali, nuovo capitolo: in caso di omessa o incerta indicazione nell’offerta economica, il soccorso istruttorio è inammissibile e tale offerta va esclusa

Commento alla sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 7 febbraio 2018, n. 815

23 Febbraio 2018
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Alla stregua delle disposizioni del nuovo Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50/2016, in caso di mancata o incerta indicazione, da parte del concorrente ad una gara d’appalto, degli oneri di sicurezza aziendali nell’offerta economica, deve ritenersi inammissibile l’esperimento del soccorso istruttorio, con conseguente obbligo di esclusione dell’offerta che sia incorsa in tale vizio

Nuovo capitolo sulla annosa querelle attinente alle conseguenze della mancata indicazione degli oneri di sicurezza aziendali nella compilazione dell’offerta economica: stavolta, a breve distanza dalla pronuncia del TAR Bologna n. 43/2018 – che, come segnalato in precedenza su questa rivista (vedi articolo), aveva invece statuito la sanabilità di una eventuale omissione di questo adempimento di gara – è intervenuto il Consiglio di Stato, con la sentenza qui in commento, indicando una direzione diametralmente opposta a quella di recente espressa dai Giudici bolognesi.

Segnatamente, vale precisare che la vicenda sottoposta al vaglio del Supremo Consesso prende spunto dall’impugnazione della sentenza del TAR Lazio, Roma, sez. II bis, n. 7042/2017, che aveva affermato la sanabilità della eventuale omessa o incerta indicazione degli oneri di che trattasi nell’offerta economica, ritenendo così legittima la condotta posta in essere in tal senso dalla commissione di gara.

Orbene, riformando la pronuncia di primo grado del TAR Roma, il Consiglio di Stato ha invece stabilito che “(…) per il caso in esame, non trovano applicazione i principi di diritto formulati dalla sentenza dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato, 27 luglio 2016, n. 19 in tema di ammissibilità del soccorso istruttorio per il caso di mancata indicazione degli oneri per la sicurezza cc.dd. ‘interni o aziendali’ (che ha espressamente limitato la valenza del principio alle sole gare indette nella vigenza del decreto legislativo n. 163 del 2006, escludendone le precedenti). (…) è ormai definitivo che

per le gare indette all’indomani dell’entrata in vigore del nuovo Codice (come quella che qui viene in rilievo) non vi sono più i presupposti per ricorrere al soccorso istruttorio in caso di mancata indicazione degli oneri di cui all’articolo 95, comma 10. Ciò, in quanto il Codice ha definitivamente rimosso ogni possibile residua incertezza sulla sussistenza di tale obbligo;

– più in generale, il nuovo Codice non ammette comunque che il soccorso istruttorio possa essere utilizzato nel caso di incompletezze e irregolarità relative all’offerta economica (in tal senso – e in modo espresso – l’articolo 95, comma 10, cit.). L’esclusione è anche intesa ad evitare che il rimedio del soccorso istruttorio – istituto che corrisponde al rilievo non determinante di violazioni meramente formali – possa contrastare il generale principio della par condicio concorrenziale, consentendo in pratica a un concorrente (cui è riferita l’omissione) di modificare ex post il contenuto della propria offerta economica”.

Sicché l’aggiudicataria della gara, che nel caso di specie si era giovata dell’applicazione dell’art. 83, comma 9, del d.lgs. n. 50/2017, al contrario “(…) non avrebbe potuto essere ammessa al soccorso istruttorio a cagione dell’iniziale mancata indicazione degli oneri per la sicurezza cc.dd. ‘interni o aziendali’ e che avrebbe dovuto quindi essere esclusa dalla gara.

Si osserva al riguardo:

i) che l’obbligo di indicare in modo puntuale i richiamati oneri non solo emergeva dall’articolo 95, comma 10, ma – per di più – era stato espressamente ribadito in sede di lettera di invito. perciò, a parte che l’omissione riguardava il contenuto dell’offerta economica (e che ciò non poteva in principio consentire il ricorso al soccorso istruttorio), l’appellata non poteva comunque vantare un affidamento incolpevole o invocare l’incertezza del quadro normativo di riferimento al fine di giustificare l’inosservanza. Inoltre, quand’anche si ritenesse (con il primo giudice) che la lettera di invito non fosse sul punto del tutto chiara, è tuttavia indubitabile che l’obbligo emergesse con adeguata chiarezza dalla litera legis (…);

ii) che, nella propria offerta, (…) aveva inammissibilmente affermato che l’ammontare dei detti oneri era pari “[all’]un per cento del margine dell’offerta”. Ma in tal modo la concorrente aveva indebitamente ancorato la determinazione del quantum di tali oneri a un parametro incerto e fluttuante, rendendone così incerta la quantificazione. (…);

iii) che non può essere condivisa la tesi (…) secondo cui, anche dopo l’entrata in vigore del nuovo Codice, la mancata indicazione dei detti oneri non porterebbe senz’altro all’esclusione. Si osserva in contrario che, una volta accertato che tale obbligo di indicazione è chiaramente sancito dalla legge, la sua violazione determina conseguenze escludenti a prescindere dal dato che l’esclusione non sia stata testualmente enunciata dagli articoli 83 e 95 del Codice. E’ qui appena il caso di osservare che l’inadeguata indicazione degli oneri per la sicurezza cc.dd. ‘interni o aziendali’ non lede solo interessi di ordine dichiarativo o documentale, ma si pone ex se in contrasto con i doveri di salvaguardia dei diritti dei lavoratori cui presiedono le previsioni di legge, che impongono di approntare misure e risorse congrue per preservare la loro sicurezza e la loro salute. (…) Da quanto detto emerge che l’offerta (…) fosse irrimediabilmente viziata e avrebbe dovuto comportarne l’esclusione dalla procedura”.

Tanto chiarito, non può in ogni caso omettersi che la pronuncia in commento continua tuttavia ad alimentare profonde incertezze nell’applicazione delle norme di che trattasi, soprattutto nel quadro del nuovo Codice dei contratti pubblici – sebbene, come già evidenziato in passato, la stessa lettera di tali disposizioni così come principi ad esse sottesi paiono invero indicare, sul punto, proprio la direzione qui espressa dal Supremo Consesso.

In occasione del precedente commento alla differente indicazione espressa dal citato TAR Bologna n. 43/2018, non si è mancato infatti di ricordare gli arresti contrastanti che hanno interessato, anche di recente, la questione oggi in evidenza – ovverosia quelli che si attestano sulla posizione del Consiglio di Stato in esame (TAR Sicilia, Catania, sez. III, 31 luglio 2017, n. 1981; TAR Lazio, sez. I-bis, 15 giugno 2017, n. 7042; TAR Calabria, Reggio Calabria, 25 febbraio 2017, n. 166; TAR Campania, Salerno, sez. I, 6 luglio 2016, n. 1604; TAR Molise, Campobasso, sez. I, 9 dicembre 2016, n. 513) e quelli contrapposti che invece seguitano a ritenere sanabile il vizio in argomento nei termini esplicati dal menzionato TAR Bologna n. 43/2018 (TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 3 ottobre 2017, n. 4611; TAR Lazio, Roma, sez. II-ter, 20 luglio 2017, n. 8819; TAR Sicilia, Catania, sez. III, 12 dicembre 2016, n. 3217).

Nel rimanere sempre in attesa di una risoluzione finalmente definitiva del dibattito, anche alla luce della rimessione della questione alla Corte di Giustizia UE (v. TAR Basilicata, Potenza, sez. I, ordinanza n. 525 del 25 luglio 2017), in proposito tornano in mente taluni versi del grande drammaturgo Eduardo De Filippo, che in un suo celebre componimento sospirava “Io vulesse truva’ pace …”.

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Giuseppe Fabrizio Maiellaro