Sulla natura dei gravi illeciti professionali indicati dall’art. 80, comma 5, lett. c) del nuovo codice: elenco tassativo o esemplificativo?

Commento alla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 2 marzo 2018, n. 1299

19 Marzo 2018
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Il Supremo Consesso della Giustizia Amministrativa nel precedente in rassegna si interroga sulla natura delle ipotesi contenute nell’art. 80, comma 5, lett. c) D. Lgs. n. 50/2016 e, in particolare se esse siano tassative ovvero se esse possano giustificare l’esclusione soltanto nel caso in cui abbiano prodotto gli effetti specificamente previsti dalla norma.

Secondo il Consiglio di Stato, in particolare, la norma in questione andrebbe interpretata nei termini che seguono:

“- l’elencazione dei gravi illeciti professionali rilevanti contenuta nella lettera c) del comma 5 dell’art. 80 è meramente esemplificativa, per come è fatto palese sia dalla possibilità della stazione appaltante di fornirne la dimostrazione <<con mezzi adeguati>>, sia dall’incipit del secondo inciso (<<Tra questi (id est, gravi illeciti professionali) rientrano: […]>>) che precede l’elencazione;

– quest’ultima, oltre ad individuare, a titolo esemplificativo, gravi illeciti professionali rilevanti, ha anche lo scopo di alleggerire l’onere della stazione appaltante di fornirne la dimostrazione con <<mezzi adeguati>>;

– <<le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione>> rilevano <<[…] se anche singolarmente costituiscono un grave illecito professionale ovvero se sono sintomatici di persistenti carenze professionali>>, come specificato al punto 2.2.1.2 e delle linee guida ANAC n. 6 del 2016/2017 (di cui appresso); il successivo punto 2.2.1.3 delle stesse linee guida comprende nell’elencazione delle significative carenze rilevanti, tra le altre, il singolo inadempimento di una obbligazione contrattuale o l’adozione di comportamenti scorretti o il ritardo nell’adempimento;

– la sussistenza e la gravità dell’inadempimento o del ritardo ovvero del comportamento scorretto ai fini dell’esclusione dalla gara sono dimostrate, per tabulas, ed obbligano all’esclusione, ogniqualvolta essi abbiano prodotto gli effetti tipizzati dalla norma; con la precisazione –contenuta al punto 2.2.1.1 delle dette linee guida- che costituisce mezzo adeguato di dimostrazione (da valutarsi a cura della stazione appaltante, ma non automaticamente escludente) anche il provvedimento esecutivo di risoluzione o di risarcimento, prima che esso sia passato in giudicato”.

Essendo, dunque, l’elencazione contenuta nella norma meramente esemplificativa, residuano ad avviso del giudice amministrativo in capo alla stazione appaltante margini di valutazione discrezionale in ordine alla gravità di quelle inadempienze che, pur non immediatamente riconducibili a quelle tipizzate, siano tuttavia qualificabili come <<gravi illeciti professionali>> e siano perciò ostative alla partecipazione alla gara perché rendono dubbie l’integrità o l’affidabilità del concorrente.

Piuttosto, nell’eventualità di una sanzione espulsiva la stazione appaltante dovrà adeguatamente motivare in merito all’esercizio di siffatta discrezionalità, spiegando e documentando le ragioni per cui ha ritenuto grave l’illecito professionale nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto.

Va tuttavia precisato, sulla portata applicativa oggettiva della norma, che in giurisprudenza si sono registrati non pochi arresti sulla tematica, nel contesto dei quali è stato chiarito che quando, in relazione alle gravi carenze nell’esecuzione di un precedente contratto, con la stessa o con altra stazione appaltante, non si siano prodotti gli effetti giuridici della risoluzione anticipata “definitiva” (perché non contestata ovvero confermata in giudizio) o dell’applicazione di sanzioni (penali, risarcimento, incameramento della garanzia), sarebbe preclusa all’amministrazione ogni possibilità di valutazione sull’affidabilità del concorrente (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 27 aprile 2017 n. 1955; T.a.r. per la Sicilia, 3 novembre 2017, n. 2511; T.a.r. per la Puglia, sez. III, 18 luglio 2017, n. 828; T.a.r. per la Puglia, sez. I, 30 dicembre 2016, n. 1480; T.a.r. per la Puglia – Lecce, III, 22 dicembre 2016, n. 1935; T.a.r. per la Calabria, I, 19 dicembre 2016, n. 2522, nonché da ultimo T.a.r. per la Campania – Napoli, sez. V, 12 ottobre 2017, n. 4781 e T.a.r. Palermo, 17 novembre 2017, n. 2511).

Non sono mancati dubbi sulla compatibilità di tale linea ermeneutica con il diritto dell’Unione Europea e per tale ragione il TAR Campania, con ordinanza 13.12.2017, n. 5893 ha disposto un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’UE con il seguente quesito: <<se i principi comunitari di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, di cui al Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), ed i principi che ne derivano, come la parità di trattamento, la non discriminazione, la proporzionalità e la effettività, di cui alla direttiva n. 2014/24/UE, nonché la disposizione di cui all’art. 57 comma 4 lettere c) e g) di detta Direttiva, ostino all’applicazione di una normativa nazionale, quale quella italiana derivante dall’art. 80, comma 5, lettera c) del D. Lg.vo n. 50/2016, secondo la quale la contestazione in giudizio di significative carenze evidenziate nell’esecuzione di un pregresso appalto, che hanno condotto alla risoluzione anticipata di un precedente contratto di appalto, preclude ogni valutazione alla stazione appaltante circa l’affidabilità del concorrente, sino alla definitiva statuizione del giudizio civile, e senza che la ditta abbia dimostrato la adozione delle misure di self cleaning volte a porre rimedio alle violazioni e ad evitare la loro reiterazione>>.

Sebbene la questione interpretativa sia attualmente sub iudice, il Consiglio di Stato ha comunque chiarito che non appare incompatibile con il diritto europeo la scelta compiuta dal legislatore italiano che ha disciplinato l’esclusione per grave illecito professionale in termini di obbligatorietà ed ha costruito la figura come un genus (pressoché coincidente con la causa di esclusione individuata dall’art. 57, comma 4, lett. c), della direttiva) all’interno della quale è possibile collocare le diverse fattispecie, alcune delle quali sono esemplificate nello stesso art. 80, comma 5 (con inclusione nell’elenco di ipotesi che la direttiva ha considerato separatamente).

La scelta del codice dei contratti pubblici, prosegue il Supremo Consesso, oltre a non contrastare con la previsione dell’art. 57, comma 4, della direttiva (che, d’altronde, contempla ipotesi escludenti facoltative) è conforme ai principi desumibili dal considerando 101 della stessa direttiva.

Coerente con questa interpretazione è il punto VI (I criteri di valutazione dei gravi illeciti professionali) delle linee guida ANAC n. 6/2016, il quale, ai fini della valutazione dei gravi illeciti professionali a portata escludente da parte delle stazioni appaltanti, ribadisce la necessità del rispetto del principio del contraddittorio e del principio di proporzionalità e l’obbligo della motivazione adeguata e completa del provvedimento di esclusione.

Queste, conclude il Consiglio di Stato, sono anche le linee lungo le quali si deve muovere il controllo esterno dell’operato dell’amministrazione da parte del giudice amministrativo, il cui sindacato, pur non sostitutivo, è diretto alla verifica appunto della sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi di esclusione, così come valutati dalla stazione appaltante ed esplicitati nel provvedimento sub iudice.

Documenti collegati

Massima e testo integrale della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 2 marzo 2018, n. 1299

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