L’Ambiente di Condivisione dei Dati (ACDat) nei contratti pubblici. Definizione e profili giuridici

L’art. 23 comma 13 del Codice dei Contratti Pubblici nel prevedere l’uso dei metodi e strumenti elettronici specifici indica, come elemento caratterizzante dei medesimi, l’utilizzo di piattaforme interoperabili a mezzo di formati aperti non proprietari, al fine di non limitare la concorrenza tra i fornitori di tecnologie e il coinvolgimento di specifiche progettualità tra i progettisti

27 Settembre 2018
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L’art. 23 comma 13 del Codice dei Contratti Pubblici nel prevedere l’uso dei metodi e strumenti elettronici specifici indica, come elemento caratterizzante dei medesimi, l’utilizzo di piattaforme interoperabili a mezzo di formati aperti non proprietari, al fine di non limitare la concorrenza tra i fornitori di tecnologie e il coinvolgimento di specifiche progettualità tra i progettisti.

a cura di Andrea Versolato e Alessio Bertella

Con il citato comma il legislatore, – precisando che i formati debbano essere aperti e non proprietari – fornisce una chiara indicazione in merito alle modalità da adottarsi per ottenere una reale interoperabilità, non provvedendo tuttavia a dare una definizione di “piattaforma interoperabile”.

Tale lacuna non è colmata neppure dal DM 560 del 2017, di attuazione del citato articolo.

L’articolo 2 del succitato Decreto si limita ad introdurre la definizione, peraltro inedita per l’ordinamento italiano, di Ambiente di Condivisione dei Dati.

L’“Ambiente di Condivisione dei Dati”, ai sensi di quanto disposto dall’art. 2 del decreto de quo, è definito come: “un ambiente digitale di raccolta organizzata e condivisione di dati relativi ad un’opera e strutturati in in-formazioni relative a modelli ed elaborati digitali prevalentemente riconducibili ad essi, basato su un’infrastruttura informatica la cui condivisione è regolata da precisi sistemi di sicurezza per l’accesso, di tracciabilità e successione storica delle variazioni apportate ai contenuti informativi, di conservazione nel tempo e relativa accessibilità del patrimonio informativo contenuto, di definizione delle responsabilità nell’elaborazione dei contenuti informativi e di tutela della proprietà intellettuale” .

Come tra l’atro emerge sin dalla “Relazione di accompagnamento alla consultazione pubblica per il decreto 560 del 2017”, l’ACDat rappresenta un ecosistema digitale in cui i dati strutturati principalmente attraverso il modello informativo sono, qualora possibile, prodotti, raccolti e condivisi in base a criteri contrattuali, a principî giuridici sulla tutela della proprietà intellettuale e a dispositivi di protezione della sicurezza dei dati. Proprio per queste sue peculiarità associate alla possibilità di raggiungere una piena trasparenza e tracciabilità delle azioni e delle transazioni, questione di grande rilevanza per le amministrazioni pubbliche – come nel prosieguo si cercherà di evidenziare – sarà decidere sotto il profilo contrattuale, se dotarsi di un proprio ACDat o esternarizzarlo delegandone la scelta alle controparti. Continua a leggere….

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