Decreto Genova: audizione del Presidente Anac Raffaele Cantone

Audizione del Presidente dell’Anac sull’esame del decreto-legge n. 109/2018 “Disposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze (C. 1209 Governo)”. Commissioni congiunte VIII^ Ambiente, territorio e lavori pubblici e IX^ Trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera dei deputati

10 Ottobre 2018
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Audizione del Presidente dell’Anac sull’esame del decreto-legge n. 109/2018 “Disposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze (C. 1209 Governo)”.

Commissioni congiunte VIII^ Ambiente, territorio e lavori pubblici e IX^ Trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera dei deputati

10 ottobre 2018 – ore 8.30

Sigg. Presidenti,

ringrazio per aver richiesto la mia audizione e aver dato all’Autorità che ho l’onore di presiedere la possibilità di esprimere la propria opinione su un tema, in questo momento, centrale per la vita del Paese.
Prima di entrare nel merito del provvedimento, ritengo opportuno fare una brevissima premessa. In più occasioni, vigente ancora il Codice degli appalti del 2006, avevo espresso forti critiche sulle deroghe che erano state via via introdotte, poiché in tal modo si era creato un “diritto speciale” per singole opere pubbliche, con evidente n contrasto con i principi di uguaglianza e parità di trattamento.

Con l’entrata in vigore del Codice del 2016 in molti, me compreso, avevamo sperato in un superamento definitivo della stagione delle deroghe. Invece sono passati poco più di due anni e si è nuovamente fatto ricorso a tale metodo.

Uno degli effetti più pericolosi di siffatta “abitudine”, ripetutamente segnalato in numerose audizioni, è la creazione del precedente, poiché – una volta concessa una deroga – diventa possibile concederla anche per un’altra opera. L’eccezione, così, si presta a diventare la regola, trasformando una piccola crepa nella diga in una vera e propria falla.

Non è il caso qui di ricordare, ad esperti che fanno parte di una Commissione che si occupa della materia, quante deroghe siano già state consentite.
Tuttavia la contrarietà di principio alle deroghe non sarà assolutamente un argomento al quale farò riferimento.
Quello che è accaduto a Genova è una tragedia di proporzioni enormi e lo Stato non può certamente stare a guardare, ma deve utilizzare qualunque strumento affinché il Ponte sia ricostruito al più presto ed al meglio. È un dovere verso la Città ma anche verso le vittime.

E qui pongo la mia prima considerazione, che non è affatto un artificio retorico. Condivido pienamente lo spirito del provvedimento governativo; era necessario ed indispensabile utilizzare procedure extra ordinem e nominare un Commissario straordinario.

Strettamente collegata a questa considerazione ve ne è un’altra, che deriva anche dall’esperienza di ormai quasi cinque anni al vertice dell’Autorità che si occupa della vigilanza sul sistema degli appalti pubblici.
È convinzione, non solo mia, che il modo migliore per far sì che un appalto sia espletato in tempi rapidi, e che soprattutto i lavori vengano eseguiti in modo egualmente spedito ma anche a regola d’arte, è che la stazione appaltante abbia un quadro di regole chiaro e certo.
Non ritengo sia necessario ricordare quanto il contenzioso incida sui tempi di espletamento delle opere pubbliche, soprattutto quando mettono in campo ingentissime risorse.

Quella di cui ci occupiamo, tuttavia, è certamente una delle più grandi commesse dell’ultimo periodo.
L’esigenza di avere un quadro di regole certe è già stata evidenziata, molto opportunamente, dal Commissario nominato dal Governo, al quale non solo faccio i migliori e sinceri auguri, convinto che sia la persona più adatta per portare a termine l’impresa, ma al quale assicuro tutta la collaborazione dell’Autorità di cui potrebbe avere bisogno.

E allora, proprio nell’obiettivo di garantire al Commissario regole certe, in puro spirito di collaborazione istituzionale, ritenendo prioritario l’obiettivo della ricostruzione del Ponte, mi spetta il compito, non piacevole ma doveroso, di sollevare qualche dubbio e perplessità sull’impianto del decreto.
Concentrerò la mia attenzione solo su due norme, rappresentando che l’estrema delicatezza dei problemi che ho rilevato mi ha indotto a consultare esperti, soprattutto di legislazione comunitaria, con cui verificare se i miei dubbi meritassero di essere sottoposti alla Vostra attenzione.
Le due norme cui mi riferisco sono il comma 5 ed il comma 7 dell’art. 1; ho alcune perplessità in verità anche sul comma 6, ma per profili che riguardano non aspetti di competenza dell’Autorità, quindi non mi soffermerò su di esse.
Dal combinato disposto dei due commi emerge chiaro l’intendimento del Governo.
Il Commissario opera “in deroga ad ogni disposizione di legge extrapenale salvo il rispetto dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea”; affida la realizzazione delle attività concernenti il ripristino del sistema viario ai sensi dell’art. 32 della direttiva n. 24/2014, con esclusione assoluta di quegli operatori che hanno partecipazioni, dirette o indirette, in società concessionarie di strade a pedaggio, ovvero che siano controllati, o comunque collegati, con queste ultime, e ciò “anche al fine di evitare un indebito vantaggio competitivo nel sistema delle concessioni autostradali”.

A parte una possibile discrasia fra gli oggetti delle attività di cui ai commi 5 e 7 (l’affidamento del comma 7 riguarda il ripristino del sistema viario e le attività propedeutiche e connesse, mentre quelle su cui operano le deroghe del comma 5 riguardano la demolizione, la rimozione, il conferimento in discarica dei materiali di risulta e la progettazione) l’impostazione del provvedimento è chiara.
Con una disposizione che credo sia senza precedenti (la deroga a tutte le norme dell’ordinamento italiano, ad esclusione di quelle penali) si intende consentire al Commissario di muoversi con assoluta e totale libertà, imponendogli solo i principi inderogabili dell’Unione europea ed ovviamente i principi costituzionali.

La deroga, per quanto amplissima, ovviamente non preclude la possibilità, garantita costituzionalmente, di adire la giurisdizione per un qualunque aspetto connesso alle attività da compiersi da parte di chiunque possa averne interesse.

E qui pongo il primo dei problemi: a quali regole dovrà rifarsi il Commissario nelle sue attività che non riguardano, è bene evidenziarlo, solo l’affidamento di un’opera ma molte altre, in primis, ad esempio, il conferimento in discarica dei materiali di risulta?
In cosa consistono, in particolare, “i vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione”?
Sicuramente vi rientrano le regole generali contenute nel Trattato ma io credo – e sul punto ho ricevuto conforto da più studiosi – sia il caso anche delle direttive, che contengono norme inderogabili.

È noto che con l’entrata in vigore dell’art. 117 della Costituzione, così come modificato dalla riforma del titolo V del 2001, le norme comunitarie sono entrate a far parte del nostro ordinamento, fra l’altro con un grado di maggior forza rispetto alle norme di legge ordinaria.
Una norma di legge, ad esempio, non potrebbe, pena la sua incostituzionalità attraverso “il parametro interposto” dell’art. 117 Cost., derogare ad una norma contenuta in un regolamento o in una direttiva comunitaria, per cui il decreto legge all’esame del Parlamento non potrebbe certo stabilire la non applicabilità delle direttive.

È un principio che riporto, pur sapendo essere a voi noto, che peraltro è stato ribadito di recente da un’importante sentenza della Corte Costituzionale, la sentenza cd. Taricco, che ha stabilito che le norme comunitarie trovano l’unico limite nei principi costituzionali.
Ed allora, se nel caso in esame sono applicabili (e lo sono) le direttive comunitarie, stiamo affidando al Commissario una disciplina alquanto complessa, non solo sugli appalti ma anche sui rifiuti.  Egli sarà difatti tenuto ad applicare quelle norme senza alcuna mediazione della normativa nazionale, oggetto dalla summenzionata deroga prevista dal comma 5.

Non si rischia in questo modo di moltiplicare il contenzioso proprio perché il quadro normativo si caratterizzerà per estrema incertezza?

Il secondo aspetto che intendo sottoporre alla Vostra valutazione riguarda il comma 7, relativo ai criteri per l’affidamento della commessa.

La norma stabilisce che il Commissario “affida, ai sensi dell’art. 32 della direttiva 2014/24/UE, la realizzazione delle attività”.
Indirettamente la disposizione conferma (e non potrebbe essere altrimenti) che la direttiva appalti è applicabile nel caso in esame, ma pone non pochi problemi sulla sua interpretazione, che credo sia opportuno sottoporvi.
Il richiamo all’art. 32 della direttiva va inteso evidentemente come un rinvio ai criteri ivi stabiliti.
Senza ripetere in questa sede il testo della norma, è evidente che il caso che si attaglia all’opera di cui ci occupiamo rientra nella fattispecie prevista dal comma 2 lett. c, che consente l’utilizzo della speciale procedura negoziata senza bando (e quindi anche un affidamento diretto) “per ragioni di estrema urgenza”.
Date per acclarate le ragioni di urgenza, la direttiva però prevede che l’affidamento in tal caso possa avvenire soltanto “nella misura strettamente necessaria”. Il che significa che il commissario, con una sua valutazione discrezionale, dovrà verificare quali e quanti appalti possano essere fatti rientrare sotto tale definizione.
Ed inoltre: quali saranno le regole applicabili per gli eventuali affidamenti che dovranno a loro volta essere in seguito espletati dall’aggiudicatario della gara?
Poiché è molto difficile ritenere che l’intera opera possa essere portata a termine dal soggetto affidatario, come andrà egli qualificato ai fini delle ulteriori attività da assegnare a terzi? Sarà una sorta di contraente generale tenuto a ricorrere a procedure d’appalto o potrà affidare i lavori in subappalto?
Ulteriori criticità relative al comma 7 riguardano le esclusioni.

Sono d’accordo sul punto con quanto già evidenziato dall’Antitrust, ovvero che l’esclusione di soggetti diversi dall’attuale concessionario, generalizzate a tutti i concessionari di strade a pedaggio o che abbiano partecipazioni in esse o che siano da esse controllate, appare di dubbia legittimità, perché in contrasto con i principi di proporzionalità, concorrenza nonché con le indicazioni contenute nella più volte richiamata direttiva 2014/24/UE, che prevede cause di esclusione tassative.

La stessa precisazione, contenuta nel medesimo comma 7, appare poco comprensibile: “evitare un indebito vantaggio” che cosa significa? Quale sarebbe il vantaggio competitivo di un operatore che ha una partecipazione anche minima in una concessionaria di strade a pedaggio? E quale sarebbe il vantaggio competitivo di altri operatori, diversi dall’attuale concessionario?

Infine, e non per ordine di importanza, vorrei segnalare una lacuna che, sono certo, è semplicemente frutto di una disattenzione, conoscendo la sensibilità di Parlamento e Governo in materia: la deroga a tutte le norme extrapenali comporta anche la deroga al Codice antimafia e alla relativa disciplina sulle interdittive.
Non ritengo di dover sottolineare i rischi insiti in tale omissione, soprattutto perché vi sono molte attività connesse alla ricostruzione (dal movimento terra allo smaltimento dei rifiuti, ad esempio) in cui le imprese mafiose detengono purtroppo un indiscutibile know how.
La Liguria è terra ovviamente non di mafia ma in cui purtroppo le organizzazioni criminali stanno cercando di infiltrarsi. Una barriera altissima contro questo rischio va dunque necessariamente prevista e sono certo sarà introdotta.

Concludo ribadendo quanto già affermato in precedenza. L’obiettivo dei rilievi rappresentati è di porre in anticipo alcuni dei problemi che potrebbero manifestarsi e questa può essere la sede per intervenire per tempo, in modo da “sminare” il campo da possibili criticità che il Commissario rischia di dover affrontare, senza peraltro avere il supporto di un impianto normativo in grado di fungere da rete di protezione.

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Intervista a Raffaele Cantone, Presidente ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione)

Redazione