Affidamento di servizi “ad alta intensità di manodopera” e “con caratteristiche standardizzate”: per la Plenaria prevale sempre il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa su quello del minor prezzo

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 23 maggio 2018, n. 8

3 Giugno 2019
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In caso di servizi “ad alta intensità di manodopera” e “con caratteristiche standardizzate”, il conflitto (apparente) di norme posto dall’art. 95, commi 3 e 4 deve essere risolto a favore del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 23 maggio 2018, n. 8

Con la sentenza in commento, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha di recente risolto il contrasto giurisprudenziale relativo al criterio di aggiudicazione applicabile in gara nel caso in cui i servizi da affidare siano, contemporaneamente, ad alta intensità di manodopera e caratterizzati da prestazioni standardizzate, affermando la prevalenza del meccanismo dell’offerta economicamente più vantaggiosa su quello del minor prezzo.

L’origine della questione

Come ricordato dalla Plenaria, la questione interpretativa sottoposta alla sua attenzione trae origine dalla complessa formulazione dell’art. 95, d.lgs. 50 del 2016, che, in ipotesi come quella in esame, sembra porre un conflitto di disposizioni, derivante dal diverso criterio di aggiudicazione previsto, rispettivamente, per i servizi “ad alta intensità di manodopera” e per quelli “con caratteristiche standardizzate”.

Nel primo caso, la norma impone infatti il ricorso obbligatorio al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo (art. 95, comma 3); nel secondo, si riconosce, invece, alle stazioni appaltanti la facoltà (e non l’obbligo) di utilizzare quello del minor prezzo (art. 95, comma 4), fermo restando l’onere di un’adeguata motivazione sul punto (art. 95, comma 5).

La giurisprudenza amministrativa, chiamata ad individuare la regola prevalente qualora l’appalto rientri in entrambe le categorie, non ha fornito risposte univoche, dividendosi fra chi ritiene che in presenza di servizi ad alta intensità di manodopera scatti sempre l’obbligo speciale di adozione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, a prescindere dalla ripetitività o meno delle attività  in esso ricomprese[1]; e chi attribuisce al criterio del minor prezzo una valenza derogatoria, laddove i servizi siano da ritenersi, al contempo, ad alta intensità di manodopera e standardizzati[2].

La posizione della Plenaria

Muovendo dalla considerazione che la normativa nazionale ed europea sugli appalti pubblici contiene una generale preferenza per i criteri di selezione che abbiano riguardo non solo all’elemento prezzo, ma anche ad aspetti di carattere qualitativo delle offerte, l’Adunanza Plenaria giunge ad affermare che “gli appalti di servizi ad alta intensità di manodopera ai sensi degli artt. 50, comma 1, e 95, comma 3, lett. a), del codice dei contratti pubblici sono comunque aggiudicati con il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo, quand’anche gli stessi abbiano anche caratteristiche standardizzate ai sensi del comma 4, lett. b), del medesimo codice”.

Ricostruendo il percorso argomentativo della sentenza, tale prevalenza è desumibile, anzitutto, dallo stesso art. 95 d.lgs. 50 del 2016 che, in conformità ai principi e ai criteri direttivi contenuti nella legge delega per il recepimento delle direttive europee sugli appalti pubblici del 2014[3], individua al secondo comma ben due criteri di aggiudicazione in cui assumono rilievo aspetti di carattere qualitativo, vale a dire il “miglior rapporto qualità/prezzo”  e il criterio con a base il “costo” dell’opera, del bene o del servizio acquisito “seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia quale il costo del ciclo di vita”, che costituiscono la regola generale di selezione delle offerte. Al terzo comma, il criterio del miglior rapporto qualità/prezzo diventa invece obbligatorio per le tipologie di servizi ivi elencati, mentre quello del minor prezzo costituisce mera facoltà, accompagnata peraltro da un onere di motivazione, per le ipotesi previste dal successivo quarto comma.

La scelta legislativa ora esaminata costituisce attuazione di quanto previsto a livello europeo dalla direttiva 2014/24/UE, dalle cui disposizioni emerge chiaramente l’obiettivo di favorire l’utilizzo di criteri di aggiudicazione non orientati in via esclusiva a far conseguire all’amministrazione risparmi di spesa, e quindi non basati sul solo elemento prezzo, ma idonei a selezionare le offerte anche sul piano qualitativo, consentendo ai legislatori nazionali di prevedere nella normativa interna di recepimento limitazioni all’utilizzo del criterio del minor prezzo[4].

Tale previsione risulta, a sua volta, coerente con gli indirizzi di politica generale delle istituzioni sovranazionali per il perseguimento di una crescita inclusiva e intelligente, finalizzata a promuovere la coesione economica, sociale e territoriale, in funzione di un miglioramento tecnologico, di un più efficiente utilizzo delle risorse energetiche e della tutela delle condizioni di lavoro nelle imprese[5]. In questo quadro, è stato quindi incoraggiato, nel settore dei contratti pubblici, l’utilizzo di criteri di aggiudicazione diversi da quello del prezzo più basso, che consentono di tenere conto degli aspetti qualitativi, ambientali e sociali delle offerte.

Rispetto alla tutela delle condizioni economiche e di sicurezza sul lavoro, oggetto specifico della questione rimessa alla Plenaria e di particolare rilevanza nell’ambito dei servizi ad alta intensità di manodopera, il ricorso a tali meccanismi di valutazione è motivato dall’esigenza di evitare il rischio di ribassi eccessivi dovuti alla compressione dei costi legati alle condizioni di lavoro. Un’esigenza, questa, espressa anche a livello costituzionale dal principio secondo cui l’iniziativa economica non può svolgersi in contrasto “con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” (art. 41, Cost.).

Alla luce dell’analisi svolta finora, il concorso (apparente) di norme posto dai commi 3 e 4 dell’art. 95 nelle ipotesi in cui l’appalto sia contemporaneamente ad alta intensità di manodopera e caratterizzato da attività ripetitive, deve essere dunque risolto a favore del primo, con conseguente prevalenza del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Il rapporto fra tali disposizioni può, infatti, essere riscostruito in termini di specie a genere, nel senso che l’esclusivo utilizzo del criterio da ultimo citato (comma 3) assume carattere speciale e derogatorio rispetto alla regola ordinaria che qualifica tale meccanismo come preferibile, ma non obbligatorio; mentre la possibilità di ricorrere a quello del  prezzo più basso (comma 4) ne segna il ritorno, riaffermando la facoltà di scelta dell’amministrazione nella selezione del criterio di aggiudicazione e non potendo derogare all’obbligo, di per sé già derogatorio, previsto dal terzo comma dell’art. 95.

Al contrario, una diversa lettura della norma finirebbe per attribuire al comma 4 dell’art. 95 un improprio carattere di specialità rispetto al comma precedente e una portata eccedente i suoi limiti oggettivi, impedendo l’applicazione della regola dell’offerta economicamente più vantaggiosa per i servizi ad alta intensità di manodopera con caratteristiche standardizzate, con conseguente sacrificio degli obiettivi di tutela del lavoro in favore della soddisfazione di ragioni di natura tecnica.

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[1] Cfr. T.A.R. per la Lombardia (Milano), sez. IV, n. 1872 del 2018; Cons. di Stato, sez. III, n. 2014 del 2017; sez. V, n. 4945 del 2018.

[2] Cfr. Cons. di Stato, sez. III, n. 1609 del 2018.

[3] Art. 1, comma 1, lett. ff) e lett. gg) della legge delega 28 gennaio 2016, n. 11.

[4] Cfr. Art. 67 della direttiva 2014/24/UE, ma anche i considerando 90, 92 e 93.

[5] Il riferimento è, in particolare, alla strategia di “Europa 2020”, di cui alla comunicazione COM/2010/2020 del 3 marzo 2010 della Commissione europea; alla risoluzione 2011/2048(INI) sulla modernizzazione degli appalti pubblici, adottata dal Parlamento europeo il 25 ottobre 2011 e prodromica all’approvazione delle direttive del 2014; alla risoluzione 2017/2278(INI) adottata sempre dal Parlamento europeo il 4 ottobre 2018.