Subappalto e avvalimento: in caso di subappalto all’impresa ausiliaria non si applica il limite percentuale ex art. 105 del Codice dei contratti pubblici – limite oggi peraltro superato dalle recenti sentenze della Corte di Giustizia UE – ma solo quello dei requisiti prestati ex art. 89, comma 8, del Codice stesso

Commento al Consiglio di Stato, sez. V, del 16 gennaio 2020, n. 389

7 Febbraio 2020
Scarica PDF Stampa
Modifica zoom
100%

Commento al Consiglio di Stato, sez. V, del 16 gennaio 2020, n. 389

In caso di subappalto delle prestazioni oggetto di avvalimento all’impresa ausiliaria, non opera il limite percentuale stabilito ex art. 105 del Codice dei contratti pubblici (allo stato attuale fissato nella misura massima del 40% fino al 31 dicembre 2020, come previsto dall’art. 1, commi 1, lett. v), e 18, del D.L. 18 aprile 2019, n. 32, conv. con mod. dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, e in particolare dall’art. 1, comma 18, di tale legge – cd. “Decreto Sblocca Cantieri”), bensì solo quello dei requisiti prestati ex art. 89, comma 8, del Codice stesso. In tali circostanze, dunque, il suddetto limite di subappalto – che oggi deve peraltro ritenersi superato dalle recenti pronunce rese in materia dalla Corte di Giustizia UE in data 26 settembre 2019 (C-63/18) e 27 novembre 2019 (C-402/18) – potrà essere travalicato, fermo il rispetto del (diverso) limite dei requisiti posseduti dalla impresa ausiliaria fatti oggetto di avvalimento e occorrenti per l’esecuzione in subappalto delle relative attività. 

Una recente pronuncia del Consiglio di Stato è intervenuta a gettar luce su di un profilo assai rilevante e di stretta attualità nella materia degli affidamenti pubblici, ovverosia il limite di subappalto determinato ai sensi dell’art. 105, comma 2, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e s.m.i., recante il Codice dei contratti pubblici, come da ultimo modificato e integrato ad opera dell’art. 1, comma 1, lett. v), del D.L. 18 aprile 2019, n. 32, conv. con mod. dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, e in particolare dall’art. 1, comma 18, di tale legge – cd. “Decreto Sblocca Cantieri”.

Segnatamente, nel dirimere una controversia insorta nell’ambito di una procedura aperta indetta da un Comune per l’affidamento di servizi di refezione scolastica, i Giudici di Palazzo Spada sono stati chiamati a indagare e perimetrare quella terra di confine assai sensibile esistente tra gli istituti del subappalto e dell’avvalimento, con particolare riguardo ai casi di intersezione dei due istituti previsti dal Codice e ai margini di applicabilità, in siffatte peculiari circostanze, dei limiti imposti dal legislatore interno all’operatività del subappalto.

Nella fattispecie scrutinata, l’aggiudicazione della gara era stata impugnata innanzi al TAR Piemonte censurando, tra l’altro, una asserita violazione dell’art. 105, comma 2, del Codice, avendo l’impresa aggiudicataria dichiarato di subappaltare le prestazioni oggetto di avvalimento alla impresa ausiliaria, in una misura percentuale superiore a quella massima consentita dal citato art. 105, comma 2, del Codice (dapprima fissata al 30% e, a seguito dell’entrata n vigore del citato Decreto Sblocca Cantieri e fino alla data del 31 dicembre 2020, oggi stabilita al 40%).

Con sentenza n. 459/2019 il Giudice di primo grado aveva respinto il ricorso promosso avverso la suddetta aggiudicazione, confermando la legittimità degli atti e delle determinazioni di gara.

Siffatta pronuncia è stata poi appellata innanzi al Consiglio di Stato, il quale con la sentenza in oggetto, nel confermare la statuizione del TAR Piemonte, in relazione agli specifici rilievi mossi dall’appellante avverso la presunta violazione dei limiti del subappalto, ha reso tra l’altro le indicazioni di seguito riportate.

“Deve escludersi poi che nel caso di specie si sia in presenza di una fattispecie di cessione del contratto d’appalto o di un subappalto totalitario delle attività previste nel contratto di avvalimento.

Nessuna violazione dell’art. 89, comma 8, del codice dei contratti pubblici è ravvisabile per il fatto che all’ausiliaria sia affidata una quota preponderante delle attività oggetto dell’appalto e finanche di quelle principali, mentre al concorrente residui la sola direzione e coordinamento di tali attività. Nel prevedere che in caso di avvalimento l’appalto «è in ogni caso eseguito dall’impresa che partecipa alla gara, alla quale è rilasciato il certificato di esecuzione, e l’impresa ausiliaria può assumere il ruolo di subappaltatore nei limiti dei requisiti prestati», la richiamata disposizione del codice dei contratti pubblici ha inteso affermare la regola secondo cui l’unico responsabile dal punto di vista giuridico dell’esecuzione del contratto è il concorrente aggiudicatario e che le prestazioni in concreto svolte dall’ausiliaria sono comunque riconducibili all’organizzazione da esso predisposta per l’adempimento degli obblighi assunti nei confronti della stazione appaltante (Cons. Stato, sez. V, 16 marzo 2018, n. 1698).

Non è pertinente al riguardo neppure il richiamo all’istituto del subappalto previsto dall’art. 105 del codice dei contratti pubblici ed ai limiti ad esso relativi (30% per cento «dell’importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture», secondo la formulazione del comma 2 della disposizione richiamata applicabile ratione temporis, che peraltro deve ritenersi superato per effetto delle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea del 26 settembre 2019 (C-63/18) e 27 novembre 2019 (C-402/18). Il subappalto dà infatti luogo ad un contratto derivato, rilevante nella fase di esecuzione del rapporto, contraddistinto dal fatto che il rischio imprenditoriale ed economico inerente all’esecuzione delle prestazioni in esso previste è assunto dal subappaltatore attraverso la propria organizzazione, mentre il subappaltante rimane responsabile nei confronti dell’amministrazione aggiudicatrice, ai sensi di quanto previsto dall’art. 105, comma 8, d.lgs. n. 50 del 2016 (in termini, in relazione alla previgente disciplinare di cui al codice dei contratti pubblici approvato con decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, cfr. Cons. Stato, V, 25 febbraio 2015, n. 936, 16 aprile 2013, n. 2105, 26 marzo 2012, n. 1726).

Il riferimento contenuto invece nell’art. 89, comma 8, del codice dei contratti pubblici all’istituto del subappalto, relativamente alle prestazioni eseguite materialmente dall’ausiliario, è oggetto di una facoltà («l’impresa ausiliaria può assumere il ruolo di subappaltatore»), destinata anch’essa ad operare nella fase di esecuzione del contratto e la cui concretizzazione postula l’assenso dell’amministrazione. Per questa ipotesi non è comunque previsto un limite quantitativo come nel caso del subappalto vero e proprio, ai sensi del sopra richiamato art. 105, comma 2, d.lgs n. 50 del 2016, ma è richiesto il solo rispetto del limite «dei requisiti prestati» dall’ausiliario. Ciò in coerenza con la finalità tipica dell’avvalimento, di utilizzo delle capacità tecniche ed economiche di terzi necessarie per qualificarsi nelle procedure di affidamento di contratti pubblici, ed affinché all’impresa ausiliaria non siano in concreto affidate prestazioni eccedenti la propria capacità tecnica.

Si tratta di una diversità di disciplina per i profili di interesse nel presente giudizio che impedisce di operare una commistione tra i due istituti, così che le censure vanno respinte (Cons. Stato, sez. V, 17 dicembre 2019, n. 8535)”.

In buona sostanza, il Consiglio di Stato ha chiarito l’inapplicabilità del limite percentuale stabilito dal legislatore ai sensi dell’art. 105, comma 2, del Codice in caso di subappalto delle prestazioni oggetto di avvalimento alla impresa ausiliaria, giacché in tale peculiare circostanza il limite da osservare è quello – differente – contemplato dall’art. 89, comma 8, del Codice medesimo, alla cui stregua “(…) l’impresa ausiliaria può assumere il ruolo di subappaltatore nei limiti dei requisiti prestati”. In questi termini sono state perciò fornite indicazioni di assoluto rilievo, altresì sotto il profilo operativo, in ordine al combinato disposto dei menzionati artt. 105, comma 2, e 89, comma 8, del Codice.

Con l’occasione, il Supremo Consesso ha peraltro offerto, seppure per mezzo di un obiter dictum, una lettura importante e significativa sulle ultime vicende normative e giurisprudenziali che hanno interessato il subappalto, e segnatamente in merito ai limiti quantitativi da sempre imposti dal legislatore italiano, che come noto sono stati messi sotto la lente d’ingrandimento della Commissione europea con la lettera di messa in mora del 24 gennaio 2019 e poi scrutinati dalla Corte di Giustizia UE con le sentenze del 26 settembre 2019 (C-63/18) e del 27 novembre 2019 (C-402/18), sancendone l’incompatibilità con i principi e le norme eurounitarie.

Orbene, con il riportato inciso la sentenza qui in esame ha espressamente confermato l’indirizzo tracciato dalle Istituzioni e dai Giudici europei, rilevando che in ogni caso le indicazioni normative oggi vigenti – quantunque riformate l’anno scorso nel tentativo (a questo punto potrebbe dirsi insufficiente) di andare incontro ai rilievi mossi in sede sovranazionale – non possono che ritenersi all’attualità superate e inapplicabili, proprio alla stregua delle succitate statuizioni della Corte di Giustizia del 2019.

In tal senso, peraltro, sarà interessante conoscere gli eventuali sviluppi di quell’obiter dictum, magari con l’ausilio di pronunce rese in modo più specifico e analitico sul punto, anche alla luce del recente orientamento espresso in proposito dal TAR Puglia (Lecce, sez. I, 5 dicembre 2019, n. 1938), il quale ha anch’esso escluso che possa ritenersi ancora applicabile al subappalto, a priori, il limite massimo del 30% (come detto, allo stato pari al 40% fino al 31 dicembre 2020) stabilito dal legislatore italiano, ma ha altresì precisato che deve essere comunque valutato in concreto se il ricorso al subappalto violi effettivamente i principi di trasparenza, concorrenza e proporzionalità.

Come già precedentemente rilevato in questa rivista da altri autori, con siffatta decisione infatti “(…) i giudici pugliesi sembrano quindi reinserire in maniera indiretta proprio quella restrizione quantitativa al ricorso al subappalto condannata dalla Corte di Giustizia, considerando il subaffidamento illegittimo per il solo fatto di aver superato una determinata soglia. Inoltre, i principi affermati rischiano di attribuire alla discrezionalità delle stazioni appaltanti e dei giudici amministrativi l’individuazione, in una fase successiva allo svolgimento della procedura di aggiudicazione, delle stesse regole di gara. Se è vero che la Corte di Giustizia riconosce alle amministrazioni aggiudicatrici ampio spazio di valutazione anche nella fissazione di eventuali limiti al subappalto, tenuto conto della natura del contratto e del settore economico interessato, tale potere deve concretizzarsi in una valutazione ex ante dell’appalto, al fine di definire già all’interno del bando la legge di gara[1].

Anche in ragione di quanto sopra, è auspicabile dunque l’avvento di ulteriori pronunce più specifiche e calibrate sotto tali profili, per poter valutare la effettiva consistenza e tenuta del predetto orientamento nell’attuale fase transitoria della disciplina in esame, tenuto conto della conclamata rilevanza e incidenza di tali aspetti altresì sulle attività operative e quotidiane del settore di riferimento.

__________________________

[1] Cfr. I. Picardi, Il subappalto dopo la c.d. sentenza Vitali della Corte di Giustizia (causa C-63/18): brevi note critiche a margine della pronuncia n. 1938/2019 del T.a.r. Lecce, in data 13 gennaio 2020.