Gli appalti pubblici e le proposte di riforma dell’AGCM

a cura di Alessandro Massari

15 Aprile 2021
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Editoriale estratto dal numero 4/2021 del mensile Appalti&Contratti

Il dibattito sui futuri scenari normativi per la regolazione del sistema del public-procurement si è inevitabilmente riacceso con l’insediamento del nuovo Governo Draghi, mentre ancora più di recente un rinnovato impulso è giunto dalla segnalazione, inviata dal presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, Roberto Rustichelli, al Presidente del Consiglio dei Ministri, contenente le proprie proposte ai fini del disegno di legge per la concorrenza.

Gli appalti pubblici, osserva l’Autorità, rappresentano circa il 13% del PIL dell’Unione europea e l’11% di quello italiano, livelli destinati ad aumentare a seguito degli investimenti pubblici in programmazione per fronteggiare le conseguenze economiche della pandemia in corso. In Italia, la spesa pubblica canalizzata attraverso i contratti pubblici è pari a circa il 20% del totale e tale quota si accrescerà nel prossimo futuro. La disciplina degli appalti riveste, dunque, un ruolo cruciale nell’ambito del piano di crescita e di sviluppo economico da attuare attraverso i fondi del programma europeo Next Generation EU, poiché costituisce la cinghia di trasmissione degli interventi pubblici all’economia reale, rappresentando un volano indispensabile ai fini del successo delle politiche macroeconomiche espansive da implementare in futuro. Per questa ragione e tenuto conto della complessità della disciplina contenuta nel Codice dei contratti pubblici, osserva il Presidente Rustichelli, una riforma del settore degli appalti, volta a modernizzare e semplificare le regole e le procedure applicabili, deve essere inclusa tra gli obiettivi strategici ai fini del rilancio dell’economia e dell’attivazione degli investimenti.

Le coordinate da tenere presenti per riordinare la complessa materia degli appalti pubblici sono contenute secondo l’AGCM proprio nelle direttive europee del 2014, il cui principale obiettivo è di aumentare l’efficienza delle scelte dell’amministrazione garantendo, da un lato, una maggiore discrezionalità alle stazioni appaltanti e, dall’altro, una semplificazione delle regole e delle procedure da seguire. Ciò a vantaggio non solo dell’acquirente pubblico, che può spendere meglio le risorse assegnate, ma anche delle imprese che vengono liberate da tutti quegli oneri che rendono spesso ingiustificatamente costosa e complessa la partecipazione agli appalti e, per un altro, ne ritardano l’aggiudicazione ed esecuzione.

Nell’ attività di riduzione dei vincoli che imbrigliano le stazioni appaltanti e le imprese due sono gli ambiti sui quali appare necessario intervenire secondo l’Antitrust: la semplificazione della normativa contenuta nel Codice dei con-tratti pubblici e la qualificazione delle stazioni appaltanti e degli operatori economici, da attuarsi anche mediante lo sviluppo di strumenti procedurali innovativi.

In particolare, nel primo ambito, con riferimento alla semplificazione delle norme, l’Autorità suggerisce le seguenti modalità di intervento che potrebbero parallelamente essere intraprese: i) una proposta da percorrere nel breve periodo per affrontare la gestione dei fondi europei provenienti dal Next Generation EV e delle opere strategiche; ii) una proposta di medio periodo finalizzata a una revisione complessiva del vigente Codice dei contratti pubblici.

Nel breve periodo, in relazione alla spesa pubblica da finanziare mediante i fondi europei del Next Generation EV, l’Autorità suggerisce di prendere in con-siderazione la possibilità di sospendere temporaneamente l’applicazione del Codice dei contratti pubblici, introducendo una disciplina speciale riservata esclusivamente a tali procedure, in relazione alle quali troverebbero applicazione le sole norme contenute nelle direttive europee del 2014 in materia di gare pubbliche, con le dovute integrazioni laddove le disposizioni europee non siano immediatamente self-executing. In tal modo, sarebbe possibile superare una serie di criticità presenti nella vigente disciplina in materia di appalti pubblici, riducendo il c.d. red tape, ossia gli oneri amministrativi e burocratici imposti alle imprese e alle stazioni appaltanti che rallentano, spesso ingiustificatamente, le procedure di gara.

A titolo esemplificativo, attraverso la misura proposta, cadrebbero i limiti e le preclusioni attualmente previsti in materia di ricorso al subappalto e all’avvalimento, cosÌ come le restrizioni alla discrezionalità delle stazioni appaltanti in materia di appalto integrato, valutazione delle offerte economiche in caso di aggiudicazione secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggio-sa, esclusione delle offerte anomale, obbligo di nomina dei commissari esterni. A fronte dell’alleggerimento degli oneri amministrativi e burocratici derivanti dalla sola applicazione delle direttive europee – osserva l’Autorità – non dovrebbero comunque venire meno i presidi volti a tutelare la legalità delle gare pubbliche e, in particolare, quelli volti a impedire l’infiltrazione della criminalità e la corruzione. Di conseguenza, si potrebbe ipotizzare, con riferimento alle opere da finanziare tramite i fondi del Next Generation EU, la costituzione di una struttura dotata delle necessarie risorse economiche, umane e tecniche per vigilare esclusivamente su tali opere. Le risorse umane e tecniche dovrebbero assicurare la complementarietà delle conoscenze al fine di garantire l’efficacia e la tempestività dei controlli, così che questa struttura possa fungere da centro di raccordo, elaborazione e diffusione delle informazioni provenienti dalle istituzioni chiamate a vigilare su profili specifici delle gare pubbliche, la cui attività fortemente complementare manca di un centro di coordinamento. A tal fine, si dovrebbe coinvolgere non solo l’expertise tecnica dei Ministeri e dell’Autorità nazionale anticorruzione, ma anche le specifiche competenze della magistratura (ordinaria, amministrativa e contabile), nonché le capacità investigative dei reparti che operano quotidianamente nel contrasto alla criminalità organizzata di tipo economico.

Il partito della c.d. “opzione zero” ovvero la sospensione per un periodo significativo del Codice con l’implementazione in via transitoria del “modello Genova”, viene così a beneficiare dell’autorevole endorsement dell’Antitrust. A differenza però del c.d. “Piano Colao” predisposto dal “Comitato di esperti in materia eco-nomica e sociale” del precedente esecutivo Conte, ove si suggeriva sostanzialmente di abrogare il Codice vigente e di passare ad un’applicazione della “Direttiva + integrazione minima”, che poteva essere transitoria o permanente, l’AGCM suggerisce un percorso meno brutale e più graduale, articolato in due step: una prima fase “emergenziale” con una sospensione (e non abrogazione) del d.lgs. 50/2016 e successivamente una fase di ponderata revisione del Codice.

Nel medio periodo, l’Autorità suggerisce infatti di pervenire a una revisione del Codice dei contratti pubblici improntata a una serie di principi che dovrebbero modernizzare le sue previsioni, al fine di semplificare le regole e favorire così il rapido dispiegamento degli investimenti pubblici. In tal senso si segnala, in particolare, la necessità di eliminare tutte quelle disposizioni che introducono oneri non necessari e più elevati rispetto a quelli previsti dalle direttive europee, applicando in tale processo di revisione i seguenti principi: i) utilizzo del principio del copy-out dalle direttive, come già impiegato in altri Paesi europei, dando conto con rigore delle eccezioni, ammesse solo laddove necessarie a garantire specifici interessi pubblici, tra cui quello dell’ apertura alla concorrenza, secondo il metodo del “comply or explain”; ii) applicazione stringente del principio di proporzionalità per eventuali deroghe del divieto di gold-plating, così da individua-re, laddove necessario, lo strumento meno restrittivo della concorrenza o oneroso per le imprese al fine di tutelare efficacemente eventuali interessi  pubblici meritevoli di garanzia; in ogni caso, con riferimento agli oneri imposti alle imprese non richiesti dalle direttive europee dovrebbe essere sempre possibile sanare la loro mancanza; iii) riaffermazione e ampliamento del ruolo dell’ autocertificazione, come strumento per la partecipazione alle gare pubbliche, intensificando il con-trollo ex post anziché ex ante; iv) introduzione di misure volte ridurre il ricorso alla c.d. “burocrazia difensiva” che spesso blocca il funzionamento delle stazioni appaltanti, ad esempio prevedendo la responsabilità dei funzionari per danno erariale solo in caso di dolo.

lo specifico, l’Autorità evidenzia alcune previsioni vigenti che non rispondono ai principi sopra evidenziati e conseguentemente, nell’ambito della più ampia revisione del Codice dei contratti pubblici, dovrebbero essere eliminate o modificate in senso meno restrittivo. Innanzitutto, si ribadisce la necessità di rimuovere le disposizioni in materia di subappalto che contrastano con la disciplina euro-unitaria e ostacolano ingiustificatamente la partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica, in particolare delle piccole e medie imprese (PMI). Tale partecipazione necessita di essere maggiormente favorita, anche tenuto conto del periodo di emergenza sanitaria ed economica in corso.

In particolare, sarebbe opportuno secondo l’Antitrust: (i) eliminare la previsione generale e astratta di una soglia massima di affidamento subappaltabile; (ii) prevedere l’obbligo in capo agli offerenti che intendano ricorrere al subappalto, di indicare in sede di gara la tipologia e la quota parte di lavori in subappalto, oltre all’identità dei subappaltatori; (iii) consentire alle stazioni appaltanti di introdurre, tenuto conto dello specifico contesto di gara, eventuali limiti all’utilizzo del subappalto che siano proporzionati rispetto agli obiettivi di interesse generale da perseguire e adeguatamente motivati in considerazione della struttura del mercato interessato, della natura delle prestazioni o dell’identità dei subappaltatori.

Parimenti incompatibile con la disciplina euro-unitaria risulta secondo l’Autorità (in linea con le indicazioni della Commissione UE) il divieto generale ed universale che le prestazioni subappaltate possano essere oggetto di ulteriore subappalto (c.d. subappalto a cascata). Tale divieto potrebbe essere eventualmente sostituto da una previsione che consenta alle stazioni appaltanti di introdurre, tenuto conto dello specifico contesto di gara, eventuali limiti all’utilizzo del subappalto che siano proporzionati rispetto agli obiettivi di interesse generale da perseguire e adeguatamente motivati. Per le medesime ragioni, andrebbero altresì eliminati i divieti generali e i limiti ingiustificati all’impiego dell’avvalimento, in particolare con riferimento al c.d. avvalimento a cascata, nonché l’esclusione dell’avvalimento per contratti relativi a progetti che richiedono “opere complesse” .

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Sulla questione del subappalto va segnalato l’oramai imminente approvazione del disegno di legge europea 2019-2020, che affronta solo alcuni aspetti del-le “non conformità” italiane rispetto alla visione eurounitaria delineata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia e dalla Commissione UE (in particola-re non si prevedono disposizioni specifiche sulla questione più importante della percentuale massima).

Un ulteriore limite, che non trova fondamento in alcuna previsione normativa euro-unitaria è costituito dalla previsione relativa al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa – individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo – che stabilisce un tetto massimo per il punteggio economico entro il limite del 30%. L’Autorità ha già evidenziato in passato come tale previsione limiti eccessivamente la facoltà della stazione appaltante di tenere adeguata mente conto delle offerte economiche, conferendole, allo stesso tempo, un’ampia discrezionalità nella valutazione delle offerte tecniche, con possibile pregiudizio al corretto ed efficiente svolgimento della gara e a una adeguata concorrenza anche di prezzo tra gli offerenti.

La sfida sanitaria derivante dalla pandemia in corso, nonché le sfide aperte dalla digitalizzazione dei mercati dovrebbero spingere a una riflessione sul ruolo del partenariato per l’innovazione, previsto dall’attuale Codice dei contratti pubblici ma poco utilizzato nella pratica, ricercando le cause del suo sotto-utilizzo al fine sfruttarlo pienamente per la ripresa economica del Paese. Questo strumento, infatti, evidenzia l’Autorità, è pensato per rispondere a esigenze che non possono essere soddisfatte ricorrendo a soluzioni già disponibili sul mercato ed è diretto, in particolare, a sviluppare prodotti, servizi e lavori innovativi e ad acquistare successivamente le forniture, i servizi o i lavori che ne risultano.

Anche per il Partenariato pubblico privato (PPP) si auspica una rivisitazione della relativa disciplina. In un contesto caratterizzato da scarse risorse pubbliche, il PPP infatti può rappresentare una soluzione idonea a finanziare, costruire e rinnovare infrastrutture di pubblica utilità, di cui il Paese necessita per migliorare la qualità dei servizi offerti alla collettività, ridurre i divari economici territo-riali, favorire la crescita e la competitività

Certamente condivisibili le proposte e gli auspici dell’AGCM, che, se da un lato valorizzano massimamente una visione e un’impostazione culturale (prima an-cora che tecnico-giuridica) integralmente eurounitarie, dall’altro paiono forse non considerare appieno le criticità strutturali nelle quali versano la maggior parte delle stazioni appaltanti italiane, tra cronica scarsità di risorse finanziarie, deficit di formazione e qualificazione dei dipendenti, squilibrio tra carichi di lavoro-peso psicologico delle responsabilità, da un lato, e inadeguatezza dei trattamenti retributivi. Gli scenari proposti dall’Autorità sono indubbiamente suggestivi e meritano adesione, ma dobbiamo realisticamente chiederci in quali tempi sia possibile realizzarli.

In questo numero il Focus è dedicato al tema dell’accesso agli atti negli appalti pubblici, grazie al pregevole contributo di Salvio Biancardi.

Altri interessanti approfondimenti sono quelli di Stefano Usai sull’affidamento diretto “emergenziale”, di Dario Immordino sulla semplificazione e accelerazione degli appalti, di Samantha Battiston sul difficile equilibrio tra offerta tecnica ed economica, di Gaetano Zurlo sull’importante sentenza della Plenaria sui consorzi stabili.

Nella rubrica “Indirizzi operativi” pubblichiamo infine l’avviso di manifestazione d’interesse aggiornato al decreto Semplificazioni.

Alessandro Massari