Sono nulle le clausole di revisione del prezzo se macchinose: in tal caso si procede alla sostituzione di diritto utilizzando la disciplina Istat-Foi 

A cura di Giovanni Francesco Nicodemo

18 Aprile 2024
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Indice

Prologo

Tutte le clausole revisionali, “più o meno macchinose” contenute nei contratti pubblici non possano discostarsi, pena la nullità, dalle previsioni di cui agli articoli 7 e 115 del d.lgs. 163/06, aventi natura di norme imperative, imponendosi la sostituzione automatica della clausola nulla “…con il ricorso generalizzato, ai fini della revisione, all’indice Istat-Foi”.  
Lo stabilisce la Corte di Cassazione, sez. I, sent. 3 aprile 2024 n. 8718

Il caso

Il contenzioso giunto all’attenzione della Suprema Corte di Cassazione si è riferito ad un affidamento avente ad oggetto il servizio di manutenzione e gestione degli impianti di pubblica illuminazione comunale.
La disciplina applicabile ratione temporis alla fattispecie è quella contenuta nel d.lgs. 163 del 2006.
Il contratto prevedeva la clausola revisionale del prezzo, stabilendo un meccanismo revisionale con due distinte percentuali relative a due distinte voci contrattuali: la prima relativa all’ammodernamento, adeguamento, gestione e manutenzione dei costi; la seconda relativa al costo dell’energia elettrica.
La Cassazione sentenziando circa la macchinosità della clausola revisionale è giunta a stabilire che in tali ipotesi deve applicarsi in via sostitutiva l’indice FOI – in ragione della nullità parziale della clausola.

La decisione

La decisione in rassegna muove dal contenuto della clausola revisionale prevista dall’art. 23 del CSA (capitolato speciale di appello) il quale, ai fini della revisione dell’importo da pagare alla società annualmente, prevedeva «annualmente si provvederà comunque all’adeguamento del canone contrattuale. Allo scopo, viene convenzionalmente fissato che il canone annuo sia così percentualmente suddivisibile: a) adeguamento, ammodernamento, gestione e manutenzione: 50%;b) costo dell’energia elettrica: 50%. Per quanto riguarda la quota di canone riferita alla gestione e manutenzione degli impianti, a partire dal secondo anno contrattuale, la ditta appaltatrice potrà richiedere l’adeguamento del prezzo affetto sulla base della variazione dell’indice FOI-ISTAT – Prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati relativo all’anno precedente qualora non disponibili i dati di cui all’art. 7, comma 4, lettera c), e comma 5 del d.lgs. n. 163/06. Per quanto riguarda i prezzi dell’energia elettrica ed il corrispettivo di potenza dovuto per la quantità di potenza impegnata, si farà riferimento alla media pesata del costo in vigore all’annualità di riferimento […] Per l’adeguamento dei prezzi si farà riferimento ai prezzi in vigore all’atto dell’offerta. Qualora venissero riconosciute all’appaltatore eventuali tariffe agevolate praticate all’EA [n.d.r.: prezzo dell’energia elettrica aggiornato], il canone annuo verrà automaticamente adeguato secondo la formula sovraesposta con l’avvertenza che “E” sarà il prezzo corrispondente a tali tariffe agevolate ed “Eo” sarà il prezzo corrente di mercato».
La Corte di Cassazione conferma che nel caso di specie si è in presenza di una clausola di revisione dell’importo del canone annuale «più o meno macchinosa», in quanto suddivisa in due parti separate: una prima porzione (pari al 50%) viene individuata nella variazione dell’indice Istat-Foi; una seconda porzione, riguardante «i prezzi dell’energia elettrica ed il corrispettivo di potenza dovuto per la quantità di potenza impegnata» viene determinata «con riferimento alla media pesata del costo in vigore all’annualità di riferimento».
I giudici della Cassazione affrontando la fattispecie stabiliscono come poiché l’art. 7 del d.lgs. n. 163 del 2006 non abbia trovato attuazione, per la revisione del prezzo del contratto in subiecta materia deve utilizzarsi l’indice di variazione dei prezzi per le famiglie di operai ed impiegati (indice FOI).
Infatti la precitata norma stabiliva che «al fine della determinazione dei costi standardizzati di cui al comma 4, lettera c), l’Istat, avvalendosi, ove necessario, delle camere di commercio, cura la rilevazione e la elaborazione dei prezzi di mercato dei principali beni e servizi acquisiti dalle amministrazioni aggiudicatrici, provvedendo alla comparazione, su base statistica, tra questi ultimi e i prezzi di mercato. Gli elenchi dei prezzi rilevati sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, con cadenza almeno semestrale, entro il 30 giugno e il 31 dicembre. Per i prodotti e servizi informatici, laddove la natura delle prestazioni consenta la rilevazione di prezzi di mercato, dette rilevazioni sono operate dall’Istat di concerto con il Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione di cui al d.lgs. 12 febbraio 1993, n. 39».
Sulla scorta di tali dettami normativi la Cassazione stabilisce che l’indice FOI  segna il limite massimo che, salve le circostanze eccezionali della cui prova è onerata l’impresa, la stazione appaltante non può violare nella determinazione del compenso revisionale, in quanto la funzione dell’istituto è proprio quella di impedire che i corrispettivi degli appalti di durata possano subire aumenti incontrollati tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è intervenuta l’aggiudicazione e la stipula.
Pertanto, conclude la Cassazione nel caso in cui venga inserita nel contratto di appalto una clausola di revisione dei prezzi, che è contraria alle disposizioni di cui agli articoli 7 e 115 del d.lgs. n. 163 del 2006, dopo la dichiarazione di nullità della stessa, si procede alla sostituzione di diritto utilizzando la disciplina Istat-Foi.

Giovanni F. Nicodemo