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Il giudizio di anomalia dell'offerta è prettamente discrezionale

Il Consiglio di Stato con la sentenza 211 del 22 gennaio scorso ritorna sul tema della valutazione dell’offerta in considerazione dell’utile di impresa.

Nella sentenza del 10 novembre 2015, n. 5128 si era infatti già espresso affermando che “Nella gara pubblica la valutazione di anomalia dell’offerta va fatta considerando tutte le circostanze del caso concreto, poiché un utile all’apparenza modesto può comportare un vantaggio significativo sia per la prosecuzione in sé dell’attività lavorativa (il mancato utilizzo dei propri fattori produttivi è comunque un costo), sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti per l’impresa dall’essere aggiudicataria e dall’aver portato a termine un appalto pubblico, cosicché nelle gare pubbliche non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l’offerta deve essere considerata anomala, al di fuori dei casi in cui il margine positivo risulta pari a zero.”

Il Collegio dunque specificava come sia impossibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale possa considerarsi anomala un’offerta.

Il collegio, in questa nuova recente sentenza, evidenzia come il giudizio sull’anomalia sia un giudizio ampiamente discrezionale, espressione paradigmatica di discrezionalità tecnica, sindacabile solo in caso di manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza.

Al riguardo lo stesso collegio aveva chiarito che il giudice amministrativo può  sindacare le valutazioni della Pubblica amministrazione sotto il profilo della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell’istruttoria, ma non procedere ad una autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci, che costituirebbe un’inammissibile invasione della sfera propria della Pubblica amministrazione e tale sindacato rimane limitato ai casi di macroscopiche illegittimità, quali errori di valutazione gravi ed evidenti oppure valutazioni abnormi o inficiate da errori di fatto. (Consiglio di Stato, sez. V, 02/12/2015, n. 5450).

Quindi solo in caso di evidenti errori, può intervenire il sindacato del giudice.

Nel caso di specie, veniva inoltre lamentata l’erroneità della verificazione delle offerte.

Al riguardo il Collegio, richiamando precedenti orientamenti, chiarisce che il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta non ha carattere sanzionatorio e non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, mirando piuttosto ad accertare in concreto che l’offerta, nel suo complesso, sia attendibile ed affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto. Esso mira piuttosto a garantire e tutelare l’interesse pubblico concretamente perseguito dall’Amministrazione attraverso la procedura di gara per l’effettiva scelta del miglior contraente possibile ai fini dell’esecuzione dell’appalto, così che l’esclusione dalla gara dell’offerente per l’anomalia della sua offerta è l’effetto della valutazione (operata dall’Amministrazione appaltante) di complessiva inadeguatezza della stessa rispetto al fine da raggiungere. Un sindacato nel dettaglio sui singoli aspetti è, dunque, precluso al giudice amministrativo, cui non è consentito procedere ad una autonoma valutazione della congruità o meno di singole voci, non potendosi esso sostituire ad una attività valutativa rimessa, quanto alla sua intrinseca manifestazione, unicamente all’Amministrazione procedente (Consiglio di Stato, sez. VI, 14/08/2015, n. 3935; sez. V, 22/12/2014, n. 6231).

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Alessandro Massari, Avvocato specializzato in contrattualistica pubblica, autore di studi e monografie, direttore del mensile AppaltieContratti e di appaltiecontratti.it.

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