La giurisdizione del giudice amministrativo in materia di risarcimento del danno conseguente all’adozione di provvedimenti illegittimi

Commento alla sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Terza, del 31/10/2017, n. 5036

9 Novembre 2017
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Il Consiglio di Stato, con la sentenza n.5036/2017, si è pronunciato sulla giurisdizione del giudice amministrativo in ipotesi di azione risarcitoria conseguente all’adozione di provvedimenti illegittimi

Il caso in discussione derivava dalla impugnazione di atti, poi annullati, che illegittimamente avevano modificato l’assetto degli interessi: le delibere di cui si discute avevano, infatti, costituito il fatto illecito produttivo di danno del quale la società ricorrente chiedeva il risarcimento.

Sul tema il Collegio ha sostenuto che, trattandosi di azione risarcitoria conseguente all’adozione di provvedimenti illegittimi, sussiste chiaramente la giurisdizione del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 7 c.p.a., oltre che dell’art. 133 c.p.a., tenuto conto che si controverte in materia di contratti pubblici.

Infatti, non è stata proposta un’azione risarcitoria per responsabilità contrattuale, in quanto non vi è stato un mero inadempimento da parte dell’Amministrazione, né il fatto produttivo di danno (e cioè l’adozione delle determinazioni illegittime successivamente annullate), può ricomprendersi nell’ambito dell’esercizio dell’attività negoziale successiva alla stipulazione del contratto: tali determinazioni sono, piuttosto, espressione di un potere pubblicistico autoritativo che si pone al di fuori del contratto e che è diretto a soddisfare la rinnovata valutazione dell’interesse pubblico.

Nel caso di specie, dunque, a parere del Collegio, non vi sarebbe stato un inadempimento degli obblighi nascenti dal contratto, ma un cattivo esercizio del potere di autotutela da parte dell’Amministrazione, che ha determinato la violazione delle norme di correttezza alle quali pure è tenuta la pubblica amministrazione.

Ne consegue, quindi, che l’ordinario riferimento alla giurisprudenza relativa al riparto di giurisdizione in materia di contratti pubblici, secondo cui rientrano nella giurisdizione amministrativa tutte le controversie relative alla fase pubblicistica che si chiude con la stipulazione del contratto, e a quella civile quelle relative alla fase esecutiva, deve ritenersi inconferente laddove la controversia abbia ad oggetto il risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi prodotto dell’illegittimo esercizio del potere di autotutela che si pone a valle del contratto, ma che si configura come atto autoritativo lesivo di interessi legittimi.

Sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Terza, del 31/10/2017, n. 5036

05036/2017REG.PROV.COLL.
00733/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 733 del 2017, proposto da:

OMISSIS, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati OMISSIS, con domicilio eletto presso OMISSIS;

contro

Azienda Sanitaria Locale di Foggia – ASL FG, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato OMISSIS, con domicilio eletto presso OMISSIS;

per l’annullamento o la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Sezione Prima, n. 1252 del 2016, resa tra le parti, di inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Azienda Sanitaria Locale di Foggia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 settembre 2017 il Cons. Stefania Santoleri e uditi per le parti gli avvocati OMISSIS su delega di OMISSIS e OMISSIS su delega di OMISSIS;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

  1. – La società ricorrente è risultata aggiudicataria del Servizio di Assistenza Domiciliare Integrata per l’ASL FG/1 (lotto 3) per gli anni 2001-2006 (delibera del D.G. n. 3013 del 27/11/2000).

Successivamente alla stipulazione del contratto è insorto un contenzioso tra le parti in considerazione dell’adozione – da parte dell’Azienda Sanitaria – di due delibere che modificavano il tetto di spesa e prevedevano la gestione diretta, da parte della stessa Azienda, dell’Unità di Valutazione Multidimensionale (U.V.M.) incaricata di selezionare i pazienti destinatari delle prestazioni assistenziali.

La società ricorrente ha quindi impugnato tali determinazioni dinanzi al TAR per la Puglia.

  1. – Con sentenza n. 1671 dell’8 giugno 2006 il TAR ha accolto il ricorso ed ha annullato:

– la Determina del Direttore generale dell’ASL n. 953 del 22 gennaio 2003, con cui era stata disposta una riduzione nella misura del 30% del tetto di spesa previsto per l’anno 2003 per le Cooperative aggiudicatarie del Servizio di Assistenza Domiciliare, in quanto priva di congrua istruttoria e sufficiente pertinente motivazione, rilevando che “… l’atto, che ridimensionava il servizio a livello quantitativo tenendo conto delle ridotte o comunque limitate risorse finanziarie destinabili all’assistenza domiciliare, poiché effettuava la rivalutazione dell’interesse pubblico ad offrire tale tipo di assistenza, poteva costituire al limite l’esercizio del potere di autotutela, in ogni caso assoggettato alle regole e ai principi relativi.

In questo contesto, il provvedimento non avrebbe potuto, però, ignorare il legittimo affidamento della ricorrente (la quale era obbligata ad impegnare un determinato numero di addetti, calcolato sulla base del volume presuntivo delle prestazioni, posto a base d’asta), graniticamente fondato sull’esistenza del contratto, e quindi avrebbe dovuto comunque tenere in conto le conseguenze economiche per l’ASL di un recesso parziale, il quale avrebbe potuto comportare o la necessità della indizione di una nuova gara ovvero la rinegoziazione (consensuale) delle clausole contrattuali”;

– la Delibera del Direttore generale n. 69 dell’8 gennaio 2003, stigmatizzata nella parte in cui aveva disposto la gestione diretta dell’U.V.M. (Unità di Valutazione Multidimensionale) distrettuale con previsione di un diverso procedimento di autorizzazione dei programmi di assistenza domiciliare, per difetto di motivazione e contraddittorietà, osservando che “pur non essendo precluso all’Amministrazione di introdurre una nuova scelta organizzativa e, in particolare, una differente organizzazione della valutazione di tali interventi sanitari; ciò non toglie che, nel concreto, le ragioni di tale innovazione siano in parte rimaste inespresse e in parte palesemente contraddittorie.”

Nella stessa sentenza il TAR aveva quindi accertato che la ASL, esercitando il suo potere amministrativo in modo illegittimo, aveva violato i principi di correttezza dell’azione amministrativa violando il legittimo affidamento del privato fondato sull’esistenza del contratto.

La ASL, infatti, aveva modificato unilateralmente l’assetto degli interessi discendente dal contratto mediante l’adozione di due atti amministrativi autoritativi illegittimi, in quanto adottati in violazione delle disposizioni che regolano l’autotutela.

In questo modo aveva modificato autoritativamente le modalità di espletamento del servizio in corso, riducendo il corrispettivo dovuto.

In tale sentenza, il TAR aveva espressamente affrontato la questione di giurisdizione ritenendo che sussistesse la giurisdizione amministrativa, tenuto conto della natura autoritativa degli atti oggetto di impugnazione: la ASL, infatti, non aveva esercitato poteri previsti dal contratto, ma aveva rivalutato l’interesse pubblico la cui cura era ad essa affidata, introducendo misure organizzative tese al depotenziamento del servizio, modificando i presupposti sui quali era fondato l’impegno contrattuale.

  1. – Con successivo ricorso, proposto dinanzi allo stesso TAR per la Puglia, la società ricorrente ha chiesto il risarcimento del danno derivante dalle delibere annullate, provvedendo alla sua quantificazione.
  2. – Tale giudizio è stato definito dal TAR con la sentenza n. 1252 del 2016, di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
  3. – Avverso tale decisione ha proposto appello la ricorrente in primo grado, rilevando che il primo giudice avrebbe erroneamente declinato la giurisdizione, trattandosi di un’azione risarcitoria conseguente all’annullamento di atti amministrativi illegittimi.

5.1 – Si è costituita in giudizio l’Amministrazione appellata che ha chiesto il rigetto dell’impugnativa.

  1. – Alla Camera di Consiglio del 14 settembre 2017 l’appello è stato trattenuto in decisione.
  2. – L’appello è fondato e va, dunque accolto.

7.1 – La società ricorrente ha proposto un’azione risarcitoria discendente dall’annullamento delle determinazioni del Direttore Generale della ASL di Foggia, disposto con sentenza n. 1671/2006 emessa dal TAR per la Puglia.

Ha dedotto nel ricorso che per effetto di tali determinazioni ha subito un danno patrimoniale del quale ha stimato l’entità e ne ha chiesto il ristoro.

Ha qualificato la propria domanda risarcitoria come derivante da lesione di interessi legittimi.

  1. – Il primo giudice ha provveduto ad interpretare la domanda, ritenendo che:

– l’azione risarcitoria proposta non era diretta ad ottenere il ristoro del danno derivante dall’adozione delle determinazioni autoritative annullate (che avevano modificato unilateralmente l’assetto degli interessi previsto nel contratto), ma era diretta ad ottenere il risarcimento del danno derivante dalla violazione degli obblighi contrattualmente assunti dalla ASL, che avevano comportato la modifica unilaterale del prezzo originariamente fissato;

– la tutela risarcitoria, infatti, non afferiva all’interesse negativo a non subire le conseguenze dell’illecito extracontrattuale, ma riguardava l’interesse positivo alla integrale esecuzione del contratto, senza le modifiche imposte unilateralmente dalla ASL, nonostante la stessa sentenza non avesse escluso l’astratta possibilità per la ASL di ridurre i tetti di spesa e conseguentemente il volume delle prestazioni;

– la ricorrente, infatti, non si era premurata di adempiere agli oneri probatori che gravano su chi agisce per ottenere il risarcimento del danno da illecito extracontrattuale;

– inoltre, sotto il profilo causale, non era stata allegata, né provata, la perdita di un utile di impresa derivante dall’illegittimità dei provvedimenti, tenuto conto che una parte delle perdite poteva essere evitata mediante la riduzione del personale;

– sussisteva, inoltre, la discrasia – sotto il profilo temporale -, tra la causa petendi dichiarata e i danni lamentati, tenuto conto che la riduzione del budget di spesa, disposto con determina n. 953/2003, si riferiva al solo anno 2003, mentre i danni di cui si chiedeva il ristoro si riferivano all’intera durata del contratto (2003-2006);

– la perdita dell’utile non costituiva, pertanto, conseguenza immediata e diretta delle delibere annullate;

– la tutela risarcitoria invocata, afferendo all’interesse positivo all’integrale esecuzione del contratto, presupponeva l’accertamento esteso alle posizioni giuridiche soggettive originate dal contratto, che hanno natura di diritto soggettivo;

– infine, i provvedimenti impugnati erano successivi alla stipulazione del contratto e riguardavano la fase relativa alla sua esecuzione, che rientra nella giurisdizione dell’A.G.O. (eccetto nei casi di divieto di rinnovo tacito del contratto, di revisione prezzi e del loro adeguamento).

Sulla base di tali presupposti, riqualificando la domanda ai sensi dell’art. 32 c.p.a., il TAR ha declinato la giurisdizione.

  1. – La tesi del primo giudice non può essere condivisa.

La ricorrente ha chiesto il risarcimento del danno derivante dagli atti annullati con la sentenza del TAR Puglia n. 1671/2006, e cioè:

– dalla determina del Direttore Generale della ASL 953/2003, che ha ridotto del 30% il tetto di spesa per le cooperative aggiudicatarie del servizio di assistenza domiciliare;

– dalla delibera del Direttore Generale della stessa ASL n. 69 del gennaio 2003, che ha modificato il procedimento di autorizzazione ai programmi di assistenza domiciliare, demandandoli ad una struttura interna alla stessa ASL (mentre prima venivano riconosciuti dai medici, ed approvati dalla Azienda Sanitaria di Foggia).

Tali atti, adottati dopo la stipulazione del contratto, sono stati qualificati dallo stesso TAR per la Puglia nella sentenza n. 1671/2006 come atti autoritativi, dal che discende che la posizione giuridica della ricorrente è stata qualificata come avente natura di interesse legittimo.

Il TAR ha precisato che tali provvedimenti – adottati dopo una rinnovata valutazione del pubblico interesse – avrebbero potuto essere assunti come atti di autotutela, purché emessi nel rispetto di dovuti presupposti per l’esercizio di tale potere, e tenendo comunque conto del legittimo affidamento della cooperativa ingenerato dall’esistenza del contratto.

Ha precisato il TAR, infatti, che la P.A. avrebbe potuto recedere ed indire una nuova gara o rinegoziare: non poteva, invece, intervenire con un atto che incideva autoritativamente sul contratto in corso, senza il rispetto delle forme previste per l’autotutela.

Secondo il TAR, quindi, l’illegittima modificazione del prezzo fissato nel contratto con la fissazione del tetto di spesa invalicabile, e l’unilaterale modificazione del meccanismo di autorizzazione delle prestazioni di assistenza domiciliare e delle modalità di svolgimento del servizio, non configuravano un inadempimento contrattuale, ma un illegittimo esercizio del potere amministrativo di intervento, nel corso dell’espletamento del servizio, delle condizioni di quantificazione, autorizzazione, svolgimento e conseguente pagamento delle prestazioni di assistenza domiciliare poste negli atti di gara.

La natura giuridica delle determinazioni annullate come atti autoritativi, lesivi di interessi legittimi, è coperta da giudicato (ed è comunque corretta).

Il danno di cui la società ricorrente chiede il ristoro è chiaramente quello discendente dalle delibere annullate, che illegittimamente hanno modificato l’assetto degli interessi: tali delibere costituiscono il fatto illecito produttivo di danno, del quale la società ricorrente chiede il risarcimento.

Trattandosi di azione risarcitoria conseguente all’adozione di provvedimenti illegittimi, sussiste chiaramente la giurisdizione del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 7 c.p.a., oltre che dell’art. 133 c.p.a., tenuto conto che si controverte in materia di contratti pubblici.

  1. – Contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, non è stata proposta un’azione risarcitoria per responsabilità contrattuale, in quanto non vi è stato un mero inadempimento da parte dell’Azienda Sanitaria, né il fatto produttivo di danno (e cioè l’adozione delle due determinazioni illegittime successivamente annullate), può ricomprendersi nell’ambito dell’esercizio dell’attività negoziale successiva alla stipulazione del contratto: tali determinazioni, infatti, sono espressione di un potere pubblicistico autoritativo che si pone al di fuori del contratto, e che è diretto a soddisfare la rinnovata valutazione dell’interesse pubblico.

In sostanza, non vi è stato un inadempimento degli obblighi nascenti dal contratto, ma un cattivo esercizio del potere di autotutela da parte della ASL di Foggia, così come ritenuto dal TAR nella sentenza n. 1671/2006 che ha comportato la violazione delle norme di correttezza alle quali è tenuta la pubblica amministrazione.

  1. – Ne consegue che il riferimento alla giurisprudenza relativa al riparto di giurisdizione in materia di contratti pubblici, secondo cui rientrano nella giurisdizione amministrativa tutte le controversie relative alla fase pubblicistica che si chiude con la stipulazione del contratto, e a quella civile quelle relative alla fase esecutiva, deve ritenersi inconferente, perché la presente controversia riguarda il risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi prodotto dell’illegittimo esercizio del potere di autotutela che si pone a valle del contratto, ma che si configura come atto autoritativo lesivo di interessi legittimi.

Rientrano, infatti, nella giurisdizione del giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto tutti gli atti della serie negoziale successiva alla stipulazione del contratto (cfr. Cass. SS.UU. n. 11366/2016; 5446/2012, 7578/2009), ma ricadono nella giurisdizione del giudice amministrativo le controversie relative agli atti autoritativi lesivi di interessi legittimi e le relative controversie risarcitorie.

Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione sono comprese nella giurisdizione amministrativa anche le liti concernenti il risarcimento del danno da responsabilità dell’amministrazione per il mancato rispetto delle norme di correttezza, regole la cui violazione si concretizza quando siano venuti meno gli atti della fase pubblicistica attributiva degli effetti vantaggiosi che avevano ingenerato l’affidamento di buona fede (cfr. Cass. SS.UU. 29-05-2017, n. 13454).

 

Tale principio è stato affermato in relazione ad una fattispecie nella quale il contratto non era stato ancora stipulato: ritiene però il Collegio che esso possa valere anche ove l’atto autoritativo adottato in violazione delle norme di correttezza sia intervenuto dopo il contratto, in quanto ciò che rileva, ai fini della giurisdizione in materia risarcitoria, è la natura dell’atto produttivo di danno, a prescindere dal momento in cui viene adottato.

Infine, deve rilevarsi che, secondo la giurisprudenza della Corte regolatrice, l’esercizio del potere di revoca involge pur sempre il legittimo esercizio, da parte della P.A., di poteri autoritativi incidenti sul rapporto contrattuale, e la giurisdizione esclusiva sulle procedure di affidamento non può non riguardare anche gli atti di secondo grado, ossia quelli incidenti su provvedimenti assunti nell’ambito delle suddette procedure (quali, appunto, gli atti di ritiro) e le relative conseguenze (Cass. civ. Sez. Unite Ordinanza, 5-5-2017, n. 10935).

Nel caso di specie non ricorre un’ipotesi di revoca, ma vi è stato comunque l’esercizio del potere autoritativo incidente sul rapporto contrattuale, sicché il principio è comunque applicabile anche al caso di specie.

Ne consegue che sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo anche in applicazione dell’art. 133 c.p.a.

  1. – Per completezza espositiva, è opportuno rilevare che neppure gli altri elementi indicati dal TAR possono condurre a diverse determinazioni, in quanto ciò che rileva ai fini del riparto di giurisdizione è la causa petendi e non il petitum: la riqualificazione dell’azione risarcitoria, invece, si fonda essenzialmente nell’interpretazione del petitum alla luce delle modalità con le quali la domanda è stata formulata.

 

Il riferimento contenuto nella sentenza appellata al petitum (risarcimento del danno derivante dalla mancata integrale esecuzione del contratto per il triennio di durata), e alle modalità con le quali era stata articolata la domanda in sede giurisdizionale (asserita mancanza di prova sugli elementi costitutivi dell’illecito extracontrattuale, insussistenza del nesso causale tra le delibere annullate ed il danno di cui si chiede il ristoro), sono tutti aspetti che attengono al merito della controversia, e che non possono comportare il sovvertimento della giurisdizione.

  1. – La sentenza di primo grado deve essere dunque annullata con rinvio al primo giudice, ai sensi dell’art. 105 c.p.a.
  2. – La particolarità della vicenda giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, annulla – ai sensi dell’art. 105 c.p.a. – la sentenza del TAR per la Puglia, sede di Bari, Sezione Prima, n. 1252 del 28/10/2016, e rimette la causa allo stesso Tribunale per la decisione del merito della controversia.

Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 settembre 2017 con l’intervento dei magistrati:

Marco Lipari, Presidente

Lydia Ada Orsola Spiezia, Consigliere

Giulio Veltri, Consigliere

Stefania Santoleri, Consigliere, Estensore

Oswald Leitner, Consigliere

L’ESTENSORE  IL PRESIDENTE

Stefania Santoleri  Marco Lipari

IL SEGRETARIO

 

Maria Teresa Della Vittoria Scarpati