Riesumato il Collegio Consultivo Tecnico

A distanza di circa due anni dalla sua abrogazione, la legge di conversione del decreto sblocca cantieri (L. 55 del 14 giugno 2019) ha reintrodotto il Collegio Consultivo Tecnico

19 Giugno 2019
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A distanza di circa due anni dalla sua abrogazione, la legge di conversione del decreto sblocca cantieri (L. 55 del 14 giugno 2019) ha reintrodotto il Collegio Consultivo Tecnico, originariamente previsto dall’art. 207 del D.lgs. 50/2016 e poi abrogato, dopo appena una anno, dal correttivo 56 (D.lgs. 19 aprile 2017 n. 56 art. 121).

Per il momento, si tratta di una reintroduzione “provvisoria” in quanto la legge 55/2019 prevede la possibilità di costituire tale Collegio, fino alla data di entrata in vigore del regolamento di cui art. 216 comma 27 opties del codice.

L’art. 1, comma 11, della legge di conversione riproducendo quasi testualmente i primi commi dell’art. 207 del D.lgs. 50/2016 prevede che “al fine di prevenire le controversie relative all’esecuzione del contratto le parti possono convenire che prima dell’avvio dell’esecuzione, o comunque non oltre 90 gg. da tale data, sia costituito un collegio consultivo tecnico con funzioni di assistenza per la rapida risoluzione delle controversie di ogni natura suscettibili di insorgere durante l’esecuzione del contratto stesso”.

Il collegio consultivo tecnico è formato da tre membri dotati di esperienza e qualificazione professionale adeguata alla tipologia dell’opera.

Per la nomina dei componenti non sono previste particolari garanzie di terzietà; la loro scelta viene infatti effettuata di comune accordo dalle parti o, alternativamente, ciascuna parte nomina il componente di sua fiducia e questi ultimi, di comune accordo, nominano il terzo membro. In ogni caso tutti i componenti del collegio devono essere approvati dalle parti e il Collegio si intende costituito all’atto della sottoscrizione dell’accordo fra i componenti designati e le parti contrattuali. All’atto della costituzione è fornita al collegio copia dell’intera documentazione inerente al contratto.

La circostanza che la norma in questione (art. 1 comma 12) parametri la qualificazione dei membri del collegio alla “tipologia dell’opera” sembra suggerire che tale strumento sia riservato agli appalti di lavori.

Il comma 13 dell’art. 1 precisa che “nel caso in cui insorgano controversie, il collegio consultivo può procedere all’ascolto informale delle parti per favorire la rapida risoluzione delle controversie eventualmente insorte. Può altresì convocare le parti per consentire l’esposizione in contraddittorio delle rispettive ragioni. L’eventuale accordo delle parti che accolga la proposta di soluzione indicata dal collegio consultivo non ha natura transattiva, salva diversa volontà delle parti stesse”.

Il collegio consultivo tecnico è sciolto al termine dell’esecuzione del contratto o, in data anteriore, su accordo delle parti.

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Nella nuova disciplina del collegio consultivo tecnico scompare la previsione – originariamente contenuta al comma 2 dell’art. 207 – di una sorta di “preferenza” per la scelta del componente di nomina della stazione appaltante fra il personale di supporto al RUP così come scompare ogni riferimento alle modalità di determinazione del compenso dovuto ai componenti del collegio che, nella precedente normativa, doveva essere contenuto nei limiti previsti dall’art. 209 del D.lgs. 50/2016 per i compensi degli arbitri.

Anche in merito alla natura dell’accordo eventualmente raggiunto con l’ausilio del collegio, la nuova normativa si discosta da quanto previsto dall’art. 207 del D.lgs. 50/2016, precisando che l’eventuale accettazione della proposta formulata dal Collegio non ha natura di transazione, salva diversa volontà delle parti.

Tale precisazione appare dettata dalla necessità di differenziare tale strumento compositivo non solo dall’Accordo Bonario ma anche dalla Transazione di cui all’art. 208 del D.Lgs. 50/2016 che, se da un lato è applicabile anche agli appalti di forniture e servizi, dall’altro, subordina le transazioni che prevedano rinunce e/o concessioni di valore superiore ad euro 100.000 per i servizi e le forniture e ad euro 200.000 per i lavori al preventivo parere dell’Avvocatura Generale dello Stato o, in ipotesi di amministrazione sub-centrali, al parere di un legale interno o del funzionario più elevato in grado competente per il contenzioso.

Questo strumento, come detto alternativo sia all’accordo bonario sia alla transazione, è, stato oggetto di aspre critiche da parte del Consiglio di Stato (parere 855/16) e dell’ANAC all’epoca della pubblicazione del D.lgs. 50/2016, soprattutto in quanto tale meccanismo di risoluzione delle controversie, rappresentando una sorta di arbitrato libero, sembrava invadere i compiti della camera arbitrale, aggirando di fatto i criteri della legge delega secondo cui l’arbitrato nei contratti pubblici deve essere amministrato.

Sebbene permangano molte delle perplessità a suo tempo sollevate dal Consiglio di Stato e dall’ANAC, nella nuova formulazione tale strumento sembra soprattutto volto a risolvere in maniera veloce le criticità tecniche che possono interessare fin dal principio la fase esecutiva del rapporto contrattuale. Fase che allo stato è peraltro priva di una disciplina chiara e dettagliata come dimostrato dal contenuto D. M.7 marzo 2018, n. 49 sulla Direzione Lavori o, meglio, sulla fase esecutiva del contratto che rimanda ai Capitolati Speciali la disciplina delle riserve e, quindi, delle possibili controversie.