Concessioni balneari ferme e turismo in fuga: l’inazione che brucia valore

L’estate 2025 ha segnato una frattura evidente nel turismo balneare italiano.

Paolo Capriotti 3 Settembre 2025
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Un’estate difficile

L’estate 2025 ha segnato una frattura evidente nel turismo balneare italiano. Mentre le montagne hanno vissuto una stagione di crescita, grazie a prezzi più accessibili e a un’offerta che ha saputo innovarsi, le nostre spiagge hanno registrato un calo anche superiore al 20% in molte località.

Il caro-prezzi di ombrelloni e lettini è stato il segnale più visibile, ma non l’unica causa. Dietro i rincari si nasconde un sistema che non investe più: strutture spesso datate, servizi ridotti al minimo, incertezze normative che paralizzano sia gli operatori sia i comuni. Il risultato è stato un turismo balneare meno competitivo, incapace di rispondere alle nuove esigenze dei visitatori e sempre più esposto alla concorrenza di destinazioni alternative, in Italia e all’estero.

Quella che poteva essere un’estate di rilancio, dopo anni di dibattiti e attese, si è trasformata in una stagione che ha messo a nudo le debolezze strutturali del comparto.

Il peso della mancata riforma delle concessioni

Un fattore che con ha inciso in maniera marcata sull’andamento della stagione è il mancato avvio delle gare per le concessioni balneari.

La paralisi normativa ha infatti prodotto diversi effetti negativi a catena: i concessionari storici, senza prospettive certe, hanno ridotto al minimo gli investimenti, lasciando strutture datate e servizi poco competitivi; altri operatori hanno adottato la logica di fine corsa, alzando i prezzi per massimizzare i ricavi immediati senza preoccuparsi della qualità.

 A questo si è aggiunto l’effetto forse più grave: il blocco del ricambio, che ha impedito l’ingresso di nuovi soggetti pronti a innovare e rilanciare l’offerta.
 Il risultato è stato un mix pericoloso: tariffe elevate, qualità in calo, spiagge meno attrattive e, inevitabilmente, presenze in diminuzione.

Nessuna scusa per i comuni

La grande responsabilità di questo stallo ricade sui comuni, enti concedenti a cui la legge affida il compito di avviare le procedure. Molti amministratori hanno addotto come giustificazione la mancata approvazione del decreto sugli indennizzi, ma il DL 131/2024 è inequivocabile: anche in assenza del decreto MIT, le gare devono partire, prevedendo comunque ristori per gli uscenti.
Eppure, la maggior parte delle amministrazioni ha scelto di non muoversi, mantenendo gli stabilimenti in un limbo che penalizza sia gli operatori sia i turisti. Nemmeno i necessari e preliminari adeguamenti ai piani spiaggia sono stati avviati, segno di un immobilismo che va oltre la sola questione degli indennizzi.

Un atteggiamento ancora più ingiustificato se si considera che la stragrande maggioranza dei concessionari è ormai pronta a confrontarsi con le gare, predisponendo strategie e progetti per la nuova fase. Con l’avvio delle procedure, i comuni avrebbero poi titolo per chiedere ai concessionari nuovi investimenti, opere e manutenzioni straordinarie, oltre a introiti adeguati. Ne deriverebbero benefici diretti non solo per le imprese e i turisti, ma anche per le comunità locali, con nuova occupazione e maggiori risorse per potenziare gli stessi uffici comunali chiamati a gestire il settore.

Restando fermi, invece, perdono valore due volte: da un lato bloccano la crescita delle imprese, dall’altro rinunciano a benefici economici, occupazionali e di servizio per le comunità locali.

Conclusione – Il tempo è scaduto

L’estate 2025 ha dimostrato che la situazione non è più sostenibile. Continuare a rinviare significa condannare le nostre coste a perdere competitività, turisti e lavoro. La riforma delle concessioni non è solo un adempimento normativo, ma una scelta di politica economica che decide il futuro di interi territori.

I comuni non hanno più alibi: aggiornare i piani spiaggia, definire i ristori agli uscenti e avviare le gare è ormai un’urgenza che riguarda non solo il settore balneare, ma l’immagine stessa del turismo italiano.

Ogni giorno perso: è valore che si consuma, è attrattività che svanisce, è sviluppo che sfugge.

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