Sopravvenuta soluzione di continuità nel possesso dei requisiti 

Martina Fusco 30 Giugno 2025
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Risoluzione del contratto di appalto per sopravvenuta soluzione di continuità del possesso dei requisiti di ordine generale, in conseguenza dell’applicazione di una misura cautelare interdittiva (id est, divieto di contrarre con la PA) nei confronti del legale rappresentante di una socia dell’impresa aggiudicataria (Consiglio di Stato, sez. v, 4417/2025).

Indice

Il caso di specie

La controversia in esame trae origine dalla sopravvenuta applicazione, nei confronti del legale rappresentante di una socia dell’impresa aggiudicataria, della misura cautelare interdettiva del divieto di contrarre con la pubblica amministrazione, adottata in sede penale.
In ragione della notizia appresa, la stazione appaltante, sebbene il contratto fosse stato già stipulato ed eseguito nella misura del 20% dei lavori, comunicava alla società appaltatrice la risoluzione del contratto, asserendo che il grave illecito professionale commesso dal legale rappresentante della società affiliata costituirebbe, ai sensi e per gli effetti degli artt. 80, comma 5, e 108, d.lgs. 50/2016 (nella versione ratione temporis applicabile alla fattispecie concreta), causa ostativa alla partecipazione alle gare d’appalto, nonché alla stipula dei relativi contratti.
Avverso il predetto provvedimento, l’impresa aggiudicataria ha proposto ricorso dinanzi al T.A.R. Campania, eccependo, per quanto di interesse in questa sede:
a) l’irrilevanza dell’elemento addotto dalla stazione appaltante quale causa di risoluzione del contratto di appalto (i.e., divieto di contrarre con l’amministrazione imposto al legale rappresentante della società affiliata alla ricorrente);
b) l’inapplicabilità delle cause d’esclusione previste dall’art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016 durante la fase di esecuzione dell’appalto, in quanto asseritamente rilevanti solo durante la fase di affidamento e scelta del contraente.

La decisione del TAR

Il T.A.R. adito, con sentenza n. 2167/2024, ha respinto il ricorso, affermando che:
a) la misura cautelare interdittiva del divieto di contrarre con la PA, ben poteva rientrare fra i gravi illeciti professionali, valutabili dalla stazione appaltante nell’ambito degli spazi di discrezionalità a questa riconosciuti;
b) sebbene l’art. 80 del d.lgs. 50/2016 riconnettesse la necessaria titolarità dei citati requisiti alla fase procedimentale della contrattualistica pubblica – il cui esaurimento coincide con l’approvazione della proposta di aggiudicazione – i presupposti indicati da tale ultima disposizione dovevano sussistere, non soltanto per l’intera durata della gara e sino alla stipula del contratto, ma altresì fino all’adempimento delle obbligazioni contrattuali.
A fronte di tale decisione, l’operatore economico ha proposto appello, insistendo per l’accoglimento delle censure mosse nei confronti del provvedimento amministrativo.

La decisione del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato, nel confermare la decisione di primo grado, ha respinto il gravame.
In particolare, prendendo le mosse da una consolidata giurisprudenza formatasi sul tema della “continuità” del possesso dei requisiti generali, il Collegio ha ribadito che “nelle gare di appalto per laggiudicazione di contratti pubblici, i requisiti generali e speciali devono essere posseduti dai candidati non solo alla data di scadenza del termine per la presentazione della richiesta di partecipazione alla procedura di affidamento, ma anche per tutta la durata della procedura stessa, fino allaggiudicazione definitiva ed alla stipula del contratto, nonché per tutto il periodo dellesecuzione dello stesso, senza soluzione di continuità” (Cons. Stato, Ad. plen., 20 luglio 2015, n. 8, richiamata di recente, inter multis, ad es. da Cons. Stato, III, 25 febbraio 2025, n. 1617; V, 11 ottobre 2023, n. 8858; cfr. anche Anac, parere 11 gennaio 2023, n. 69).
Ne consegue, dunque, come le cause di esclusione previste dalla legge (ivi inclusa quella di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016, qui invocata dall’amministrazione) possano essere fatte valere, in linea di principio, (anche) in fase di esecuzione, irrilevante essendo il solo tempo intercorso tra l’aggiudicazione ed inizio dell’esecuzione, da una parte, e la sopraggiunta causa escludente dall’altra.
D’altronde, se l’obiettivo perseguito dalle stazioni appaltanti è quello di affidare l’appalto a soggetti che, fin dalla presentazione della domanda di partecipazione, offrono garanzie di affidabilità ed integrità, non v’è chi non veda come il sopravvenire di una misura cautelare interdittiva –  anche a rapporto contrattuale pendente – si tale da inficiare i requisiti summenzionati (e, per l’effetto, la corretta esecuzione dell’appalto), avendo riguardo all’oggetto e alle caratteristiche tecniche dell’affidamento.
Per tali ragioni, il Consiglio di Stato ha escluso che la portata del principio di continuità del possesso dei requisiti possa essere derogata, ex se, dal richiamato art. 108 d.lgs. n. 50 del 2016, relativo alle ipotesi di risoluzione tipizzate dalla legge, essendo queste inidonee ad elidere o superare il generale principio di continuità, nei termini sopra precisati.
In conclusione, secondo l’interpretazione fornita dalla sentenza in commento, la risoluzione del contratto di appalto rappresenterebbe una scelta “obbligata” per la stazione appaltante ogni qualvolta in cui, anche durante la fase di esecuzione, dovesse sopravvenire taluna delle cause di esclusione di cui all’art. 80, d.lgs. 50/2016, ancorché non espressamente richiamate dal citato art. 108.

Una diversa interpretazione del principio di continuità del possesso dei requisiti di ordine generale

È interessante notare come in un diverso caso, i Giudici di Palazzo Spada abbiano condiviso l’assunto secondo cui “il principio di continuità nel possesso dei requisiti di partecipazione, anche nellaccezione più rigorosa riveniente dalle decisioni dellAdunanza plenaria richiamate dallappellante, non ha portata assoluta, ma ammette in via generale deroghe ed attenuazioni”.
La sentenza in esame (Cons. Stato, sez. III, n. 1937/2025) trae origine dal gravame proposto dalla stazione appaltante avverso la sentenza di accoglimento della domanda di annullamento del provvedimento di risoluzione del contratto di appalto stipulato con l’impresa aggiudicataria, nonostante quest’ultima, iscritta alla white list a seguito di ammissione a controllo giudiziario ex art. 34-bis del d. lgs. n. 159/2011, avesse ottenuto, medio tempore, l’aggiornamento della propria posizione da parte della Prefettura.
Ai fini della decisione, il Consiglio di Stato si è soffermato sulla differenza che intercorrerebbe tra il sopravvenire di una misura di self-cleaning e la sopravvenuta applicazione di una misura interdittiva antimafia: invero, mentre per le misure di self-cleaning è più agevole ritenere che esse operino in modo retroattivo, sì da far venir meno la soluzione di continuità nel possesso dei requisiti di partecipazione (e anzi ciò può dirsi oggi scontato, una volta superato il precedente indirizzo giurisprudenziale per cui le dette misure potevano avere efficacia solo per il futuro), al contrario per le misure interdittive antimafia occorre considerare il consolidato orientamento secondo cui anche la conclusione favorevole del controllo giudiziario non determina ex se la cessazione della loro efficacia, facendo al più sorgere un dovere di riesame ed aggiornamento a carico dell’Amministrazione.
In buona sostanza, pur riscontrando, nel caso concreto, una soluzione di continuità del possesso dei requisiti di ordine generale, la terza sezione del Consiglio di Stato ha ritenuto non obbligatoria la risoluzione del contratto di appalto medio tempore stipulato, riconoscendo in capo all’Amministrazione un margine di valutazione sul da farsi che tenga conto dello stato di esecuzione del contratto e dell’opportunità di affidare la residua esecuzione a un altro operatore economico (valutando, se del caso, anche la possibilità di sospendere l’esecuzione del contratto ex art. 107, comma 2, d.lgs. 50/2016, in attesa della definizione del procedimento di aggiornamento).

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