Obblighi dichiarativi del concorrente ai sensi dell’art. 80 D.Lgs. 50/2016: gli illeciti professionali che hanno perduto rilevanza temporale non devono essere dichiarati

L’obbligo dichiarativo previsto dall’art. 80, comma 5, lett. c) e c-bis) del D.Lgs. 50/2016 per situazioni qualificabili come “gravi illeciti professionali” ha durata triennale e decorre, nel caso di contestazione giudiziale, dalla data del passaggio in giudicato della relativa sentenza

18 Maggio 2021
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L’obbligo dichiarativo previsto dall’art. 80, comma 5, lett. c) e c-bis) del D.Lgs. 50/2016 per situazioni qualificabili come “gravi illeciti professionali” ha durata triennale e decorre, nel caso di contestazione giudiziale, dalla data del passaggio in giudicato della relativa sentenza

Autore: Michele Di Michele

1. Premessa

Con una recente pronuncia del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana (sez. giur., 19 aprile 2021, n. 326) sono state fornite utili indicazioni circa la portata degli obblighi dichiarativi a carico del concorrente in relazione alle circostanze qualificabili come “gravi illeciti professionali” (la cui sussistenza, da valutarsi discrezionalmente da parte della Stazione appaltante, comporta l’esclusione dalla procedura di gara ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c e c-bis del D.Lgs. 50/2016).

In proposito, come noto, il comma 10-bis dell’art. 80 del D.Lgs. 50/2016, introdotto con D.L. n. 32 del 2019 (cd. “Decreto Sblocca-cantieri” convertito in Legge n. n. 55/2019), ha previsto che nei casi di cui al comma 5 del medesimo art. 80 – fra i quali rientra la commissione di gravi illeciti professionali – la durata dell’esclusione sia pari a tre anni, “decorrenti dall’adozione del provvedimento amministrativo di esclusione ovvero, in caso di contestazione in giudizio, dalla data di passaggio in giudicato della sentenza“.

A fronte del limite triennale di rilevanza dei gravi illeciti professionali commessi, occorre quindi comprendere se l’omessa dichiarazione di circostanze suscettibili di integrare un grave illecito professionale anteriori al triennio configuri o meno una reticenza dichiarativa che – seppure non legittimi di per sé l’attivazione di un automatismo espulsivo – deve comunque essere apprezzata dalla Stazione appaltante quale circostanza potenzialmente idonea ad occultare “informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione” e ad “influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante” in ordine alle valutazioni “sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione” (art. 80, comma 5 lettera c-bis) D.Lgs. n. 50/2016), potendo, per tal via, costituire un “grave illecito professionale” del concorrente tale da “rendere dubbia la sua integrità o affidabilità” (art. 80, comma 5, lettera c).

2. Il caso di specie

Nel caso di specie la società ricorrente veniva esclusa dalla procedura di gara per il solo fatto di avere omesso di dichiarare alla Stazione appaltante la sussistenza, a carico del presidente della medesima società, di due sentenze di condanna relative a reati non ostativi (non compresi cioè nell’elencazione tassativa di cui al comma 1 dell’art. 80 del D.Lgs. 50/2016 e, dunque, non comportanti l’automatica esclusione) e assai risalenti (trattasi in particolare di reati che, alla data di pubblicazione del bando, risultavano definiti con sentenza passata in giudicato da ben oltre il triennio).

Segnatamente, i reati oggetto della contestata reticenza dichiarativa consistevano in:

  • stoccaggio non autorizzato di rifiuti (fatti risalenti al 2004; sentenza divenuta esecutiva il 19.4.2006);
  • interruzione di pubblico servizio (fatti avvenuti nel 2010, sentenza depositata il 6.2.2013 e divenuta irrevocabile il 16.7.2015).

Nella fase cautelare del giudizio di primo grado (cfr. ordinanza cautelare n. 1032/2020), il T.a.r. per la Sicilia – Palermo, preso atto che l’esclusione era stata disposta dal RUP “per il solo fatto dell’omissione dichiarativa“, in ossequio ai principi sanciti dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 16/2020 (secondo cui l’ipotesi di reticenza dichiarativa non integra la fattispecie, automaticamente escludente, di falsità dichiarativa di cui alla lett. f-bis), ordinava alla Stazione appaltante di riesaminare la posizione del concorrente valutando in concreto l’incidenza dei precedenti penali non dichiarati ai fini del relativo giudizio di affidabilità professionale.

In esito al riesame, la Stazione appaltante, con provvedimento del RUP (impugnato con motivi aggiunti di ricorso), confermava l’esclusione del concorrente avendo ritenuto – questa volta sulla base di una effettiva valutazione delle circostanze omesse – che i reati commessi dal legale rappresentante dell’impresa costituissero “errori professionali” suscettibili di integrare la fattispecie di cui al comma 5, lett. c).

2.1 La sentenza di primo grado

Con sentenza n. 652/2021 il T.a.r. per la Sicilia – Palermo, sez. III, in accoglimento del ricorso proposto dall’impresa esclusa, annullava il provvedimento di esclusione adottato dalla Stazione appaltante in esito al disposto riesame sulla base del rilievo che i precedenti penali non dichiarati dal concorrente si pongono al di fuori del limite triennale – previsto dal comma 10-bis dell’art. 80 D.Lgs. 50/2016 – di rilevanza delle circostanze che possono concretizzare gravi illeciti professionali.

A tale proposito nella sentenza veniva rilevato come il più recente indirizzo giurisprudenziale abbia sottoposto a severa critica l’orientamento, seguito invece dalla Stazione appaltante nell’emettere il provvedimento di esclusione, che nega l’esistenza di limiti temporali di validità dell’obbligo dichiarativo previsto dall’art. 80, comma 5, lett. c-bis) D.Lgs. n. 50/2016.

Non sfugge, peraltro, come sia stato lo stesso T.a.r. Sicilia, in sede cautelare, ad indicare alla Stazione appaltante di procedere nel senso di dover valutare in concreto la rilevanza dei precedenti penali omessi: è dunque, a ben vedere, il medesimo T.a.r. a rivedere, in sentenza, la propria posizione in merito alla possibilità che gli illeciti professionali anteriori al triennio possano assumere rilevanza escludente.

Nella sentenza si sottolinea, in particolare, come la più recente giurisprudenza faccia corrispondere il limite temporale dell’obbligo dichiarativo alla presupposta irrilevanza di illeciti commessi dopo il triennio anteriore alla adozione degli atti indittivi della procedura di gara (cfr., tra le varie, Cons. Stato, V, 5 marzo 2020, n. 1605).

Ciò, sulla scorta di quanto previsto dal sopra richiamato comma 10-bis dell’art. 80 del Codice dei Contratti, applicabile ratione temporis alla procedura di gara.

Tale limite temporale – come chiarito ulteriormente in sentenza – risulta applicabile “a tutte le ipotesi di grave illecito professionale (e, quindi, pure a quelle correlate all’emissione di una sentenza di condanna non automaticamente ostativa ex art. 80 comma 1 d. lgs. n. 50/16)“, trattandosi di applicazione “coerente con il richiamo della disposizione ai ‘casi di cui al comma 5’ da intendersi in senso generale e, quindi, comprensivo anche di tutte le ipotesi di ‘grave illecito professionale’ qualunque ne sia la causa” (T.a.r. Lazio, Roma, sez. II ter, sentenza n. 4917 del 2020).

Da qui, il Tar adito ha ritenuto che nel caso di specie – essendo le due sentenze di condanna non solo risalenti, ma addirittura divenute definitive ben prima dei tre anni antecedenti la pubblicazione del bando – non sussistesse alcuna omissione dichiarativa rilevante ai sensi dell’art. 80 comma 5, lett. c-bis) del d.lgs. n. 50 del 2016 e, pertanto, la Stazione appaltante non avrebbe dovuto in alcun modo considerare dette circostanze omesse ai fini del giudizio di moralità del concorrente di gara.

2.2 La decisione del C.G.A.R.S.

In grado d’appello il C.G.A.R.S. respingeva l’appello proposto dalla controinteressata, confermando in toto la sentenza di primo grado.

La pronuncia del C.G.A.R.S. ha in particolare chiarito che

  • l’omessa dichiarazione dei reati da parte dell’impresa esclusa non costituisce una falsa dichiarazione comportante la sanzione espulsiva automatica, venendo in rilievo, nel caso in questione, la supposta esistenza di gravi illeciti professionali, ai sensi dell’art. 80, co. 5, lett. c), e la pretesa omissione delle pertinenti informazioni in corso di procedimento selettivo, ai sensi della lett. c-bis);
  • sussiste, a livello di ordinamento sia comunitario che interno, l’obbligo di fissare un limite temporale di rilevanza delle circostanze, soggette ad obblighi dichiarativi, che possono concretizzare gravi illeciti professionali e condurre all’esclusione del concorrente dalla gara.

La fonte di tale obbligo veniva individuata,

  • quanto all’ordinamento comunitario, nell’art. 57 della Direttiva 2014/24/UE, che fissa in cinque e tre anni il periodo massimo di esclusione a seconda che si verta, rispettivamente, in ipotesi di motivi di esclusione obbligatoria ovvero esclusione facoltativa; e
  • quanto all’ordinamento interno, nell’art. 80, comma 10 bis, D.Lgs. n. 50/2016 introdotto ad opera del già citato D.L. n. 32 del 2019.

Conseguentemente, chiariva la sentenza in commento, la Stazione Appaltante non può escludere dalla gara un concorrente laddove le circostanze che potrebbero costituire un grave illecito professionale si siano verificate nel periodo antecedente l’ultimo triennio (con l’ulteriore precisazione che “tale arco temporale nel caso di contestazione giudiziale deve essere computato a far data dal passaggio in giudicato della relativa sentenza“).

Peraltro, come correttamente rilevato dal C.G.A.R.S., vi è una ulteriore considerazione sistematica che impone di ritenere che l’obbligo dichiarativo cessi in relazione agli illeciti professionali anteriori al triennio: ove così non fosse infatti, si consentirebbe, del tutto illogicamente, un trattamento giuridico più favorevole alle situazioni nelle quali intervengano condanne ostative (per le quali è pacifica la limitazione del periodo di inibizione e dunque la rilevanza temporale della condanna, ex art. 80, co. 10 e 10-bis, primo periodo, del Codice) rispetto situazioni diverse, assoggettabili ad una valutazione discrezionale della stazione appaltante, in tesi ostative all’infinito, conclusione incompatibile sia con la lettera che con la ratio della richiamata disciplina comunitaria.

3. Brevi considerazioni conclusive

Il principio espresso dalla sentenza in commento fornisce un’utile indicazione operativa sia per le imprese che per le stazioni appaltanti nella misura in cui chiarisce che l’obbligo declaratorio che i concorrenti devono assolvere in sede di gara non deve avere carattere omnicomprensivo di ogni e qualsiasi vicenda storica del concorrente, a pena di appesantire oltre misura il procedimento di gara (sia in termini di oneri dichiarativi del concorrente che avuto riguardo alla corrispondente attività valutativa del seggio di gara), dovendosi escludere che cause di esclusione che hanno perduto rilevanza temporale debbano comunque essere dichiarate.

È evidente infatti che un obbligo dichiarativo generalizzato, senza l’individuazione di un limite di operatività temporale, “potrebbe rivelarsi eccessivamente oneroso per gli operatori economici, imponendo loro di ripercorrere a beneficio della stazione appaltante vicende professionali ampiamente datate o, comunque, del tutto insignificanti nel contesto della vita professionale di una impresa” (Cons. Stato, V, 22 luglio 2019, n. 5171; Id., V, 3 settembre 2018, n. 5142).

Ulteriore aspetto di rilievo della pronuncia in esame è quello di aver chiarito che il limite triennale di rilevanza temporale del fatto astrattamente configurabile quale “grave illecito professionale” ex art. 80, comma 5, lettera c), D.Lgs. n. 50/16 è identificabile anche allorché venga in rilievo una sentenza penale non automaticamente escludente ex art. 80 comma 1 D.Lgs. n. 50/16, con decorrenza dalla data di passaggio in giudicato.

Si conclude precisando che la pronuncia in esame si pone nel solco dei più recenti orientamenti della giurisprudenza (in questo senso cfr. da ultimo Consiglio di Stato sez. V, 08/04/2021, n.2838; Cons. Stato, Sez. IV, n. 6635 del 29.10.2020; Cons. Stato, Sez. IV, n. 4937 del 5.8.2020; Cons. Stato, sez. V, n. 1605 del 2020, n. 5171 del 2019, n. 2895 del 2019; TAR Lazio, sez. II – ter n. 4917 del 2020), in ciò già preceduta dalle Linee guida ANAC n. 6/2016 e dal parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato n. 2286/2016 del 26 ottobre 2016, che (già prima della novella introdotta dal D.L. “Sblocca Cantieri”) aveva affermato la diretta applicazione nell’ordinamento nazionale della previsione di cui al predetto art. 57, della Direttiva 2014/24/UE, che ha fissato in tre anni dalla data del fatto la rilevanza del grave illecito professionale.