Clausola sociale: obbligo di assorbimento del personale da armonizzare con la libera concorrenza
Interessante sentenza del Consiglio di Stato (sez. III 30/3/2016 n. 1255) sulla c.d. clausola sociale che impone l’assorbimento del personale impiegato dall’affidatario precedente.
Nella fattispecie i dipendenti del precedente aggiudicatario del servizio contestavano il bando di gara nella parte in cui non aveva previsto tale clausola sociale.
La legge della Regione Puglia, e in particolare l’art. 25 della l.r. 25/2007 (come sostituito dall’art. 30 della l.r. 4/2010), ha previsto che nei bandi debba prevedersi “l’assunzione … del personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria dell’appalto nonché la garanzia delle condizioni economiche e contrattuali già in essere, ove più favorevoli”.
Il Collegio ha ritenuto, tuttavia, che l’interesse dei ricorrenti non sussistesse, visto che la norma regionale doveva ritenersi senz’altro applicabile alla procedura, nonostante non figurasse nella lex specialis. Nello stesso senso, peraltro, sono andati i chiarimenti della lex specialis.
Principi giurisprudenziali sulla clausola sociale e obbligo di inserimento
La sentenza è in ogni caso interessante nella parte in cui ricapitola gli orientamenti del Consiglio di Stato sulla clausola sociale, e in particolare sui rapporti tra obblighi di solidarietà e libertà di iniziativa economica.
Il Collegio, a tal proposito, richiama i principi già elaborati dal Consiglio di Stato, sulla portata della clausola sociale e dell’obbligo di assorbimento.
In particolare, l’obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell’appaltatore uscente, nello stesso posto di lavoro e nel contesto dello stesso appalto, deve essere armonizzato e reso compatibile con l’organizzazione di impresa prescelta dall’imprenditore subentrante.
I lavoratori, che non trovano spazio nell’organigramma dell’appaltatore subentrante e che non vengano ulteriormente impiegati dall’appaltatore uscente in altri settori, sono destinatari delle misure legislative in materia di ammortizzatori sociali (cfr. Cons. Stato, III, n. 5598/2015).
Infatti la c.d. clausola sociale deve essere interpretata conformemente ai principi nazionali e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza, risultando, altrimenti, lesiva della concorrenza, scoraggiando la partecipazione alla gara e limitando ultroneamente la platea dei partecipanti, nonché atta a ledere la libertà d’impresa, riconosciuta e garantita dall’art. 41 della Costituzione, che sta a fondamento dell’autogoverno dei fattori di produzione e dell’autonomia di gestione propria dell’archetipo del contratto di appalto, sicché tale clausola deve essere interpretata in modo da non limitare la libertà di iniziativa economica e, comunque, evitando di attribuirle un effetto automaticamente e rigidamente escludente (cfr. Cons. Stato, VI, n. 5890/2014).
La necessità di prendere in considerazione anche i principi di libera concorrenza e iniziativa imprenditoriale comporta anche che la clausola non implichi alcun obbligo per l’impresa aggiudicataria di un appalto pubblico di assumere a tempo indeterminato ed in forma automatica e generalizzata il personale già utilizzato dalla precedente impresa o società affidataria (cfr. Cons. Stato, III, n. 1896/2013).
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posizione assolutamente logica questa del Consiglio di Stato che contempera l’esigenza di evitare una crisi occupazionale nei cambi di gestione all’esigenza imprenditoriale e organizzativa di mutare/innovare le condizioni di gestione. Quindi il personale di un appaltatore non ha diritto a quel posto fisso ma si valuterà se vi siano le condizioni per l’assorbimento e se la clausola sociale non sia impeditiva della concorrenza e della qualità delle prestazioni rese da imprenditore diverso da quello che aveva scelto il personale (selezionato con che parametri ?). Quando la stazione appaltante inserisce la clausola sociale nel bando è necessario che tutte le concorrenti siano messe in condizione di conoscere caratteristiche e costi del personale da assorbire (quasi) come l’impresa cessante, in particolare se quest’ultima partecipa alla gara per il nuovo appalto.
Tuttavia se nel CCNL della subentrante è prevista la clausola, il problema si supera. Non sarebbe stato meglio lasciare alla subentrante l’onere di dimostrare come dal punto di vista tecnico/organizzativo riuscirebbe a ridurre il personale garantendo il servizio?
È giusto che i dipendenti delle cooperative non debbano avere, in caso di servizi appaltati, un contratto stabile? Oltre al diritto relativo agli scatti di livello.
No non è giusto e a tal proposito vi invito a riflettere e a mettervi nei panni dei dipendenti che rischiano il posto di lavoro ogni volta che ce la nuova gara d’appalto