Appalti dei comuni non capoluogo dopo le FAQ ANAC. La questione dei servizi sociali

30 Giugno 2016
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1. Premessa

Le recenti FAQ dell’ANAC – soprattutto in tema di prerogative negoziali dei comuni non capoluogo di provincia alla luce del nuovo codice degli appalti – risultano, evidentemente, di particolare rilievo ed allo stesso tempo anche vagamente inquietanti.
Non si può non rilevare, in effetti, che la necessità di riscontri sulle modalità applicative di norme cruciali testimoniano la complessiva inadeguatezza di un “nuovo” corpus normativo entrato immediatamente in vigore.
La questione pratica/applicativa per i comuni non capoluogo si risolve, semplificando, con riferimento ai primi 4/5 commi dell’articolo 37 che ridisegnano l’ambito operativo di questi enti ed i “nuovi” modelli aggregativi in sostituzione di quanto previsto al comma 3-bis del pregresso articolo 33 del decreto legislativo 163/2006.
Anche in questa occasione, non si può non rammentare che il Consiglio di Stato – nel parere 855/2016 – riteneva necessaria una norma transitoria in attesa dell’introduzione degli ambiti territoriali per le aggregazioni e che nella seduta del 16 aprile, effettivamente (come si può leggere nella bozza in tale data adottata) il Governo ha introdotto il riferimento transitorio suggerito dalla commissione speciale che prevedeva la “sopravvivenza” del comma 3-bis fino all’adozione del decreto di cui al comma 5 dell’articolo 37 del nuovo codice.
Nel comma citato si legge che “con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata”, il decreto deve essere adottato entro “sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente codice, garantendo la tutela dei diritti delle minoranze linguistiche, sono individuati gli ambiti territoriali di riferimento in applicazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, e stabiliti i criteri e le modalità per la costituzione delle centrali di committenza in forma di aggregazione di comuni non capoluogo di provincia. In caso di concessione di servizi pubblici locali di interesse economico generale di rete, l’ambito di competenza della centrale di committenza coincide con l’ambito territoriale di riferimento (ATO), individuato ai sensi della normativa di settore. Sono fatte salve in ogni caso le attribuzioni degli enti di area vasta di cui alla legge 7 aprile 2014, n. 56. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al primo periodo si applica l’articolo 216, comma 10”.
L’inciso ultimo chiarisce che in attesa del sistema di qualificazione rimane rilevante – e consente di operare come stazione appaltante – l’iscrizione all’anagrafe delle stazioni.
Il riferimento al periodo transitorio, pur previsto nella bozza del 16 aprile non ha mai trovato la luce in Gazzetta Ufficiale.

2. Le opzioni operative per i comuni non capoluogo di provincia

Come si vedrà più avanti dall’articolato meccanismo voluto dal legislatore – confermato anche in sede di FAQ dall’ANAC (che a ben vedere nulla ha aggiunto rispetto al dato normativo) – si possono individuare almeno 5 differenti ipotesi.
In sintesi, fermo restando quanto si dirà più avanti, il comune non capoluogo di provincia (con iscrizione all’anagrafe predetta) può:

  • Procedere con appalto autonomo e diretto per importi inferiori ai 40 mila euro per beni e servizi applicando naturalmente gli strumenti imposti dalla legislazione spending review (mercato elettronico per importi pari o superiori ai mille euro) ed in difetto di questi finanche la gara tradizionale;
  • Procedere con appalto autonomo e diretto per importi inferiori ai 150 mila euro per i lavori (gara tradizionale);
  • Procedere – pur nel silenzio del codice e dell’ANAC ma indicato nella relazione tecnica – senza limiti di importo con ordini diretti utilizzando strumenti di acquisto delle centrali di committenza (es. convenzioni Consip o altra centrale, accordi quadro che non richiedano negoziazioni, ordine diretto – ma in questo caso fino ai 40 mila euro – sul mercato elettronico);
  • Procedere per importi pari o superiori ai 40 mila euro e fino ai 209 mila euro utilizzando gli strumenti di negoziazione delle centrali di committenza (quindi, ad esempio, RDO nel mercato elettronico ed altre forme con negoziazione).
  • Procedere per importi pari o superiori ai 150 mila euro e fino ad un milione di euro per lavori di manutenzione utilizzando – se disponibili come preventivato dalla legge di stabilità – strumenti telematici di acquisto;

Fuori da queste ipotesi si impongono i modelli aggregativi previsti nel comma 4 dell’articolo 37. Di seguito, si analizza anche la questione dei servizi sociali in rapporto all’obbligo dell’aggregazione anche alla luce delle considerazioni espresse dall’ANAC.

3. Le acquisizioni dei comuni non capoluogo nel previgente regime normativo

Nella situazione pregressa, come più volte rilevato, al netto degli obblighi di aderire al mercato elettronico ed altri obblighi della spending review, i comuni non capoluogo (comma 3-bis dell’articolo 33 del decreto legislativo 163/2006) avevano solamente due opzioni circa i propri procedimenti di gara:
Nell’ambito dei 40mila euro, tanto lavori quanto servizi e forniture, il RUP poteva (e può) esperire un procedimento autonomo e diretto (ovvero anche una gara tradizionale);
Al di sopra delle soglie predette, per beni e servizi, restava l’alternativa di affidarsi agli strumenti di Consip e dei soggetti aggregatori. In quest’ambito – e sembra che non si possa dubitare – il RUP poteva esperire un procedimento diretto ed autonomo attraverso le RDO e/o aderire alle convenzioni. Se queste possibilità non risultavano praticabili (vuoi per assenza del prodotto/servizio vuoi per altre ragioni) l’unica alternativa possibile era quella di centralizzare i procedimenti di gara (o “far fare” la gara ad una stazione appaltante abilitata, es. provincia o centrale di committenza).
Per i lavori, la questione risultava più rigorosa non esistendo (salvo magari limitatissime eccezioni) la possibilità di avvalersi di forme di mercato elettronico e/o di convenzioni: in sostanza la centralizzazione appariva come unica possibilità).

4. Nel regime transitorio

Nel regime transitorio – in particolare ante sistema di qualificazione che ridisegnerà le prerogative negoziali delle stazioni appaltanti (e non solo dei comuni non capoluogo di provincia) – il comune non capoluogo utilizzerà la propria iscrizione all’anagrafe della stazione appaltante e potrà esperire procedimenti autonomi di gara (fermo restando gli obblighi di utilizzare il mercato elettronico ed avvalersi dei soggetti aggregatori e/o ricorrere alle convenzioni nel caso di specifiche previsioni normative fino a 40 mila euro per beni e servizi (come in passato) e fino ai 150 mila euro per lavori (con innalzamento quindi della soglia pregressa).
In relazione agli acquisti nell’ambito delle soglie preindicate, il comma 1 dell’articolo 37 stabilisce, per effetto del richiamo di cui al successivo comma 4, che (anche) il comune non capoluogo di provincia può procedere autonomamente (e quindi anche con gara tradizionale se non è possibile rispettare gli obblighi spending review) “nonché attraverso l’effettuazione di ordini a valere su strumenti di acquisto messi a disposizione dalle centrali di committenza”.
Questa possibilità è stata interpretata, come detto, dalla relazione tecnica di accompagnamento dello schema di codice, nel senso che la stazione appaltante può procedere con gli strumenti telematici di acquisto (che non consentono negoziazione) a prescindere dall’importo. Questa possibilità – il riferimento all’importo – non viene ribadita esplicitamente nel codice né viene confermata dall’ANAC (nelle FAQ più volte citate) che si limita a ripetere senza aggiungere alcun elemento nuovo il testo del codice.
E allora l’interpretazione potrebbe essere nel senso che il comune non capoluogo può aderire alle (es.) convenzioni Consip o delle centrali qualificate – e comunque sistemi che non consentono la negoziazione come si vedrà più avanti – a prescindere dall’importo. Questa prerogativa, pur nel dubbio, si deve ammettere a pena del collasso del sistema e si deve ritenere che possa permanere anche a prescindere dal sistema di qualificazione.
In sostanza, il potere di negoziare autonomamente, per i comuni non capoluogo rimane solo nell’ambito della “prima fascia” ovvero:

  • Per importi inferiori ai 40 mila euro per beni e servizi – fermo restando gli obblighi spending che si applicano a partire da importi pari a 1.000 euro (grazie alla modifica apportata dalla legge di stabilità 208/2015);
  • Per importi inferiori a 150 mila euro per i lavori.

Per importi superiori (ma questo vale soprattutto per beni e servizi e, grazie alla legge di stabilità, per le manutenzioni) i comuni non capoluogo non hanno potere negoziale ma il potere di utilizzare strumenti di acquisto che, ai sensi della lettera cccc), delle definizioni del codice, sono quelli che non richiedono apertura del confronto competitivo. Rientrano tra gli strumenti di acquisto:

  • le convenzioni quadro di cui all’articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, stipulate, ai sensi della normativa vigente, da CONSIP S.p.A. e dai soggetti aggregatori;
  • gli accordi quadro stipulati da centrali di committenza quando gli appalti specifici vengono aggiudicati senza riapertura del confronto competitivo;
  • il mercato elettronico realizzato da centrale di committenza nel caso di acquisti effettuati a catalogo (utilizzabile fino ai 40 mila euro).

La terza possibilità, in realtà, è esercitabile solo nei limiti dei 40 mila euro, perché oltre tale importo per forza è necessario avviare un procedimento competitivo (attraverso le RDO).
Se questo è vero, il secondo periodo del primo comma dell’articolo 37 – che viene richiamato anche per i comuni non capoluogo attraverso il 4° comma dell’articolo 37 – secondo cui “per effettuare procedure di importo superiore alle soglie indicate al periodo precedente (e quindi pari o superiori ai 40 mila e pari o superiori ai 150 mila per i lavori), le stazioni appaltanti devono essere in possesso della necessaria qualificazione (…)” si riferisce solamente alla possibilità di utilizzare strumenti di negoziazione ovvero sulla prerogativa negoziale che viene inibita senza qualificazione (non sulla possibilità di una adesione – es. ad una convenzione – che non implichi alcuna negoziazione).
Nel periodo transitorio, come emerge dalle FAQ ANAC – ed in relazione ad una seconda fascia di importi – è però sufficiente anche per gli importi predetti ma fino a 209 mila euro per i servizi ed 1 milione di euro per i lavori di manutenzione l’iscrizione all’anagrafe delle stazioni appaltanti.

 5. Gli strumenti di negoziazione utilizzabili autonomamente

Alla luce della norma (primo periodo secondo comma dell’articolo 37 ed anche secondo l’ANAC – che, si ripete, non aggiunge nulla al dato normativo) :

  • per gli acquisti di forniture e servizi di importo pari o superiore a 40.000 euro e fino (importo inferiore) ai 209 mila euro;
  • la realizzazione di lavori di manutenzione ordinaria d’importo pari o superiore a 150.000 e inferiore a 1 milione di euro

I Comuni non capoluogo di provincia, nel periodo transitorio, se iscritti all’AUSA (altrimenti necessiterebbero della qualificazione), possono procedere all’affidamento mediante utilizzo autonomo degli strumenti telematici di negoziazione messi a disposizione dalle centrali di committenza qualificate secondo la normativa vigente, se disponibili.
Ai sensi della lettera dddd) delle definizioni gli strumenti di negoziazione sono quelli che consentono una apertura del confronto competitivo.
Rientrano tra gli strumenti di negoziazione:
1) gli accordi quadro stipulati da centrali di committenza nel caso in cui gli appalti specifici vengono aggiudicati con riapertura del confronto competitivo;
2) il sistema dinamico di acquisizione realizzato da centrali di committenza;
3) il mercato elettronico realizzato da centrali di committenza nel caso di acquisti effettuati attraverso confronto concorrenziale (utilizzabile fino ai 209 mila euro);
4) i sistemi realizzati da centrali di committenza che comunque consentono lo svolgimento delle procedure ai sensi del presente codice;

6. La questione dei servizi sociali

Come noto, con il nuovo codice è cambiato il regime giuridico degli appalti dei servizi sociali che non sono più appalti esclusi e, pertanto, ad essi si applicano gli obblighi della previa aggregazione/centralizzazione delle procedure (nel pregresso regime tenuti fuori da tali obblighi – non dalla norma – ma dalle riflessioni dell’ANAC).
Nelle FAQ si precisa che (solo) per importi pari o superiori ai 750 mila euro (settori ordinari) si applicano le norme del codice dei contratti.
Ora se questo fosse vero, com’è vero, l’articolo 37 dovrebbe applicarsi solo in relazione ad importi pari o superiori alla cifra che segna il sopra soglia (750 mila euro). E le implicanze sono rilevantissime perché solo in caso di raggiungimento di tale cifra, per i comuni non capoluogo, dovrebbe scattare l’obbligo della centralizzazione.
Ma, nelle FAQ si precisa che i servizi sociali sono soggetti alle disposizioni contenute nell’articolo 37, pertanto, anche in questo caso occorre fare il ragionamento sulle fasce di importo:

  • Fino a 40 mila euro è possibile il procedimento autonomo (semplificato);
  • Per importi superiori – se fossero utilizzabili – strumenti di acquisto senza negoziazione;
  • Con qualificazione – e nel regime transitorio iscrizione anagrafe stazione appaltante – fino a 209 mila euro strumenti di negoziazione se fossero disponibili anche per i servizi sociali.
  • Per importi superiori – fatta salva la possibilità di adesioni a convenzioni o accordi quadro e/o utilizzo di strumenti telematici di acquisto (se esistenti) – centralizzazione delle procedure di gara.
  • Per importi pari o superiori ai 750 mila tra l’altro dovrebbe trovare applicazione le specifiche di cui agli artt. 142 e segg.

7. I nuovi modelli aggregativi

Per gli importi superiori alla “seconda fascia” e/o nel caso risulti impossibile utilizzare gli strumenti telematici di negoziazione delle centrali, il comune non capoluogo dovrà veicolare i propri procedimenti di gara secondo le modalità indicate nel comma 4 in cui si puntualizza che:
Se la stazione appaltante è un comune non capoluogo di provincia, (…) procede secondo una delle seguenti modalità:
a) ricorrendo a una centrale di committenza o a soggetti aggregatori qualificati (nda per l’espletamento della gara);
b) mediante unioni di comuni costituite e qualificate come centrali di committenza, ovvero associandosi o consorziandosi in centrali di committenza nelle forme previste dall’ordinamento (nda come in passato ma in più è necessaria la qualificazione ora, per deduzione, nel periodo transitorio la semplice iscrizione anagrafica);
c) ricorrendo alla stazione unica appaltante costituita presso gli enti di area vasta ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56 (nda per l’espletamento della gara).

8. Considerazioni finali

L’aspetto singolare delle FAQ dell’ANAC è che nel momento cui si chiarisce quanto appena sintetizzato, si sottolinea anche che – fermi restando gli obblighi della spending e della più recente legge di stabilità (e si rinvia alle parti successive) – “l’Autorità rilascerà il CIG ai Comuni non capoluogo di Provincia che procedano direttamente e autonomamente:
– agli acquisti effettuati mediante il ricorso a strumenti di acquisto e di negoziazione, anche telematici, previsti dalle disposizioni vigenti in materia di contenimento della spesa;
all’effettuazione di ordini a valere su strumenti di acquisto messi a disposizione dalle centrali di committenza;
– all’acquisizione di forniture e servizi di importo inferiore a 40.000 euro e di lavori di importo inferiore a 150.000 euro;
– all’acquisto di forniture e servizi di importo superiore a 40.000 euro e inferiore alla soglia di cui all’art. 35, nonché all’acquisto di lavori di manutenzione ordinaria d’importo superiore a 150.000 e inferiore a 1 milione di euro mediante utilizzo autonomo degli strumenti telematici di negoziazione messi a disposizione dalle centrali di committenza qualificate”.
Se i casi appena riportati venissero considerati come singole ipotesi (ovvero come 4 ipotesi), sembra evidente che le precisazioni non risultano chiare.
I primi due riferimenti, che sotto – per comodità di lettura si riportano – sono indicati senza alcun riferimento ad importi ingenerando delle difficoltà interpretative/applicative.
– agli acquisti effettuati mediante il ricorso a strumenti di acquisto e di negoziazione, anche telematici, previsti dalle disposizioni vigenti in materia di contenimento della spesa;
all’effettuazione di ordini a valere su strumenti di acquisto messi a disposizione dalle centrali di committenza;
In realtà, la FAQ – si è indotti a ritenere – riporta le ipotesi di tipo generale ovvero gli obblighi di utilizzare gli strumenti spending a prescindere dagli importi e fino agli importi per cui al comune non capoluogo è consentito di procedere autonomamente (mantiene le prerogative negoziali).
In sostanza le ipotesi pratico/operative sono (sarebbero):
– all’acquisizione di forniture e servizi di importo inferiore a 40.000 euro e di lavori di importo inferiore a 150.000 euro;
– utilizzo di strumenti telematici di acquisto (es. convenzione Consip o centrale) senza limiti di importo;
– all’acquisto di forniture e servizi di importo superiore a 40.000 euro e inferiore alla soglia di cui all’art. 35, nonché all’acquisto di lavori di manutenzione ordinaria d’importo superiore a 150.000 e inferiore a 1 milione di euro mediante utilizzo autonomo degli strumenti telematici di negoziazione messi a disposizione dalle centrali di committenza qualificate”.
Oltre tali ipotesi, come detto, rimane fermo l’obbligo delle aggregazioni predette.