Diritti di rogito e funzioni roganti dei segretari comunali e provinciali

9 Gennaio 2017
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R. Nobile (La Gazzetta degli Enti Locali 5/1/2017)

Anche nella vicenda della quale ci occupiamo oggi sulle pagine di questa Gazzetta è coinvolta l’azione del legislatore riformatore.

Un legislatore-bersagliere che ha intrapreso la corsa per l’attuazione di modifiche ordinamentali di ampio spessore, le quali non hanno però trovato, almeno di recente, il consenso né del corpo elettorale, né della Corte Costituzionale. La vicenda è fresca, ma merita di essere rammemorata:

– in primo luogo, la bocciatura di parti consistenti della legge 7 agosto 2015, n. 124 in tema di riforma della dirigenza pubblica [ma non solo];
– in secondo luogo, la stroncatura della riforma costituzionale all’esito del referendum confermativo del 4 dicembre 2016 sulla relativa legge licenziata dal parlamento, nella quale è confluito, come in un fritto-misto, di tutto e di più: dall’abolizione del CNEL alle modalità di nomina dei giudici della Corte costituzionale; dall’eliminazione del Senato elettivo alle modalità di elezione [di secondo grado] del Presidente della repubblica.

Dai rapporti fra Governo e Camera elettiva all’abolizione delle Province.

Da notare che il parlamento che ha legiferato nelle materie de quibus era ed è tuttora il prodotto di un’elezione svolta sulla base della legge 21 dicembre 2005, n. 270 dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale con sentenza 31 gennaio 2014, n. 1.
Il quale ha intrapreso la propria azione di riforma ordinamentale preordinata all’attuazione di modificazioni dell’assetto giuridico del sistema-paese di ampio impatto prima di aver ricostituito idonee forme di rappresentatività in presenza di condizioni “tali da alterare per l’intero complesso dei parlamentari il rapporto di rappresentanza fra elettori ed eletti.
Anzi, impedendo che esso si costituisca correttamente e direttamente, coartano la libertà di scelta degli elettori nell’elezione dei propri rappresentanti in Parlamento, che costituisce una delle principali espressioni della sovranità popolare, e pertanto contraddicono il principio democratico, incidendo sulla stessa libertà del voto di cui all’art. 48 Cost.
”.
Il tutto anche se, come confermato dal giudice della legittimità costituzionale “le elezioni che si sono svolte in applicazione anche delle norme elettorali dichiarate costituzionalmente illegittime costituiscono, in definitiva, e con ogni evidenza, un fatto concluso, posto che il processo di composizione delle Camere si compie con la proclamazione degli eletti. Del pari, non sono riguardati gli atti che le Camere adotteranno prima che si svolgano nuove consultazioni elettorali”.
Come dire, il difetto di rappresentatività di un parlamento legiferante è tamquam non esset sempre e comunque, anche in presenza di riforme ordinamentali ratione materiae che cambiano in modo radicale l’assetto giuridico del sistema paese dal punto di vista non solo formale, ma anche e soprattutto sostanziale.

In disparte le rappresentate considerazioni, che, però, non possono essere sottaciute, va ora contestualizzato l’oggetto del nostro odierno intervento, ossia la differente disciplina ordinamentale dei diritti di rogito riscossi dagli enti locali territoriali, tutti rimasti ben “ritti in piedi” dopo il 4 dicembre 2016.

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Redazione