Antitrust, relazione annuale: le criticità del codice appalti

17 Maggio 2017
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Il presidente dell’Antitrust, Giovanni Pitruzzella, ha illustrato la Relazione annuale sull’attività svolta nel 2016 dall’Antitrust alla presenza della Presidente della Camera, Laura Boldrini

Martedì 16 maggio, il Presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella, ha illustrato presso la Camera dei Deputati, a Palazzo Montecitorio, la relazione annuale, stilando un bilancio dell’attività dell’Autorità nell’ultimo anno, inquadrandola nell’attuale situazione economica e sociale e indicando gli ideali obiettivi del prossimo futuro.

Pitruzzella ha evidenziato come la concorrenza resti un caposaldo della crescita economica e lo strumento indispensabile per favorire l’innovazione, la riduzione delle diseguaglianze, l’efficienza delle imprese e il benessere del consumatore.

Per quanto riguarda l’ambito degli appalti, ha sottolineato come nell’attività dell’Antitrust dell’ultimo anno, spicchi la lotta ai cartelli negli appalti pubblici, anche in collaborazione con l’Anac, che ha portato a significativi risultati, come dimostra la sanzione per il cartello tra imprese nella gara Consip per la pulizia delle scuole.

Altre istruttorie sono tuttora in corso, a cominciare da quella, sempre per una gara Consip, nei confronti del Consorzio Nazionale Servizi e di altre sei imprese per l’affidamento dei servizi di facility management destinati agli immobili della P.A., delle Università e degli Istituti di ricerca.

All’interno della relazione illustrata al Parlamento, è stato dato spazio ad un’analisi del Codice dei contratti pubblici dove, pur non mancando di sottolineare gli effetti positivi legati all’entrata in vigore del decreto (dalla spinta a suddividere gli appalti in lotti per favorire la concorrenza, alla maggior efficienza delle gare grazie alle norme mirate a ridurre il contenzioso, fino alla scelta di andare verso la centralizzazione delle committenze) vengono evidenziati diversi punti critici sull’impianto della riforma.

Clausole sociali

È il caso, ad esempio, della possibilità di inserire la clausola di protezione sociale negli appalti ad alta intensità di manodopera, prevista all’art. 50 del Codice, senza richiedere alcuna compatibilità o armonizzazione con le esigenze dell’impresa subentrante. Sul tema l’Autorità è ripetutamente intervenuta, da ultimo con un parere espresso proprio con riferimento allo schema di Codice degli appalti, nel quale aveva sottolineato le criticità concorrenziali sottese alla previsione di una clausola di protezione sociale nei bandi di gara che non fosse rispettosa dell’autonomia dell’impresa vincitrice della gara.

Débat public

Anche la modalità con cui è stata introdotta, nell’art. 22 del nuovo Codice, la consultazione con i portatori di interesse nella forma del “dibattito pubblico” per le grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, presenta elementi di debolezza.
L’Autorità aveva difatti auspicato l’introduzione di procedure sul modello del débat public francese, caratterizzate da trasparenza e contraddittorio, al fine di superare l’impasse che spesso caratterizza la realizzazione delle grandi opere di infrastrutture pubbliche a causa dell’opposizione delle comunità locali e dell’insorgere di contestazioni dopo la conclusione della fase decisionale.
La procedura prevista dal nuovo Codice degli appalti risulta essere scarsamente operativa ed efficace a causa del rinvio dei contenuti essenziali ad un futuro D.P.C.M. da emanarsi entro un anno dall’entrata in vigore del Codice; inoltre, la decisione di attribuire la gestione della procedura al soggetto che propone l’opera (e che quindi è, per definizione, non terzo), rischia di farle perdere il necessario carattere di imparzialità e, conseguentemente, di dare adito a nuovi pretesti di ricorso da parte degli oppositori.

Eccessivi provvedimenti attuativi

Più in generale, poi, come sottolineato dallo stesso Consiglio di Stato, il rinvio ad un provvedimento attuativo contenuto in numerosi articoli del Codice, rischia di minare uno degli obiettivi che lo stesso Codice mirava a perseguire, vale a dire l’introduzione di una cornice regolatoria chiara, sistematica ed unitaria.
Il rinvio nel tempo dell’operatività delle norme, infatti, indebolisce l’efficacia dell’intero Codice e genera, inoltre, incertezze interpretative sulla sua applicazione.

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 Stefano Muccioli
Redazione Appalti&Contratti

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