Il Consiglio di Stato ha confermato la finalità cautelare e di tipo preventivo della misura della straordinaria e temporanea gestione dell’impresa

Secondo i giudici amministrativi le misure di cui all’art. 32 del d.l. anticorruzione (d.l. 90/2014) non hanno natura sanzionatoria, né finalità afflittive e possono, quindi, applicarsi a tutti i contratti in esecuzione al momento della introduzione delle misure medesime

1 Febbraio 2018
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Secondo i giudici amministrativi le misure di cui all’art.32 del d.l. anticorruzione (d.l. 90/2014) non hanno natura sanzionatoria, né finalità afflittive e possono, quindi, applicarsi a tutti i contratti in esecuzione al momento della introduzione delle misure medesime (Consiglio di Stato, sez. III, n. 93/2018)

A cura di Dario Capotorto e Irene Picardi

Con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato è tornato a occuparsi della natura delle misure di straordinaria e temporanea gestione adottate nei confronti delle imprese nei casi previsti dall’art. 32 del d.l. 90/2014.

Nel giudizio che si è svolto dinnanzi al Tar Milano in primo grado e poi al Consiglio di Stato, l’impresa ricorrente, sottoposta alla gestione commissariale, ha lamentato la violazione del principio di irretroattività delle sanzioni penali e amministrative, evidenziando come i fatti contestati all’impresa fossero tutti risalenti ad un’epoca anteriore all’entrata in vigore della norma sopra citata.

I giudici amministrativi hanno nuovamente esaminato la natura dell’istituto in questione e, sulla scorta di considerazioni non del tutto persuasive, hanno ribadito l’applicabilità del d.l. 90/2014 anche in via retroattiva.

Il giudizio di primo grado

Nel corso del 2016 l’ANAC aveva avanzato ai Prefetti di Monza e Brianza e di Barletta e Andria una proposta di applicazione della misura della straordinaria e temporanea gestione nei confronti di un’impresa affidataria di due appalti, aventi ad oggetto i servizi di igiene urbana dei Comuni di Monza, Andria e Canosa.

La richiesta si fondava, in sintesi, sul coinvolgimento di soggetti, che ricoprivano ruoli di rappresentanza e direzione all’interno dell’impresa, in gravi fatti di corruzione commessi in occasione delle procedure di appalto al fine di ottenerne l’aggiudicazione, per i quali era già intervenuta sentenza di patteggiamento.

L’Autority nell’esaminare la vicenda aveva, quindi, ritenuto soddisfatti tutti i requisiti essenziali per la richiesta al Prefetto competente della misura di cui all’art. 32, comma 1, lett. b) d.l. 90/2014, giustificata dall’esigenza di presidiare l’impresa interessata con riferimento ai contratti di appalto “incriminati” nella fase di esecuzione.

Avverso il provvedimento prefettizio di applicazione della misura, proponeva impugnazione l’impresa commissariata, lamentandone l’illegittimità sotto diversi profili e in particolare, fra gli altri, per la violazione del principio di irretroattività, applicabile alle sanzioni penali (ai sensi dell’art. 25 Cost., 2 c.p. e 7 Cedu) e a quelle amministrative (ai sensi dell’art. 1 l. 689/1981).

La ricorrente muoveva dalla premessa che la misura di cui all’art. 32 d.l. 90/2014 andasse qualificata in termini di sanzione di natura penale, secondo la nozione elaborata dalla Corte EDU, o comunque di sanzione amministrativa per le conseguenze prodotte nei confronti delle imprese.

Nel respingere il ricorso, il Tar Milano ha osservato come la straordinaria e temporanea gestione di cui all’art. 32 si configuri come misura di carattere amministrativo, non avente finalità afflittive o sanzionatorie, poiché volta a garantire il perseguimento dei rilevanti interessi connessi alla corretta esecuzione dei contratti pubblici e non a reprimere una condotta illecita.

Le conclusioni dei giudici milanesi sono state condivise anche in secondo grado dal Consiglio di Stato.

La decisione del Consiglio di Stato

I giudici di Palazzo Spada hanno ricordato che con la particolare forma di commissariamento di cui all’art. 32, comma 1, d.l. 90/2014 che può essere disposta “limitatamente alla completa esecuzione del contratto d’appalto ovvero dell’accordo contrattuale o della concessione”, il legislatore ha inteso garantire l’interesse pubblico al corretto completamento dell’opera, mediante la gestione del contratto in un regime di legalità controllata.

Per tale ragione, l’attività di straordinaria e temporanea gestione dell’impresa è stata espressamente qualificata come attività di “pubblica utilità” (art. 32, comma 4), proprio perché volta a rispondere in via prioritaria all’interesse generale di assicurare la realizzazione dell’opera.

E ancora, per lo stesso motivo, si è osservato che l’istituto si manifesta come uno strumento di autotutela contrattuale, previsto direttamente dalla legge in alternativa alle regole generali che imporrebbero la caducazione del contratto.

Il sistema di tutela, così delineato, è completato dalla regola cautelare dettata dal settimo comma dell’art. 32 d.l. 90/2014, che impone l’accantonamento degli utili che possono derivare dal contratto commissariato nella loro totalità.

Ciò al fine di scongiurare il paradossale effetto di far percepire, proprio attraverso il commissariamento, il profitto dell’attività criminosa e in coerenza sia con l’art. 240 c.p. che consente in via generale di disporre la confisca del profitto del reato, sia avuto riguardo alla speciale disposizione di cui all’art. 322 ter c.p, specificamente riferita ai reati di corruzione.

Ebbene, da quanto sopra si dovrebbe desumere la funzione dalla misura in esame, non sanzionatoria, ma piuttosto di strumento per l’esecuzione del contratto, cui si affianca quella cautelare e preventiva di accantonamento degli utili eventualmente prodotti dall’impresa, in vista della definitiva confisca in sede penale.

Allora, in tal senso inteso, il commissariamento dovrebbe ritenersi applicabile a tutti i rapporti contrattuali in esecuzione al momento dell’entrata in vigore della normativa del 2014.

Alcune considerazioni conclusive

Sebbene l’orientamento della giurisprudenza amministrativa sembri costante nell’escluderne il carattere afflittivo e sanzionatorio, e la sentenza in esame ne è una conferma, quella della natura della straordinaria e temporanea gestione dell’impresa rimane questione a nostro avviso non definitivamente risolta.

E infatti, al di là della qualificazione formale che le viene assegnata dall’ANAC e dai giudici amministrativi, la misura prevista dal d.l. 90 del 2014 incide in maniera assai penetrante sull’amministrazione dell’impresa, determinando uno spossessamento, seppur temporaneo, dei poteri di direzione e gestione, che per volere di autorità amministrative vengono sottratti ai titolari o all’assemblea per essere attribuiti ad amministratori esterni.

E ciò non solo nell’ipotesi in cui l’autorità giudiziaria proceda per i delitti di corruzione in senso lato, ma anche in presenza di situazioni anomale o sintomatiche di condotte illecite o eventi criminali attribuibili all’impresa aggiudicataria dell’appalto.

La sensibile compressione dell’autonomia di gestione trova conferma nel terzo comma dello stesso art. 32 d.l. 90/2014, ove si prevede espressamente che per l’intera durata della straordinaria e temporanea gestione dell’impresa, tutti i poteri e le funzioni che tipicamente spetterebbero agli organi di amministrazione e gestione siano attribuiti agli amministratori indicati dal Prefetto.

La norma stabilisce altresì che i poteri di disposizione e gestione dei titolari dell’impresa debbano essere sospesi per tutta la durata della gestione commissariale, così come i poteri dell’assemblea nel caso in cui l’impresa sia costituita in forma societaria.

Anche l’accantonamento degli utili derivanti dalla conclusione dei contratti di appalto connessi alle attività dell’impresa che si presumono illecite, pregiudica fortemente i soggetti commissariati anche sotto il profilo finanziario, determinando una immobilizzazione di ingenti capitali per un arco temporale indefinito.

Inoltre, il peso economico dei compensi spettanti ai commissari di nomina prefettizia viene fatto cadere integralmente sul patrimonio dell’azienda commissariata.

Tutte previsioni, quelle appena segnalate, che dimostrano come le misure in questione pregiudichino gli interessi aziendali e meritino una diversa qualificazione.

Le conclusioni cui è pervenuta la giurisprudenza amministrativa non sembrano quindi considerare gli effetti concreti che le misure in questione producono sulla vita delle aziende e appaiono più ispirate dalla volontà di estenderne il relativo ambito di operatività, pur sacrificando taluni profili di coerenza sistematica.

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