Conseguenze della irregolarità contributiva accertata in corso di gara e dopo l’aggiudicazione

Con la sentenza n.36 del 13 luglio 2018, il Tar della Valle d’Aosta ha chiarito che il provvedimento di esclusione in senso stretto può essere emesso solo nella prima fase, quella della gara, fino all’adozione dell’aggiudicazione definitiva.

18 Luglio 2018
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Con la sentenza n.36 del 13 luglio 2018, il Tar della Valle d’Aosta ha chiarito che il provvedimento di esclusione in senso stretto può essere emesso solo nella prima fase, quella della gara, fino all’adozione dell’aggiudicazione definitiva.

Non a caso a seguito della proposta di aggiudicazione la Stazione appaltante deve controllare i requisiti di partecipazione e solo nel caso di mancato riscontro di una delle cause di esclusione può procedere all’aggiudicazione definitiva.

Successivamente all’adozione di questo provvedimento, invece, l’esclusione in senso stretto e, quindi, la semplice e diretta applicazione dell’art. 80, d.lgs. n. 50 del 2016 non sono ammissibili, perché è lo stesso tenore letterale dell’art. 32, comma 8, del Codice dei contratti pubblici ad escluderlo.

Tale norma dispone, infatti, che “divenuta efficace l’aggiudicazione, e fatto salvo l’esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti, la stipulazione del contratto di appalto o di concessione ha luogo entro i successivi sessanta giorni, salvo diverso termine previsto nel bando o nell’invito ad offrire, ovvero l’ipotesi di differimento espressamente concordata con l’aggiudicatario. Se la stipulazione del contratto non avviene nel termine fissato, l’aggiudicatario può, mediante atto notificato alla stazione appaltante, sciogliersi da ogni vincolo o recedere dal contratto…”.

Una volta divenuta efficace l’aggiudicazione, quindi, permane certamente il potere di autotutela in capo alla Pubblica amministrazione, ma solo nei limiti e in presenza degli stringenti presupposti delle norme che detto potere contemplano e, quindi, in particolare, degli artt. 21 quinquies e nonies, l l. 7 agosto 1990, n. 241

In questo senso, le fattispecie di cui all’art. 80, d.lgs. n. 50 del 2016, possono sì venire in esame ai fini dell’adozione di un provvedimento di annullamento d’ufficio (se si tratta di una situazione verificatasi anteriormente all’aggiudicazione definitiva) o di un provvedimento di revoca (se si tratta di fattispecie insorta successivamente all’aggiudicazione definitiva), ma solo laddove sussistano anche gli ulteriori presupposti di cui alle due norme in questione.

Una volta scelta in modo corretto la controparte, però, qualora, cioè, le fattispecie “escludenti” sorgano successivamente all’aggiudicazione, non viene più in gioco la tutela della par condicio tra le imprese, ma solo l’interesse della Pubblica Amministrazione a stipulare il contratto con un soggetto affidabile e credibile, avendo riguardo all’adempimento degli obblighi previsti dalla legge e dal contratto medesimo.

Ecco allora che, nell’ottica dell’affidabilità, ai fini dell’adozione di un provvedimento di revoca, la rilevanza delle diverse situazioni “escludenti” previste dall’art. 80 non è identica potendo incidere su tale giudizio, ad esempio, la possibilità, per l’aggiudicataria, di emendare la situazione medesima.

In particolare, se, certamente, la commissione di un fatto di reato, ai sensi del comma 1 dell’art. 80, non è “emendabile”, la violazione di obblighi contributivi può essere sanata mediante il pagamento del relativo debito da parte dell’impresa.

Ha ancora chiarito il Tar che non è citato l’art. 80, comma 4, che riguarda specificamente (ad ulteriore conferma di quanto sin qui detto) la prima fase partecipativa, quella di gara, ma valorizzare la portata sistematica dell’art. 30, comma 5.

Detta norma, che si applica specificamente alla fase di esecuzione, prevede che “in caso di inadempienza contributiva risultante dal documento unico di regolarità contributiva relativo a personale dipendente dell’affidatario o del subappaltatore o dei soggetti titolari di subappalti e cottimi di cui all’art. 105, impiegato nell’esecuzione del contratto, la stazione appaltante trattiene dal certificato di pagamento l’importo corrispondente all’inadempienza per il successivo versamento diretto agli enti previdenziali e assicurativi, compresa, nei lavori, la cassa edile”.

Nonostante, dunque, si tratti sempre del medesimo inadempimento che, ai sensi dell’art. 80 è considerato grave violazione idonea ad escludere la partecipazione dalla procedura, il legislatore non ha inteso prevedere il potere di recesso o di risoluzione del contratto da parte della Stazione appaltante, ma fa salva la stipula del contratto medesimo.

Questo dimostra che lo stesso vizio ha una declinazione diversa perché diversi sono gli interessi che vanno tutelati.

Ma allora, seguendo il ragionamento sopra svolto, a seguito dell’aggiudicazione, laddove non viene più in gioco il controinteresse delle altre imprese partecipanti, la violazione consistente in un Durc negativo successivo al provvedimento di aggiudicazione medesimo, rilevando solo nella misura in cui incide in modo radicale sull’affidabilità dell’impresa aggiudicataria quale contraente, deve essere valutata alla luce del comportamento tenuto dalla stessa impresa nella fase “precontrattuale” in questione e la P.A. deve consentire ad essa di regolarizzare in un termine congruo (come quello previsto dall’art. 32, comma 8, per la stipula del contratto) la situazione debitoria così venutasi a creare.

fonte: www.giustizia-amministrativa.it

Redazione