Illecito professionale: non c’è obbligo di dichiarare in gara la risoluzione di un precedente contratto se imputabile ad altro operatore del raggruppamento

Commento al Consiglio di Stato, sez. V, 7 maggio 2019, n. 2917

20 Maggio 2019
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Commento al Consiglio di Stato, sez. V, 7 maggio 2019, n. 2917

Ove una impresa concorrente a una procedura di gara abbia subito la risoluzione di un precedente contratto per inadempimento nell’ambito di un RTI e dimostri che tale inadempimento sia però imputabile in via esclusiva a un’altra impresa del raggruppamento medesimo, la suddetta impresa concorrente non è tenuta a dichiarare in gara la circostanza, che in tal senso non rileva quale illecito professionale ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c-ter), del Codice dei contratti pubblici.

Con una recente e articolata pronuncia il Consiglio di Stato è stato chiamato a valutare la legittimità dell’ammissione ad una procedura di gara di un operatore economico cui è stata contestata tra l’altro, dal ricorrente in primo grado, la omessa dichiarazione, nella gara medesima, di una circostanza ritenuta rilevante quale motivo di esclusione ex art. 80, comma 5, lett. c-ter), del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e s.m.i., recante il Codice dei contratti pubblici.

Segnatamente, nell’ambito di una procedura di gara indetta ai sensi del predetto Codice per l’affidamento di servizi informatici e amministrativi, un concorrente ha impugnato innanzi al TAR Marche l’ammissione alla gara di altro concorrente per violazione di legge sotto diversi profili e, tra questi, quello attinente alla mancata dichiarazione di una risoluzione per grave inadempimento di un precedente contratto, sottoscritto dal suddetto concorrente ammesso in ATI con altro operatore economico. Il ricorrente in primo grado ha infatti contestato l’illegittimità di tale mancata dichiarazione reputando rilevante la predetta risoluzione contrattuale quale motivo di esclusione dalla gara, a titolo di illecito professionale, ai sensi del menzionato art. 80, comma 5, lett. c-ter).

A fronte dell’accoglimento di questa censura (assieme ad altre mosse avverso il medesimo concorrente) da parte del TAR Marche, con sentenza n. 471 del 26 giugno 2018, l’operatore economico soccombente ha gravato siffatta pronuncia – così come il ricorrente in primo grado, per altri motivi, in via incidentale – innanzi al Consiglio di Stato muovendo diversi rilievi, tra cui l’erroneità delle statuizioni del Giudice di prime cure proprio con riguardo alla ritenuta rilevanza della citata, precedente risoluzione contrattuale, giacché invero non riferibile alla propria sfera di responsabilità e dunque non soggetta a un obbligo dichiarativo in gara ai sensi di legge.

Ciò posto, il Supremo Consesso ha accolto le doglianze dell’appellante e riformato sul punto la menzionata sentenza del TAR Marche, giacché “(…) secondo un condivisibile orientamento giurisprudenziale (relativo ad una gara indetta sotto la vigenza del precedente codice, ma applicabile anche nel vigore del D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), “non può essere esclusa da una gara d’appalto un’impresa laddove la risoluzione contrattuale di un precedente contratto con una diversa amministrazione appaltante sia conseguente all’inadempimento imputabile ad altro operatore del raggruppamento temporaneo (Cons. Stato, V, 28 settembre 2015, n. 4512, 26 giugno 2015, n. 3241). In caso contrario il giudizio di affidabilità professionale dell’operatore economico riposerebbe irragionevolmente su fatti ad esso non ascrivibili” (Cons. di Stato, 4 dicembre 2017, n. 5704)”.

È stato infatti chiarito che, nella fattispecie, la documentazione versata in atti ha comprovato inequivocabilmente che l’inadempimento su cui è fondata la risoluzione del detto precedente contratto in danno al raggruppamento di cui era parte l’impresa appellante risulta in realtà riferibile in via esclusiva a una sola e diversa componente del medesimo RTI. In tal senso, “(…) l’inesistenza dell’obbligo dichiarativo nella fattispecie (…) si ricava dallo stesso tenore letterale dell’art. 80, comma 5, lett. c) del D.Lgs. n. 50 del 2016 che fa specifico riferimento al comportamento dell’operatore economico che “si è reso colpevole di gravi illeciti professionali tali da rendere dubbia la sua integrità e affidabilità”, ciò implicando che l’illecito deve essere commesso dal concorrente e ad esso deve essere ascrivibile in quanto relativo a proprie precedenti vicende professionali (Cons. di Stato, V, 3 settembre 2018, 5142)”.

Il Supremo Consesso ha altresì precisato, in proposito, l’irrilevanza della tipologia dell’ATI colpita dalla risoluzione contrattuale – nel caso scrutinato, il precedente contratto poi risolto era stato assunto da un RTI di tipo orizzontale, e tale dato è stato evidenziato dal ricorrente in primo grado a suffragio della pretesa responsabilità collettiva di tutti i membri del raggruppamento. Ciò in quanto, secondo i Giudici di Palazzo Spada, “(…) un conto è l’inadempimento posto in essere da una società raggruppata in una precedente gara, idoneo a determinare effetti pregiudizievoli per il raggruppamento nel suo complesso e per tutte le imprese che ne fanno parte (costrette a subire la risoluzione contrattuale dell’affidamento), altro è l’obbligo di dichiarare anche nelle successive gare tale inadempimento e la vicenda risolutiva che ne è conseguita, che, in quanto integranti un’ipotesi di grave illecito professionale, devono essere considerati come “propri” solo dalle imprese che li hanno posti colpevolmente in essere”.

Alla stregua di tali argomentazioni, il Consiglio di Stato ha dunque accertato l’irrilevanza della suddetta precedente risoluzione contrattuale nei confronti dell’operatore economico che, pur avendola subita nell’ambito di un raggruppamento, è risultato estraneo all’inadempimento che l’ha determinata, ritenendolo così dispensato dall’obbligo di dichiararla successivamente in gara ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c-ter), del Codice.

Giuseppe Fabrizio Maiellaro