Gli appalti pubblici, tra strategie emergenziali, PNRR e riforme sistemiche

Editoriale estratto dal n,12/2021 del mensile Appalti&Contratti – A cura di Alessandro Massari

20 Dicembre 2021
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Editoriale estratto dal n.12/2021 del mensile Appalti&Contratti

Si conclude un altro anno difficile e complesso, caratterizzato dalle persistenti fibrillazioni e oscillazioni del quadro pandemico e dall’urgenza di varare efficaci politiche sanitarie e di ripresa economica. Un quadro ancora critico, ove si è confermata l’oggettiva centralità dell’intervento statale e della rete di protezione pubblica, senza la quale non pare esservi via di uscita dall’emergenza pandemica e dalla crisi economica che ne è derivata.

Gli appalti pubblici – che hanno storicamente costituito una importante leva strategica di politica economica e sociale – hanno assunto, nella fase emergenziale da Covid19, una rinnovata funzione di essenziale strumento di contrasto alla drammatica crisi sistemica, spingendo le stazioni appaltanti ad iniettare, con la massima urgenza, liquidità nel sistema produttivo grazie al rapido affidamento ed esecuzione delle commesse pubbliche, nel rispetto di tempi contingentati e perentori.

Con il primo decreto   è stata messa sotto accusa la c.d. “burocrazia difensiva”, l’atteggiamento inerte e formalistico di alcuni funzionari, che rallentano l’iter dei procedimenti di propria competenza per timore di incorrere in responsabilità, in particolare di tipo erariale, che obbliga chiunque svolga funzioni pubbliche a risarcire gli sprechi di risorse, le condanne al risarcimento danni subite dall’Amministrazione per l’illegittimità dell’azione amministrativa causata da azioni oppure omissioni compiute con dolo o colpa grave. L’obiettivo è invece quello di accelerare la realizzazione delle spese di investimento. A questo fine, tra le misure introdotte dal d.l. 76/2020, e prorogate poi fino al 30 giugno 2023 dal d.l. 77/2021, si è prevista una riforma “a tempo”. del danno erariale che rende più pericoloso il “non fare” rispetto al fare: le omissioni e le inerzie sono più facili da perseguire rispetto ai semplici errori, attesa la persistente rilevanza della colpa grave nelle condotte omissive, a differenza di quelle attive ove l’elemento soggettivo necessario per ascrivere la responsabilità amministrativa è solo il dolo (e “la prova del dolo richiede la dimostrazione della volontà dell’evento dannoso”).

Ulteriore misura dirompente, anche sul piano culturale, introdotta dal primo decreto Semplificazioni è stato il contingentamento dei tempi di conclusione delle procedure di aggiudicazione, mediante la previsione di termini massimi per l’aggiudicazione e la stipula dei contratti, insieme ad un apparato sanzionatorio di particolare rilevanza sia per il RUP (responsabilità disciplinare e per danno erariale), sia per gli operatori economici (esclusione dalle procedure di selezione e risoluzione del contratto). La misurazione dei tempi effettivi di svolgimento dei procedimenti amministrativi è stata introdotta in via generale nella l. 241/1990, ove all’art. 2 è stato introdotto un nuovo comma 4bis del seguente tenore: “Le pubbliche amministrazioni misurano e pubblicano nel proprio sito internet istituzionale, nella sezione “Amministrazione trasparente”, i tempi effettivi di conclusione dei procedimenti amministrativi di maggiore impatto per i cittadini e per le imprese, comparandoli con i termini previsti dalla normativa vigente”. Per rendere effettivo tale obbligo deve essere peraltro emanato un d.P.C.M. che definirà “modalità e criteri di misurazione dei tempi effettivi di conclusione dei procedimenti, nonché le ulteriori modalità di pubblicazione…”.

Non solo. Il DL 76/2020 ha in realtà avviato un più ampio processo di tendenziale riconfigurazione del rapporto tra i principi generali dell’azione amministrativa, contribuendo a spostare decisamente il baricentro del quadro normativo emergenziale sull’asse dell’efficienza e della massima tempestività “ad ogni costo”, al dichiarato fine “di incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici, nonché al fine di far fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale del Covid19”.

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I RUP delle stazioni appaltanti mai avrebbero forse immaginato di dover motivare l’avvio di procedure ordinarie su bando di gara o di procedure di tipo aperto in luogo di quelle previste “ordinariamente” dal d.l. 76/2020 nel sottosoglia (affidamento diretto e procedure negoziate senza bando). Una sorta di “inversione di polarità” dei ricevuti principi nel quadro di un regime emergenziale (definito, con più enfasi, come “diritto in tempi di guerra”).

Sintomatica di questa nuova fase culturale e giuridica aperta dai recenti provvedimenti emergenziali è anche la prassi ministeriale e in particolare la pareristica resa su alcune questioni operative assai dibattute, come, ad esempio, il grado di procedimentalizzazione della “consultazione di più operatori economici” nella cornice dell’affidamento diretto dell’art. 1, comma 2, lett. a), d.l. 76/2020. Nel parere 746/2020 del MIMS si legge “L’affidamento diretto, in quanto tale, avviene sic et simpliciter e dunque non presuppone una particolare motivazione né, tanto meno, l’esperimento di indagini di mercato. Non è neppure prescritto l’obbligo di richiedere preventivi. Il legislatore, infatti, per appalti di modico importo ha previsto tali modalità di affidamento semplificate e più “snelle” al fine di addivenire ad affidamenti in tempi rapidi. (…) L’eventuale confronto dei preventivi di spesa forniti da due o più operatori economici rappresenta comunque una best practice, salvo che ciò comporti una eccessiva dilazione dei tempi di affidamento che, invece, sarebbe in contrasto con la ratio che informa l’intero decreto «Semplificazioni».  Giova inoltre precisare che, negli affidamenti diretti, non essendovi confronto competitivo, anche l’eventuale raffronto tra preventivi non presuppone l’utilizzo di un criterio di aggiudicazione…”.

Il PNRR ha poi previsto interventi regolativi nella materia dei contratti pubblici articolati in due macrofasi (prima le misure “urgenti” e poi quelle “a regime”), osservando come “La semplificazione delle norme in materia di appalti pubblici e concessioni è obiettivo essenziale per l’efficiente realizzazione delle infrastrutture e per il rilancio dell’attività edilizia: entrambi aspetti essenziali per la ripresa a seguito della diffusione del contagio da Covid19. Tale semplificazione deve avere a oggetto non solo la fase di affidamento, ma anche quelle di pianificazione programmazione e progettazione”.

Nel quadro delle misure urgenti è stato emanato il d.l. 31 maggio 2021, n. 77, convertito, in legge 29 luglio 2021, n. 108, il quale, da un lato, rafforza ed implementa le misure già adottate dal primo decreto Semplificazioni di cui al d.l. 76/2020, e dall’altro delinea un “doppio binario” distinguendo le misure generali applicabili a tutti i contratti pubblici e quelle “speciali” per i soli contratti PNRR e PNC.

Oltre ai target collegati alla transizione green e digitale, il PNRR punta a tre obiettivi trasversali a tutte le sei missioni del Piano: 1) riduzione dei divari territoriali tra Nord e Sud del Paese; 2) parità di genere; 3) inclusione dei giovani, e accompagnerà gli investimenti con “ambiziose riforme strutturali”, tra cui quelle della p.a., della giustizia e degli appalti pubblici.

Nel quadro delle misure urgenti è stato emanato il d.l. 31 maggio 2021, n. 77, convertito, in legge 29 luglio 2021, n. 108, il quale, da un lato, rafforza ed implementa le misure già adottate dal primo decreto Semplificazioni di cui al d.l. 76/2020, e dall’altro delinea un “doppio binario” distinguendo le misure generali applicabili a tutti i contratti pubblici e quelle “speciali” per i soli contratti PNRR e PNC. Oltre ai target collegati alla transizione green e digitale, il PNRR punta a tre obiettivi trasversali a tutte le sei missioni del Piano: 1) riduzione dei divari territoriali tra Nord e Sud del Paese; 2) parità di genere; 3) inclusione dei giovani, e accompagnerà gli investimenti con “ambiziose riforme strutturali”, tra cui quelle della p.a., della giustizia e degli appalti pubblici.

Nell’ambito delle “misure a regime” il PNRR prevede invece una vera e propria revisione dell’attuale disciplina di cui al vigente Codice dei contratti pubblici, il quale, come si rileva nello stesso PNRR “ha causato diverse difficoltà attuative”. La riforma prevista, dunque, “si concreta nel recepire le norme delle tre Direttive UE (2014/23, 24 e 25), integrandole esclusivamente nelle parti che non siano self executing e ordinandole in una nuova disciplina più snella rispetto a quella vigente, che riduca al massimo le regole che vanno oltre quelle richieste dalla normativa europea, anche sulla base di una comparazione con la normativa adottata in altri Stati membri dell’Unione europea. Da tenere in particolare considerazione – per la loro rilevanza sul piano della semplificazione – le discipline adottate in Germania e nel Regno Unito”.

Il Consiglio dei Ministri, il 30 giugno 2021 ha approvato il disegno di legge di delega, il quale ha iniziato l’iter parlamentare. Come si dà conto nella Relazione illustrativa l’articolo unico contiene la delega al Governo per la disciplina dei contratti pubblici, anche al fine di adeguare la normativa interna al diritto europeo e ai principi espressi dalla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, interne e sovranazionali, di razionalizzare, riordinare e semplificare la disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, nonché al fine di evitare l’avvio di procedure di infrazione a parte della Commissione europea e di giungere alla risoluzione delle procedure pendenti. La riforma della normativa di riferimento si rende necessaria non solo al fine di adeguare il settore dei contratti pubblici all’evoluzione della giurisprudenza in materia ma anche per rimediare ai problemi applicativi riscontrati a seguito dell’entrata in vigore del Codice, del decreto correttivo e dei vari provvedimenti legislativi che, ancorché ispirati all’esigenza di assicurare la coerenza dell’ordinamento nazionale a quello eurounitario e di favorire una più celere realizzazione degli investimenti pubblici, hanno in più parti derogato (in alcuni casi anche in modo permanente) alla disciplina contenuta nel codice dei contratti pubblici. Ne è derivato un quadro giuridico di settore poco organico e chiaro, oltreché estremamente fluido e in continuo divenire, all’interno del quale si è inserita l’epidemia da Covid19, che ha imposto, sia al fine di fronteggiare la situazione di emergenza, sia al fine di favorire la rapida ripresa dei settori economici, l’introduzione nell’ordinamento giuridico di ulteriori disposizioni derogatorie della disciplina recata dal codice dei contratti pubblici.

Il primo criterio direttivo prevede il “perseguimento di obbiettivi di stretta aderenza alle direttive europee, mediante l’introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione corrispondenti a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse, al fine di assicurare l’apertura alla concorrenza e al confronto competitivo fra gli operatori dei mercati dei lavori, dei servizi e delle forniture, nonché assicurare una drastica riduzione e razionalizzazione delle norme in materia di contratti pubblici, con ridefinizione del regime della disciplina secondaria, ove necessario”. Alla luce di tale indicazioni viene anche da chiedersi che fine farà la bozza del Regolamento attuativo del Codice (la cui ultima versione risale alla fine di luglio 2020). Una possibile conversione in linee guida per supportare le stazioni appaltanti nella definizione degli aspetti di dettaglio? Un ritorno alla “soft law”?

Le misure di semplificazione previste nei criteri direttive contemplano, tra le altre la significativa riduzione e certezza dei tempi relativi alle procedure di gara, alla stipula dei contratti, alla realizzazione delle opere pubbliche, anche attraverso la piena digitalizzazione e informatizzazione delle stesse procedure, il superamento dell’Albo nazionale dei componenti delle commissioni giudicatrici e rafforzamento della specializzazione professionale dei commissari all’interno di ciascuna amministrazione, la riduzione degli oneri documentali ed economici a carico dei soggetti partecipanti, nonché di quelli relativi al pagamento del corrispettivo e degli acconti dovuti in favore degli operatori economici, in relazione all’adozione dello stato di avanzamento dei lavori effettuati. Si prevede anche la semplificazione e l’ampliamento delle forme di partenariato pubblico-privato, in particolare riguardo alla finanza di progetto, per attirare investitori professionali.

È lecito attendersi che alcune norme “emergenziali” saranno convertite in disposizioni “permanenti”, a regime: un’anticipazione è rappresentata dalle norme della legge europea 20192020, di imminente definitiva approvazione, che modificano l’art. 113bis del Codice con l’inserimento delle disposizioni acceleratorie sul pagamento dei SAL già note nell’art. 8 del d.l. 76/2020; è pure probabile che le soglie degli affidamenti diretti e delle procedure negoziate risulteranno più elevate rispetto agli oramai modesti 40mila euro  (tra i criteri direttivi della legge delega compare “la massima semplificazione della disciplina applicabile ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea, nel rispetto dei principi di trasparenza e di concorrenzialità”; e, ancora la previsione dei termini contingentati per la conclusione delle procedure di affidamento potrebbe essere confermata nel nuovo Codice (nella legge delega si prevede “la significativa riduzione e certezza dei tempi relativi alle procedure di gara, alla stipula dei contratti, alla realizzazione delle opere pubbliche, anche attraverso la piena digitalizzazione e informatizzazione delle stesse procedure, il superamento dell’Albo nazionale dei componenti delle commissioni giudicatrici”).

Dunque un nuovo Codice dei contratti pubblici è atteso entro il prossimo anno. L’auspicio è che sia un Codice “di qualità” scevro  dalle criticità e dai gravi difetti che hanno caratterizzato il d.lgs. 50,  che possa centrare pienamente gli obiettivi essenziali per tutto il Sistema-Paese, specie in questo delicato momento storico, ove prioritaria e massimamente avvertita da tutti gli operatori e dai cittadini, è l’insopprimibile esigenza di un vero nuovo “rinascimento”, che passa inevitabilmente, almeno in parte, anche attraverso la riforma degli appalti pubblici, quale riconosciuta leva strategica di rilancio economico, sociale e ambientale.

In questo numero il Focus è dedicato all’attualissimo tema del subappalto dopo la liberalizzazione dall’1.11.2021. Altri contributi di particolare interesse sono quelli sul compenso aggiuntivo nei servizi di progettazione, sull’accordo quadro, I reati commessi da privati in danno della p.a., sul principio di rotazione e la regola dell’invarianza della soglia di anomalia e delle medie di gara.

In occasione di questo ultimo numero del 2021 desidero formulare i migliori e più sinceri auguri di un sereno 2022 a tutti i lettori!

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Alessandro Massari

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