Revisione del prezzo: la stazione appaltante è obbligata a decidere sull’istanza dell’impresa

Commento a TAR Piemonte – Torino, sez. I, sentenza del 15 aprile 2022 n. 377

29 Aprile 2022
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Negli appalti pubblici la P.A. è tenuta ad attivare il procedimento per il riconoscimento della revisione prezzi così come richiesto dall’impresa esecutrice dell’affidamento.

La clausola di revisione periodica del corrispettivo dei contratti tiene indenni gli appaltatori delle amministrazioni pubbliche da quegli aumenti dei prezzi dei fattori della produzione, per evitare che l’incisione della percentuale di utile iniziale possa indurre l’appaltatore a fornire prestazioni deteriori rispetto al pattuito.

È quanto stabilisce il TAR Piemonte – Torino – sez. I – con la sentenza del 15 aprile 2022 n. 377.

I fatti di causa

La controversia si riferisce ad un contratto di fornitura.

La ricorrente era risultata aggiudicataria della gara per la fornitura di sistemi analitici per l’esecuzione di esami di Chimica Clinica.

In corso di esecuzione l’impresa formulava la richiesta di revisione dei prezzi delle forniture erogate, chiedendo l’avvio del procedimento istruttorio, ma non otteneva il provvedimento sollecitato.

Quindi, l’interessata ritenendo l’illegittimità del silenzio serbato sulla domanda di adeguamento dei prezzi, e sostenendo il proprio diritto ad ottenere l’adeguamento dei prezzi delle forniture eseguite, proponeva ricorso ai sensi degli artt. 31 e 117 c.p.a..

Il giudice amministrativo ha dato ragione all’operatore economico stabilendo che la Stazione Appaltante è tenuta ad avviare il procedimento di revisione del prezzo su richiesta dell’appaltatore, con la conseguenza che l’inerzia serbata dalla P.A. deve qualificarsi come silenzio inadempimento.

La decisione

Il Tar Piemonte ribadisce che l’istituto della revisione prezzi consiste in un procedimento finalizzato al compimento di un’attività di preventiva verifica dei presupposti necessari per il riconoscimento del compenso revisionale, al quale è sotteso l’esercizio di un potere autoritativo tecnico-discrezionale nei confronti del privato contraente.

Il G.A. spiega che la posizione dell’impresa si articola nella titolarità di un interesse legittimo con riferimento all’an della pretesa ed eventualmente in una situazione di diritto soggettivo solo con riguardo a questioni involgenti l’entità della pretesa, una volta risolto in senso positivo il riconoscimento della spettanza del compenso revisionale (ex multis Cons. Stato, sez. IV, 6 agosto 2014, n. 4207; sez. V, 24 gennaio 2013, n. 465; sez. V, 3 agosto 2012, n. 4444; Corte di Cassazione, SS.UU., 30 ottobre 2014, n. 23067; 15 marzo 2011, n. 6016; 12 gennaio 2011, n. 511; 12 luglio 2010, n. 16285).

Lo schema procedimentale descritto comporta altresì che il privato contraente, in relazione all’esercizio di tale potere, potrà avvalersi unicamente dei rimedi e delle forme tipiche di tutela dell’interesse legittimo, e quindi con strumenti di carattere impugnatorio esperibili nei tradizionali termini decadenziali (Cons. Stato, sez. III, 18.12.2015, n. 5779; Id., sez. III, 9.1.2017, n. 25);  quindi la domanda giudiziale avente ad oggetto la revisione dei prezzi deve essere definita, sul piano processuale, secondo un’indagine di tipo bifasico, volta dapprima all’accertamento dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale – aspetto per il quale è consentito il giudizio impugnatorio riferito all’atto autoritativo della P.A. e al suo surrogato costituito dal silenzio rifiuto; e solo in un momento successivo alla verifica del quantum debeatur, secondo meccanismi propri della tutela delle posizioni di diritto soggettivo.

Sul tema processuale la decisione in esame ha chiarito che la qualificazione in termini autoritativi del potere di verifica dei presupposti per il riconoscimento della revisione prezzi comporta – in ipotesi di condotta inerte dell’amministrazione compulsata – la necessità di avvalersi dei rimedi previsti a tutela dell’interesse legittimo nella forma del silenzio – rifiuto conseguente ad istanza formale (cfr. Cons. Stato, sez. V, 24.1.2013, n. 465).

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