L’obbligo di motivazione del giudice amministrativo alla luce del principio di risultato

Commento a Consiglio di Stato, sez. IV, 2 maggio 2023, n. 4422

17 Maggio 2023
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Commento a Consiglio di Stato, sez. IV, 2 maggio 2023, n. 4422

A cura di Avv. Eleonora Gentili

Secondo il Consiglio di Stato, non sussisterebbe in capo al giudice alcun obbligo di originalità espositiva nel motivare le sentenze, ben potendo questi richiamarsi alle argomentazioni contenute negli scritti delle parti, ove esigenze di celerità processuale giustifichino la definizione della questione con sentenza in forma semplificata. Tale modalità redazionale, peraltro, trova conferma nel nuovo Codice dei contratti pubblici, in continuità con il recente “trend legislativo” ispirato ai principi di semplificazione, celerità e raggiungimento del risultato (v. art. 1 del D.Lgs. n. 36/2023).

Di recente, il Consiglio di Stato è intervenuto per dirimere una controversia sorta nell’ambito di un procedimento di espropriazione per pubblica utilità, finalizzato alla realizzazione di un’opera ricompresa fra gli interventi di attuazione del PNRR, cogliendo l’occasione per porre l’accento sui principi e obiettivi di “risultato” che connotano, all’attualità, l’approdo della evoluzione normativa e giurisprudenziale in materia di contratti pubblici.

In particolare, con sentenza del 2 maggio 2023, n. 4422, la quarta Sezione del Consiglio di Stato ha respinto il ricorso proposto per la riforma della sentenza del Tar Puglia, Sez. III, del 28 ottobre 2022, n. 1493, appellata dalla parte soccombente in quanto ritenuta erronea in punto di diritto, sotto più profili giuridici.

Per quanto più interessa in questa sede, vale evidenziare che, nella fattispecie sottoposta allo scrutinio del giudice amministrativo, il ricorrente lamentava il carattere solo apparente della motivazione della sentenza in forma semplificata resa in primo grado, a suo dire “copiata per ampi stralci”, dalle memorie difensive di controparte.

Tanto precisato, nel reputare il motivo del tutto infondato, con la sentenza in commento il Consiglio di Stato ha richiamato quel diffuso orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione secondo cui l’onere motivazionale delle sentenze non esigerebbe l’originalità delle modalità espositive, né vieterebbe l’uso di fonti altrui.

A conferma di ciò, ha osservato il Collegio, nel Codice del processo amministrativo non solo non si rinviene un divieto in capo al giudice di rifarsi a contenuti terzi, ma, anzi, viene espressamente affermato il principio opposto (contenuto nell’art. 129, comma 6, c.p.a., relativo al contenzioso in materia elettorale), suscettibile di applicazione in tutte quelle fattispecie ove rilevino particolari esigenze di celerità processuale – come nel caso di controversie aventi ad oggetto opere PNRR – che giustifichino la definizione della questione con sentenza in forma semplificata.

Ad ulteriore fondamento di tale argomentazione, i giudici di Palazzo Spada hanno affermato che “(…) tale modalità redazionale della sentenza è stata di recente confermata dal nuovo codice dei contratti pubblici” – e, nella specie, dall’art. 36 del D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36 (recante come noto il nuovo Codice dei contratti pubblici), rubricato “Norme procedimentali e processuali in tema di accesso[1] – “a conferma di un trend legislativo orientato ad assicurare la massima celerità del giudizio, attraverso strumenti di semplificazione”. Il Consiglio di Stato, infatti, individua “(…) un tendenziale consolidarsi di un principio di portata generale secondo cui, nel bilanciamento tra esigenze di garanzia e quelle del buon andamento del processo (…), le esigenze di celerità e quelle proprie dell’amministrazione c.d. di risultato, giustificano l’ammissibilità di tecniche motivazionali finalizzate a semplificare la fase di stesura della motivazione”.

La pronuncia appena esaminata risulta di particolare interesse: si tratta, infatti, di una fattispecie in cui il giudice – pur trovandosi a dirimere una controversia relativa ad ambiti del diritto amministrativo ben lontani dal public procurement – cionondimeno finisce per elaborare le proprie argomentazioni nell’ottica di quel nuovo “trend legislativo” improntato alla accelerazione, semplificazione e raggiungimento del risultato, che trova la sua esplicitazione primaria proprio nel quadro del succitato D.Lgs. n. 36/2023.

Come noto, infatti, la recente riforma in tema di contratti pubblici è da leggersi nel contesto di un più ampio processo di rivoluzione dell’azione amministrativa, occasionato in primis dal contesto emergenziale degli ultimi tre anni, nonché da un’importante spinta riformista di respiro europeo, che ha condotto all’adozione di normative nazionali improntate sempre più alla semplificazione, all’accelerazione e al raggiungimento di risultati tempestivi e di qualità.

Siffatta tendenza è stata chiaramente accolta, in primo luogo, nella legge-delega del 21 giugno 2022, n. 78 – con la quale il legislatore ha incaricato il Governo di adottare “(…) uno o più decreti legislativi recanti la disciplina dei contratti pubblici, anche al fine di adeguarla al diritto europeo e ai principi espressi dalla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, interne e sovranazionali, e di razionalizzare, riordinare e semplificare la disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, nonché al fine di evitare l’avvio di procedure di infrazione da parte della Commissione europea e di giungere alla risoluzione delle procedure avviate” (cfr. art. 1), nonché nella Relazione illustrativa al nuovo Codice dei contratti pubblici, dalla quale risulta che i principi ispiratori su cui è stato fondato l’impianto normativo risultano essere proprio quelli della “semplificazione”, “accelerazione”, “digitalizzazione” e “tutela” dei lavoratori e delle imprese (v. p. 9 di tale Relazione).

Tali principi hanno trovato altresì immediata espressione nel nuovo Codice, non solo nell’ambito delle specifiche previsioni dedicate agli istituti ivi delineati – molti dei quali, non a caso, direttamente mutuati dal cd. “Decreto semplificazioni” (D.L. 16 luglio 2020, n. 76, conv. con mod. in legge 11 settembre 2020, n. 120), nonché dal cd. “Decreto Semplificazioni bis” (D.L. 31 maggio 2021, n. 77, conv. con mod. in legge 29 luglio 2021, n. 108) – ma altresì sul piano dell’impostazione generale e sistematica del Codice stesso, nel suo insieme.

Si pensi, in tal senso, alla scelta di redigere un testo normativo “autoesecutivo” il quale, grazie ad un innovativo meccanismo di delegificazione, operante attraverso i trentotto “Allegati” del Codice, non necessita di ulteriori provvedimenti attuativi e consente così, sin da subito, di avere a disposizione uno strumento legislativo che conferisce maggiore chiarezza, organicità e agilità all’applicazione della disciplina.

Appare inoltre particolarmente in linea con il nuovo Codice dei contratti pubblici il riferimento, contenuto nella sentenza in esame, alle “(…) esigenze di celerità e quelle proprie dell’amministrazione c.d. di risultato”, espressione questa che chiaramente rimanda al cd. “principio di risultato”, sancito dall’art. 1 del Codice (alla luce del quale sono da interpretarsi, peraltro, tutte le altre disposizioni), secondo cui la finalità principale che le stazioni appaltanti devono sempre perseguire nell’esercizio delle loro attività consiste nell’affidamento del contratto e nella sua esecuzione con la massima tempestività (proprio nell’ottica della celerità cui si riferisce la stessa pronuncia) e il miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo, sempre nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza[2].

In conclusione, con la sentenza disaminata, la giurisprudenza amministrativa sembra rimarcare sin d’ora – ancor prima (rectius in vista) dell’effettiva entrata in vigore del nuovo Codice, prevista alla data del 1° luglio 2023 – gli obiettivi di effettiva celerità e semplificazione espressi dal nuovo quadro legislativo in materia che, ben lungi dall’affermarsi nel solo ambito dei contratti pubblici, contraddistinguono oggi l’intera branca del diritto amministrativo, in tutte le sue declinazioni.

In altre parole, la pronuncia suddetta pare lasciar presagire come, fra gli interpreti della legge, stia iniziando ad affermarsi un auspicabile cambiamento di mentalità, anche in termini di flessibilità e snellimento processuale, nell’ambito del quale il nuovo Codice dei contratti pubblici gioca un ruolo di fondamentale importanza quale riferimento normativo nonché paradigma culturale, rappresentando in quest’ottica una base solida da cui far ripartire un nuovo modello di Pubblica Amministrazione.

__________________

[1] In particolare, l’art. 36 del D.Lgs. n. 36/2023 stabilisce che “1. L’offerta dell’operatore economico risultato aggiudicatario, i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione sono resi disponibili, attraverso la piattaforma di approvvigionamento digitale di cui all’articolo 25 utilizzata dalla stazione appaltante o dall’ente concedente, a tutti i candidati e offerenti non definitivamente esclusi contestualmente alla comunicazione digitale dell’aggiudicazione ai sensi dell’articolo 90.
2. Agli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria sono resi reciprocamente disponibili, attraverso la stessa piattaforma, gli atti di cui al comma 1, nonché le offerte dagli stessi presentate.
3. Nella comunicazione dell’aggiudicazione di cui al comma 1, la stazione appaltante o l’ente concedente dà anche atto delle decisioni assunte sulle eventuali richieste di oscuramento di parti delle offerte di cui ai commi 1 e 2, indicate dagli operatori ai sensi dell’articolo 35, comma 4, lettera a).
4. Le decisioni di cui al comma 3 sono impugnabili ai sensi dell’articolo 116 del codice del processo amministrativo, di cui all’allegato I al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, con ricorso notificato e depositato entro dieci giorni dalla comunicazione digitale della aggiudicazione. Le parti intimate possono costituirsi entro dieci giorni dal perfezionamento nei propri confronti della notifica del ricorso.
5. Nel caso in cui la stazione appaltante o l’ente concedente ritenga insussistenti le ragioni di segretezza indicate dall’offerente ai sensi dell’articolo 35, comma 4, lettera a), l’ostensione delle parti dell’offerta di cui è stato richiesto l’oscuramento non è consentita prima del decorso del termine di impugnazione delle decisioni di cui al comma 4.
6. Nel caso di cui al comma 4 la stazione appaltante o l’ente concedente può inoltrare segnalazione all’ANAC la quale può irrogare una sanzione pecuniaria nella misura stabilita dall’articolo 222, comma 9, ridotta alla metà nel caso di pagamento entro trenta giorni dalla contestazione, qualora vi siano reiterati rigetti di istanze di oscuramento.
7. Il ricorso di cui al comma 4 è fissato d’ufficio in udienza in camera di consiglio nel rispetto di termini pari alla metà di quelli di cui all’articolo 55 del codice di cui all’allegato I al decreto legislativo n. 104 del 2010ed è deciso alla medesima udienza con sentenza in forma semplificata, da pubblicarsi entro cinque giorni dall’udienza di discussione, e la cui motivazione può consistere anche in un mero richiamo delle argomentazioni contenute negli scritti delle parti che il giudice ha inteso accogliere e fare proprie.
8. Il rito e i termini di cui ai commi 4 e 7 si applicano anche nei giudizi di impugnazione.
9. Il termine di impugnazione dell’aggiudicazione e dell’ammissione e valutazione delle offerte diverse da quella aggiudicataria decorre comunque dalla comunicazione di cui all’articolo 90”.

[2] Segnatamente, l’art. 1 del D.Lgs. n. 36/2023 prevede che “1. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza.
2. La concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti. La trasparenza è funzionale alla massima semplicità e celerità nella corretta applicazione delle regole del presente decreto, di seguito denominato «codice» e ne assicura la piena verificabilità.
3. Il principio del risultato costituisce attuazione, nel settore dei contratti pubblici, del principio del buon andamento e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità. Esso è perseguito nell’interesse della comunità e per il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione europea.
4. Il principio del risultato costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto, nonché per:
a) valutare la responsabilità del personale che svolge funzioni amministrative o tecniche nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti;
b) attribuire gli incentivi secondo le modalità previste dalla contrattazione collettiva.”