Grave illecito professionale – Omessa dichiarazione dovuta – Art. 98 d.lgs. 36/2023 – Affidabilità dell’operatore economico – Art.95 d.lgs. 36/2023 – Informazione fuorviante in gara – Cause di esclusione non automatiche – Favor partecipationis – Criteri di individuazione illecito professionale
Consiglio di Stato sez. V sentenza del 7 novembre 2025, n.8661
La presentazione di falsa dichiarazione, al pari dell’informazione fuorviante in gara, rileva pertanto ai soli fini dell’eventuale integrazione del “grave illecito professionale”, ai sensi dell’art. 95, comma 1, lett. e), alle condizioni dettate dall’art. 98, comma 2, al verificarsi della situazione di cui allo stesso art. 98, comma 3, lett. b), che dà rilievo “anche” alla “negligenza” nel caso in cui l’operatore economico abbia fornito informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni della stazione appaltante.
Nell’ipotesi di specie difetta sia l’omissione informativa idonea a influenzare la decisione sulla selezione dell’amministrazione, che il mezzo adeguato di prova, in quanto l’informazione omessa, come correttamente ritenuto dal primo giudice, lungi dal rendere evidente il ricorrere di una situazione escludente, in grado di influire sulla decisione sull’ammissione della stazione appaltante, afferiva non ad una esclusione da una procedura di gara o a un inadempimento nell’esecuzione di precedenti commesse, ma a un mancato invito a una procedura negoziata.
Il fatto
Con provvedimento del 17 settembre 2024 ADM disponeva l’aggiudicazione di un appalto in favore di una società.
Avverso tale aggiudicazione, la società ricorrente proponeva ricorso al TAR Lazio chiedendo l’annullamento e la dichiarazione di inefficacia del contratto.
Il ricorso di primo grado si articolava in tre censure.
In primo luogo si contestava all’aggiudicataria di non aver dichiarato un precedente professionale ritenuto rilevante: l’esclusione dalla gara bandita dall’autorità doganale belga per la fornitura di scanner, esclusione confermata dal Consiglio di Stato del Belgio in sede di giudizio d’urgenza. Secondo la ricorrente tale omissione avrebbe inciso sull’affidabilità dell’operatore economico, integrando un grave illecito professionale ai sensi degli artt. 95 e 98 del d.lgs. 36/2023.
Il secondo motivo riguardava invece la fase di comprova dei requisiti: le fatture prodotte ai fini della dimostrazione del fatturato richiesto dalla lex specialis non sarebbero state quietanzate né corredate degli elementi necessari a provare l’effettivo pagamento.
Il terzo motivo investiva infine l’attribuzione dei punteggi relativi ad alcuni sotto criteri dell’offerta tecnica, ritenuta viziata da errori istruttori.
Il TAR respingeva integralmente il ricorso, giudicando infondate tutte le doglianze.
Si proponeva quindi appello al Consiglio di Stato, riproponendo i tre motivi. In particolare, il primo veniva significativamente sviluppato: oltre a ribadire l’omessa dichiarazione del precedente belga, la società appellante richiamava anche il Regolamento UE sulle sovvenzioni, sostenendo che la vicenda coinvolgesse profili di trasparenza e di affidabilità ulteriori rispetto a quelli esaminati in primo grado.
La decisione del Consiglio di Stato
Per quanto qui rileva, la controversia ruotava intorno alla presunta omessa dichiarazione di informazioni da parte dell’operatore economico, omissione che l’appellante riteneva idonea a integrare un grave illecito professionale ai sensi degli artt. 95 e 98 del d.lgs. 36/2023.
Il Consiglio di Stato chiarisce innanzitutto che, secondo la direttiva 2014/24/UE, le cause di esclusione non automatiche lasciano agli Stati membri un ampio margine di discrezionalità: ciascun ordinamento può decidere se inserirle o meno e con quale grado di severità, purché nel rispetto del principio di proporzionalità.
Alla luce di questo quadro, il nuovo Codice dei contratti pubblici del 2023 non prevede più – tra le esclusioni automatiche – una fattispecie analoga a quella contemplata dal previgente art. 80, comma 5, lett. f-bis. La falsa o omessa dichiarazione, dunque, non determina più l’esclusione immediata, ma rileva soltanto come possibile indice di “grave illecito professionale”, disciplinato dagli artt. 95 e 98. Inoltre, il Codice distingue tra omissioni realmente idonee a condizionare il processo decisionale e omissioni meramente formali, che possono semmai essere considerate solo per graduare la gravità di altre condotte rilevanti.
Applicando tali principi del grave illecito professionale al caso concreto, il Consiglio di Stato rileva che manca del tutto un’omissione informativa significativa.
L’asserito “fatto omesso” riguarda un mancato invito a una procedura negoziata deciso dalle autorità belghe per ragioni legate alla sicurezza nazionale e sulla base di una valutazione cautelare: non si tratta di un precedente professionale negativo né di una condotta imputabile all’operatore.
Inoltre, il richiamo al regolamento UE sulle sovvenzioni non costituisce un fatto materiale da dichiarare, ma una valutazione giuridica rimessa alla stazione appaltante stessa.
Di conseguenza, non ricorrono né l’omissione idonea a influenzare la decisione della stazione appaltante, né un adeguato mezzo di prova che renda evidente una situazione escludente.
La stazione appaltante ha quindi legittimamente ammesso l’operatore, senza necessità di una motivazione analitica, poiché – secondo la giurisprudenza costante – è l’esclusione a richiedere una motivazione rafforzata.
Dunque il Consiglio di Stato condivide integralmente la ricostruzione del TAR.
Brevi considerazioni conclusive
La sentenza in esame offre un punto di osservazione sul mutamento strutturale che ha interessato la disciplina degli obblighi dichiarativi con il passaggio dal d.lgs. 50/2016 al d.lgs. 36/2023.
Il Consiglio di Stato, nel respingere il motivo relativo all’omessa dichiarazione, applica infatti una logica normativa ormai distante dal rigido formalismo del precedente Codice dei contratti pubblici, valorizzando invece una ricostruzione sostanziale del comportamento dell’operatore economico.
Sotto la vigenza del Codice del 2016, l’omissione di informazioni dovute costituiva di per sé causa automatica di esclusione: si trattava di un vero e proprio illecito da “mera condotta”, in cui il solo difetto dichiarativo era sufficiente a determinare l’espulsione, anche a prescindere dalla reale incidenza del fatto taciuto sulla procedura.
Tale assetto rispondeva a un’impostazione rigidamente formalistica, che privilegiava la tutela della trasparenza rispetto alla verifica sostanziale dell’affidabilità del concorrente.
Il Codice del 2023 adotta, invece, un paradigma diverso. L’omessa dichiarazione non integra più una causa autonoma di esclusione, ma è solo uno degli elementi che possono concorrere alla valutazione del grave illecito professionale ai sensi degli artt. 95 e 98 del d.lgs. 36/2023.
In questa nuova cornice, affinché si configuri un illecito rilevante occorrono tre presupposti (art. 98 co.2):
- una fattispecie rientrante nell’elenco di cui all’art. 98, comma 3;
- la sua idoneità a incidere sull’integrità e affidabilità dell’operatore;
- la presenza di mezzi di prova adeguati.
Nel caso in esame assume rilievo decisivo l’art.98 comma 3 lett. b) poiché individua, tra gli illeciti, la condotta dell’operatore che tenti di influenzare il processo decisionale della stazione appaltante, ovvero che fornisca – anche per negligenza – informazioni false o fuorvianti idonee a incidere sulle decisioni di esclusione, selezione o aggiudicazione.
Il quadro si completa con il comma 5 dello stesso articolo, secondo cui le dichiarazioni omesse o non veritiere rese nella gara, quando non destinate a influenzare il processo decisionale, non costituiscono di per sé illecito professionale, ma possono tutt’al più essere valutate a “supporto” della gravità delle altre condotte tipizzate dal comma 3.
Le omissioni, quindi, rilevano solo se inserite in un contesto più ampio, come elementi sintomatici, non come fatti autonomamente espulsivi.
Si tratta, evidentemente, di un cambio di prospettiva che arriva a prediligere la sostanza piuttosto che la mera formalità.
Quest’evoluzione trova fondamento nei principi dell’ordinamento europeo: la direttiva 2014/24/UE e la giurisprudenza comunitaria privilegiano infatti la proporzionalità e scoraggiano sanzioni espulsive per mere irregolarità formali, richiedendo piuttosto la verifica dell’effettivo rischio per l’esecuzione del contratto o per la correttezza nella competizione.
La sentenza del Consiglio di Stato si colloca pienamente in questa prospettiva: l’omissione contestata non integra un precedente professionale negativo, né può essere ricondotta a condotte idonee a influenzare la decisione della stazione appaltante. Ne deriva l’inidoneità sia a costituire illecito professionale, sia a fungere da elemento accessorio nella valutazione della sua eventuale gravità.
Tuttavia, il nuovo assetto normativo mantiene comunque degli aspetti intrinsecamente ambivalenti.
Da un lato, l’abbandono dell’automatismo espulsivo appare coerente con i principi europei e consente di evitare esclusioni sproporzionate, restituendo centralità al favor partecipationis.
Dall’altro, la scelta legislativa riconosce un margine di discrezionalità all’Amministrazione in virtù dell’elasticità dei concetti giuridici richiamati dalle disposizioni codicistiche.
In ogni caso, la sentenza rappresenta un contributo rilevante nella fase di assestamento interpretativo dell’attuale Codice poiché conferma la centralità della valutazione sostanziale dell’affidabilità e segnala, al contempo, la necessità di definire con maggiore precisione i confini dell’obbligo dichiarativo e i criteri per l’individuazione del grave illecito professionale.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento