Cosa hanno in comune un acquisto di pc e stampanti da 900 euro, un ponte che crolla e l’appalto da 2,7 miliardi per il facility management, indetto dalla Consip?
a cura di Luigi Oliveri
Apparentemente nulla, data la profonda diversità dei fatti e dei presupposti che regolano le diverse fattispecie.
Però, valutando con maggiore attenzione le tre ipotesi, un filo conduttore si trova: è il codice dei contratti, ma, meglio ancora, la complessa normativa che regola gli appalti.
Talmente complessa, da scatenare procedure di controllo per importi oggettivamente risibili, ma non riesce a garantire misure di sicurezza tali da non far cadere un viadotto in manutenzione, mentre non riesce a sventare con mezzi amministrativi tentativi di corruzione su appalti di importo talmente elevato che dovrebbe risultare ovvia e certa la loro enorme esposizione a tentativi di malaffare.
Il codice dei contratti pubblici, d.lgs. 50/2016, è stato acclamato dalla stampa generalista in particolare come la riforma che ad un tempo avrebbe rilanciato l’edilizia e gli investimenti, aumentato la sicurezza degli appalti e ridotto la corruzione.
È passato quasi un anno dal 19 aprile del 2016, ma gli effetti auspicati non si sono assolutamente visti. Il controcanto dei tanti commentatori e soprattutto operatori rispetto alle decantazioni della stampa generalista non era, purtroppo, privo di fondamento.
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