Il D.Lgs. n. 50/2016, come noto, ha significativamente mutato l’impianto delle cause di esclusione dalla partecipazione alle gare pubbliche attinenti ai requisiti c.d. “generali”
A cura di Avv. Luca Spaziani (Tonucci & Partners)
In particolare, con riferimento alle condanne passate in giudicato, decreti penali di condanna irrevocabili e sentenze di patteggiamento, il nuovo Codice non solo limita nel tempo l’ostatività delle condanne penali, ma all’art. 80, comma 1, tipizza espressamente le singole fattispecie penali (talune anche nella forma del reato tentato) che costituiscono causa di esclusione, in presenza per l’appunto di un provvedimento passato in giudicato / irrevocabile.
La nuova disciplina, dunque, appare in netta discontinuità rispetto a quanto in precedenza recato dall’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006, nell’ambito della quale acquisiva rilevanza qualunque condanna per reati gravi che incidesse sulla moralità professionale.
In estrema sintesi, nel sistema previgente, avendo rilevanza un numero indeterminato di fattispecie di reato atte ad incidere sulla moralità professionale, i concorrenti erano tenuti a indicare tutte le condanne subite, senza la possibilità per il concorrente medesimo di operare alcun tipo di filtro preventivo, dal momento che la valutazione sull’incidenza o meno sulla moralità professionale spettava alla S.A. e, in ultima analisi, alla giurisprudenza amministrativa.
Sul concetto di “reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale” di cui al previgente art. 38, comma 1 lett. c) si erano infatti come noto riversati i proverbiali fiumi di inchiostro della giurisprudenza amministrativa
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