Diritto processuale amministrativo – Contenzioso appalti – Giudizio riguardante la valutazione operata dalla commissione – Limiti al sindacato del giudice amministrativo – Ricorso per motivi aggiunti

Consiglio di Stato sez. III 12 agosto 2024 n. 7094

2 Settembre 2024
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1. In tema di contenzioso amministrativo, il legislatore non richiede che, qualora la stipulazione del contratto sopravvenga alla notifica del ricorso, la domanda di declaratoria di inefficacia vada proposta mediante motivi aggiunti. Pertanto, laddove il contratto venga stipulato solo quando la causa sia giunta in grado di appello, l’appellante non è tenuta a proporre motivi aggiunti avverso la stipula del contratto, in quanto nel ricorso introduttivo del giudizio è sostanzialmente insita e manifesta la volontà della ricorrente di ottenere la privazione degli effetti dell’eventuale contratto e di subentrare nell’aggiudicazione, in linea con l’art. 122 del d.lgs. n. 104/2010.

2. Qualora parte ricorrente contesti la valutazione operata dalla commissione, detta contestazione non può essere sostenuta sulla base di personali valutazioni, ma deve poggiare su elementi scientifici, deducendo profili di macroscopica illogicità o irragionevolezza o apoditticità dell’operato della commissione, che segnano il limite del sindacato discrezionale del giudice amministrativo sulle valutazioni tecniche della stazione appaltante. Infatti, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, le valutazioni tecniche dell’amministrazione non sono sindacabili dal giudice amministrativo, se non quando appaiano, per tabulas, macroscopicamente illogiche o incongrue, arbitrarie ovvero fondate su di un altrettanto palese e manifesto travisamento dei fatti (ex multis, Cons. Stato, V, 28 ottobre 2015, n. 4942; V, 30 aprile 2015, n. 2198; V, 23 febbraio 2015, n. 882; V, 26 marzo 2014, n. 1468; III, 13 marzo 2012, n. 1409), ovvero ancora salvo che non vengano in rilievo specifiche censure circa la plausibilità dei criteri valutativi o la loro applicazione: tale apparenza dev’essere di immediata percezione, non essendo a tal fine “sufficiente che la determinazione assunta sia, sul piano del metodo e del procedimento seguito, meramente opinabile, in quanto il giudice amministrativo non può sostituire – in attuazione del principio costituzionale di separazione dei poteri – proprie valutazioni a quelle effettuate dall’autorità pubblica, quando si tratti di regole (tecniche) attinenti alle modalità di valutazione delle offerte” (Cons. Stato, V, 26 maggio 2015, n. 2615; 18 maggio 2017, n. 3553).

3. Qualora parte ricorrente contesti l’erronea valutazione dell’offerta tecnica della controinteressata, prospettando che la stessa avrebbe meritato l’attribuzione di un punteggio inferiore rispetto a quello ottenuto, deve delineare un serio e sufficientemente plausibile quadro indiziario dal quale poter desumere, anche in via presuntiva, che le valutazioni espresse dalla stazione appaltante possano essere considerate manifestamente abnormi, irrazionali o illogiche. Secondo il consolidato orientamento ripetutamente espresso dalla giurisprudenza “il sindacato del giudice amministrativo sull’esercizio della propria attività valutativa da parte della Commissione giudicatrice di gara non può sostituirsi a quello della pubblica amministrazione, in quanto la valutazione delle offerte rientrano nell’ampia discrezionalità tecnica riconosciuta alla commissione. …Le censure che attingono il merito di tale valutazione (opinabile) sono inammissibili, perché sollecitano il giudice amministrativo ad esercitare un sindacato sostitutivo… fatto salvo il limite della abnormità della scelta tecnica” (v., tra le più recenti, Cons. St., sez. V, 8 gennaio 2019, n. 173; Cons. St., sez. III, 21 novembre 2018, n. 6572). Ne deriva che, per sconfessare il giudizio della Commissione giudicatrice, non è sufficiente evidenziarne la mera non condivisibilità, dovendosi piuttosto dimostrare la palese inattendibilità e l’evidente insostenibilità del giudizio tecnico compiuto, ciò che nel caso di specie, come ex professo sarà detto, non è affatto accaduto, in quanto non sono emersi detti travisamenti, pretestuosità o irrazionalità.” (ex plurimis, Consiglio di Stato, Sez. III, 9 giugno 2020, n. 3694).

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