Enti locali – Acquisizione di impianti sportivi – Mediante partecipazione ad asta pubblica – Condizioni e limiti normativi.
Corte dei conti, Sez. Reg. di Controllo per la Lombardia, deliberazione n. 198/2024/PAR del 18 settembre 2024
L’art. 2 del D.lgs. 28 febbraio 2021 n. 38 definisce impianto sportivo la struttura, all’aperto o al chiuso, preposta allo svolgimento di manifestazioni sportive, comprensiva di uno o più spazi di attività sportiva o di tipo diverso, nonché di eventuali zone spettatori, servizi accessori e di supporto.
Non esistono norme – nazionali o regionali – che riservino la proprietà di impianti sportivi e attrezzature connesse agli enti pubblici, né che tali beni debbano essere ricompresi tra i beni demaniali, non essendo menzionati nella tassativa elencazione degli artt. 822 e 825 c.c.
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, quando gli impianti sportivi sono di proprietà comunale “…appartengono al patrimonio indisponibile del Comune, ai sensi dell’art. 826, ult. comma, c.c., essendo destinati al soddisfacimento dell’interesse della collettività allo svolgimento delle attività sportive…” (cfr. ex multis Cass., SS.UU., 9 agosto 2018, n. 20682; Consiglio di Stato sez. V, 3 gennaio 2024, n. 100; TAR Lombardia Milano, Sez. V, 4 gennaio 2024 n. 26); il TAR Milano, n. 1279 del 29 aprile 2024, afferma che non ogni impianto sportivo di proprietà pubblica è automaticamente destinato a pubblico servizio, poiché ciò richiede un contratto di servizio.
I beni patrimoniali indisponibili, a differenza dei beni demaniali, sono commerciabili, pur essendo gravati da uno specifico vincolo di destinazione all’uso pubblico, e possono formare oggetto di negozi traslativi di diritto privato (Sezioni Unite n. 3811 del 16 febbraio 2011).
L’acquisizione di impianti sportivi da parte degli enti locali è possibile, non essendovi espressi impedimenti normativi. L’ordinamento non disciplina direttamente l’acquisizione di impianti sportivi, ma esistono prescrizioni sugli “impianti sportivi di quartiere”, quali opere di urbanizzazione secondaria (art. 4 l. 847/1964 e s.m.i.), e sugli impianti di risalita (funivie, sciovie, biglietterie e strutture connesse) preordinati al funzionamento di strutture sportive (piste da sci, rifugi, etc.), regolati da norme regionali e ministeriali per esercizio e sicurezza.
In assenza di una disciplina specifica, valgono le norme generali. Il fondamento della capacità di acquisto di beni, compresi quelli del patrimonio indisponibile, si rinviene nell’art. 11 cod. civ., che riconosce la piena capacità di diritto privato per le persone giuridiche pubbliche, salvo limitazioni previste da specifiche disposizioni, soggiacendo semmai al vincolo funzionale della compatibilità dell’acquisto con lo scopo pubblico dell’ente.
Gli impianti sportivi di risalita e le strutture connesse, di proprietà di un ente locale e destinati a pubblico servizio, vanno classificati come beni patrimoniali indisponibili.
Quanto alla questione se il Comune possa acquisire impianti sportivi alla luce del D.lgs. 118/2011 e del TUEL, la risposta richiede un chiarimento sulla natura della spesa necessaria, sia con risorse proprie che mediante indebitamento.
Il D.lgs. 118/2011, che armonizza i sistemi contabili di Regioni ed enti locali, non disciplina direttamente l’acquisizione o l’utilizzo di beni patrimoniali indisponibili, ma contiene principi sulla corretta contabilizzazione delle spese.
Gli investimenti possono essere finanziati con risorse disponibili o tramite indebitamento; l’art. 119, ultimo comma, Cost. dispone che gli enti territoriali possono indebitarsi solo per finanziare spese di investimento.
La Sezione delle autonomie della Corte dei conti ha specificato che “la nozione di ‘spesa di investimento’ è più restrittiva di quella di spesa in conto capitale, in quanto comprende solo erogazioni che incrementano il patrimonio dell’Ente” (deliberazione n. 30/SEZAUT/2015/QMIG).
L’acquisizione di impianti sportivi è dunque una spesa di investimento, soggetta alle regole del TUEL in materia di programmazione e fonti di finanziamento.
Il Comune dovrà svolgere una completa istruttoria, documentando la ragionevolezza e l’utilità dell’acquisto, la finalità pubblica e conducendo una dettagliata analisi costi/benefici.
L’intero iter procedurale deve conformarsi ai principi generali dell’attività amministrativa di cui all’art. 1 della legge 241/1990, nel rispetto delle norme sull’acquisizione di beni e sulla tutela della concorrenza.
FATTO E DIRITTO
Il Sindaco del Comune di Artogne con nota del 17 aprile 2024, trasmessa al Consiglio Autonomie Locali che l’ha inviata, tramite pec, alla Corte dei Conti in data 11 luglio 2024, ha chiesto un parere sulla possibilità di acquisire al demanio pubblico comunale taluni impianti (impianti di risalita e innevamento, strutture connesse) appartenenti ad una società attualmente in liquidazione giudiziale. Nella nota si dice che Artogne è comune interessato da un accordo (Patto territoriale) tra diversi enti pubblici per lo sviluppo strategico, integrato e sostenibile del comprensorio turistico di Montecampione, in Val Camonica che prevede un eventuale cofinanziamento regionale per la manutenzione straordinaria e l’ammodernamento degli impianti di risalite e ad altri interventi strutturali preordinati al rilancio dell’area. Nella stessa richiesta viene precisato che per ottenere detti finanziamenti gli impianti sportivi e le altre strutture connesse dovranno essere acquisiti al “demanio comunale”.
Questi beni, per i quali il Curatore fallimentare ha indicato una stima di massima di circa 400.000 euro, saranno messi all’asta dal Tribunale di Brescia e il Comune segnala di avere immediata disponibilità in bilancio della somma, considerando di grande importanza l’acquisizione degli impianti per il rilancio del comprensorio turistico secondo le modalità e le tempistiche concordate con gli altri soggetti istituzionali. Sulla scorta di tali premesse il Sindaco chiede alla Sezione “se questa attività di acquisizione al demanio pubblico comunale per le regioni esposte sia compatibile con il dettato del D.lgs. 118/2011 e con le norme di contabilità previste per gli enti locali”. * Considerazioni preliminari. Prima di esaminare nel merito la richiesta formulata dal Comune occorre verificare la sussistenza di alcuni indispensabili requisiti. Per il rilascio di un parere ai sensi dell’art. 7, comma 8 della L. 131/2003 devono sussistere, contestualmente, le seguenti condizioni: la richiesta deve essere formulata dall’organo politico di vertice e rappresentante legale dell’ente, il quesito deve rientrare nella materia della contabilità pubblica, la questione posta deve avere carattere di generalità e astrattezza e non deve interferire con altre funzioni intestate alla stessa Corte dei conti ovvero ad altri organi giurisdizionali (ex multis Corte dei Conti Sezioni Autonomie n. 5/2006; n. 54/SEZAUT/2010, n. 3/SEZAUT/2014; n. 14/SEZAUT/2022/QMIG e n. 2/SEZAUT/2023/QMIG). * Ammissibilità in senso soggettivo.
La richiesta all’esame della Sezione, pervenuta per il tramite del CAL, risulta ammissibile sotto l’aspetto soggettivo in quanto sottoscritta dal Sindaco di Artogne, organo politico di vertice e rappresentante legale dell’Ente (artt. 50 e 53 del d.lgs. 267/2000). Ammissibilità in senso oggettivo. Oggetto della funzione consultiva della Corte dei conti solo le richieste di parere in materia di “contabilità pubblica”, volte ad ottenere un esame della problematica rappresentata da un punto di vista astratto e su temi di “carattere generale”. Quanto al primo aspetto, la Sezione Autonomie ha più volte sottolineato che la nozione di contabilità pubblica non inerisce alle materie in sé considerate quanto piuttosto alle specifiche questioni che, nell’ambito di tali materie, possono sorgere in relazione all’interpretazione di quelle norme di coordinamento della finanza pubblica che pongono limiti e divieti strumentali al raggiungimento degli specifici obiettivi di contenimento della spesa o, in altre parole, situazioni in cui possono rinvenirsi quei caratteri – se non di esclusività – di specializzazione funzionale che caratterizzano la Corte e che giustificano la peculiare attribuzione della funzione consultiva (in particolare vd. delibere n. 17/2020/QMIG, e n. 5/SEZAUT/2022/QMIG).
Detta funzione, quanto al secondo aspetto, può esplicarsi soltanto con riferimento a quesiti aventi carattere generale ed astratto, escludendo fatti gestionali specifici: l’attività di assistenza giuridico-amministrativa e di formulazione dei pareri in ordine ai procedimenti amministrativi è, infatti, ordinariamente attribuita dall’ordinamento al segretario comunale e ai dirigenti (o ai responsabili degli uffici o dei servizi nei piccoli comuni, come quello richiedente, privi di dirigenza), secondo le rispettive competenze, ai sensi degli artt. 97, comma 2, 107 e 109, comma 2, del TUEL o agli altri organi individuati dal legislatore. Il Collegio non ignora che i quesiti originano nel contesto operativo interno all’Ente e, tuttavia, la fattispecie rappresentata deve involgere l’esame generale della ipotetica applicabilità di una norma giuridica in materia di contabilità pubblica, in termini di corretta applicazione dei principi giuridici e contabili (e non gestionali) posti a presidio della interpretazione di una o più disposizioni di legge. In considerazione di quanto sopra esposto, il Collegio reputa la richiesta di parere in esame ammissibile anche sotto il profilo oggettivo, limitatamente all’analisi, in via generale ed astratta, della normativa concernente la possibilità per un ente locale di acquisire, a titolo oneroso, impianti sportivi. Per tale ragione il parere viene reso anche se da notizie di stampa si è appreso che il Tribunale di Brescia ha aggiudicato ad un terzo l’intero ramo d’azienda di Montecampione Ski area s.r.l. comprensivo degli impianti, mezzi, attrezzature e marchio, ciò che conferma, sotto il profilo della ammissibilità oggettiva, che la modifica della fattispecie concreta sottostante non rileva ai fini dell’emissione del parere da parte della Corte, se pure lo rende inutile per il Comune, in quanto questo è reso proprio su fattispecie generali ed astratte. La Sezione fornirà, quindi, unicamente indicazioni generali sull’interpretazione della disciplina applicabile e sugli istituti giuridici considerati, spettando all’Amministrazione comunale l’adozione delle decisioni concrete da adottare in ordine alla successiva attività gestionale. *
MERITO.
Il Comune di Artogne chiede un parere di questa Corte sulla possibilità di acquisire da un’asta pubblica, alcuni impianti sportivi per utilizzare le risorse di un Patto territoriale diretto a promuovere l’attrattività turistica e incentivare i flussi turistici in un comprensorio ricompreso in parte nel territorio comunale. Dall’analisi del quesito sopra menzionato il parere di questo Collegio può essere formulato con riguardo a due distinti quesiti tra loro collegati: – la natura giuridica e la classificazione di tali impianti tra i beni comunali; – la facoltà e i limiti che incontra un’Amministrazione interessata nell’acquisizione di impianti sportivi con risorse disponibili. Relativamente al primo quesito, va rilevato che nella richiesta di parere si fa riferimento unicamente agli impianti sportivi (di risalita e innevamento) e alle strutture connesse, senza alcuna specificazione sulla titolarità dell’area nella quale sono collocati gli impianti, verosimilmente di proprietà di privati. Il parere riguarda gli impianti e non le aree nelle quali sono collocati, ciò che richiede una breve disamina sulla loro natura giudica. L’art. 2 del D.lgs. 28 febbraio 2021 n. 38 definisce impianto sportivo la struttura, all’aperto o al chiuso, preposta allo svolgimento di manifestazioni sportive, comprensiva di uno o più spazi di attività sportiva o di tipo diverso, nonché di eventuali zone spettatori, servizi accessori e di supporto. Va preliminarmente osservato che non vi sono norme – nazionali o regionali – che riservano la proprietà di impianti sportivi e attrezzature connesse agli enti pubblici, né vi sono norme generali o di dettaglio che stabiliscono che tali beni debbano essere ricompresi tra i beni demaniali non essendo menzionati nella tassativa elencazione degli artt. 822 e 825 c.c..
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale quando gli impianti sportivi sono di proprietà comunale “…appartengono al patrimonio indisponibile del Comune, ai sensi dell’art. 826, ult. comma, c.c., essendo destinati al soddisfacimento dell’interesse della collettività allo svolgimento delle attività sportive…” (cfr. ex multis Cass., SS.UU., 9 agosto 2018, n. 20682; Consiglio di Stato sez. V, 3 gennaio 2024, n. 100; TAR Lombardia Milano, Sez. V, 4 gennaio 2024 n. 26; TAR Milano n. 1279 del 29 aprile 2024 afferma che non ogni impianto sportivo di proprietà pubblica diviene automaticamente destinato a pubblico servizio essendo a tal fine necessario un contratto di servizio). I beni patrimoniali indisponibili, a differenza dei beni demaniali, sono commerciabili, e pur gravati da uno specifico vincolo di destinazione all’uso pubblico che possono formare oggetto di negozi traslativi di diritto privato (Sezioni Unite n. 3811 del 16 febbraio 2011) Detto in altri termini l’“indisponibilità” dei beni non attiene alla loro titolarità (inalienabilità), ma alla concreta ed effettiva destinazione degli stessi ed alla “piena disponibilità” alla funzione/servizio cui sono destinati (cfr. Sez. Controllo Lombardia n. 295/2013/PAR). Gli impianti sportivi che rientrano nel patrimonio indisponibile del Comune possono essere affidati a terzi, trattandosi di “servizio pubblico locale, ai sensi dell’art. 112 del d.lgs. n. 267/2000, per cui l’utilizzo del patrimonio si fonda con la promozione dello sport che, unitamente all’effetto socializzante ed aggregativo, assume un ruolo di strumento di miglioramento della qualità della vita a beneficio non solo per la salute dei cittadini, ma anche per la vitalità sociale della comunità (culturale, turistico, di immagine del territorio, etc.)…” (Cons. Stato, V, 28 gennaio 2021, n. 858 e 18 agosto 2021 n. 5915). Gli impianti di risalita, funivie, sciovie, seggiovie e simili, costituendo strumenti indispensabili per il funzionamento di strutture sportive, quali le piste da sci ed ausiliarie come rifugi, posti di ristoro o pronto soccorso, deposito di attrezzi ecc., allestite dai Comuni per finalità di incremento turistico e di sviluppo economico non sono classificabili come “mezzi pubblici di trasporto” (Cass. n. 4541 del 2015; Cass. n. 3733 del 2015; Cass. n. 6067 del 2017; Cass. n. 1445 del 2017 e Cass. n. 13069/2020). Tanto premesso sulla natura e sulle caratteristiche dei beni oggetto del quesito, si rileva che l’acquisizione di impianti sportivi da parte degli enti locali è possibile non essendovi espressi impedimenti normativi. L’ordinamento, infatti, non disciplina l’acquisizione di impianti sportivi mentre esistono prescrizioni sugli “impianti sportivi di quartiere”, quali opere di urbanizzazione secondaria destinate agli abitanti di una determinata zona urbana (art. 4 l. 847/1964 e s.m.i.) mentre gli impianti gli impianti di risalita (funivie, sciovie, biglietterie e strutture connesse) preordinati al funzionamento di strutture sportive (piste da sci, rifugi, etc.) sono oggetto di norme regionali e di regolamenti ministeriali per l’esercizio e la sicurezza. Valgono quindi le norme generali.
Per l’acquisto di beni, compresi quelli ricompresi nel patrimonio indisponibile, il fondamento della capacità di acquistare è rinvenibile nell’art. 11 cod. civ., a mente del quale “le province e i comuni, nonché gli enti pubblici riconosciuti come persone giuridiche, godono dei diritti secondo le leggi e gli usi osservati come diritto pubblico”; tale norma riconosce la piena capacità di diritto privato per le persone giuridiche pubbliche, limitabile solo se e in quanto previsto da specifiche disposizioni, soggiacendo semmai – per come si evidenzia oltre – un generale vincolo funzionale di compatibilità dell’acquisto con lo scopo pubblico affidato alla cura dell’ente. In disparte ciò, solo per l’acquisizione di immobili era stata introdotta una limitazione dell’autonomia negoziale (art. 12, comma 1 ter, del decreto – legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111) che subordinava l’acquisto a una previa valutazione da parte dell’Ente della sua indispensabilità e indilazionabilità, nonché ad una attestazione di congruità del prezzo di acquisto da parte dell’Agenzia del Demanio, ma tale previsione è venuta meno, a decorrere dall’anno 2020, per effetto dell’art. 57, comma 2, lettera f) del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n.157 (Corte dei conti, Sez. Campania, n.52/2021/PAR e Sez. Puglia, n.99/2020/PAR ; Sez. Piemonte n. 90/2023). In coda al primo quesito si deve precisare inoltre che gli impianti sportivi di risalita e le strutture connesse di proprietà di un ente locale effettivamente destinati a un pubblico servizio vanno classificati come beni patrimoniali indisponibili.
Quanto al secondo quesito, vale a dire se il Comune possa acquisire impianti sportivi alla luce del D.lgs. 118/2011 e del TUEL, la risposta sottende un chiarimento sulla natura della spesa necessaria, con risorse proprie o mediante indebitamento. Il D.gls. 118/2011 recante disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni e degli enti locali e dei loro organismi non disciplina l’acquisizione o l’utilizzo di beni patrimoniali indisponibili ma contiene principi e regole essenzialmente preordinate alla corretta contabilizzazione delle spese. Come noto, le spese pubbliche si suddividono in spese correnti, destinate a finanziare la normale attività degli enti, e spese in conto capitale, destinate a finanziare gli investimenti, sia diretti (realizzati dall’ente pubblico), sia indiretti (realizzati da soggetti privati, ma con il concorso finanziario pubblico). Gli investimenti possono essere effettuati con risorse disponibili oppure mediante ricorso all’indebitamento; l’art. 119, ultimo comma, Cost. dispone che gli enti territoriali possono ricorrere all’indebitamento soltanto per finanziare spese di investimento, regola che ha comportato la necessità di individuare quali siano le spese di investimento (cfr. Sez. Controllo Piemonte n. 89/2024/Par).
Sul punto, è intervenuta la legge 24 dicembre 2003, n. 350 che, per quanto di interesse in questa sede, dopo aver affermato che gli enti locali possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento (comma 16) e aver individuato le operazioni che costituiscono indebitamento (comma 17), prevede che, ai fini di cui all’art. 119, comma 6, Cost., costituiscono investimenti, tra l’altro, «l’acquisto di impianti, macchinari, attrezzature tecnico-scientifiche, mezzi di trasporto e altri beni mobili ad utilizzo pluriennale» (comma 18, lett. c). La Sezione delle autonomie della Corte dei conti ha avuto modo di osservare che “la nozione di ‘spesa di investimento’ è più restrittiva di quella di spesa in conto capitale, in quanto inclusiva delle sole erogazioni di denaro pubblico cui faccia riscontro l’acquisizione di un nuovo corrispondente valore al patrimonio dell’Ente che lo effettua” (deliberazione n. 30/SEZAUT/2015/QMIG). E’ stato, altresì, affermato che “mentre la spesa di investimento comporta la trasformazione di capitale finanziario in capitale reale ad utilità pluriennale intestato alla collettività (di cui l’art. 1, comma 18 della L. n. 350/2003 contiene un elenco esemplificativo), la spesa in conto capitale può consistere in una utilità durevole, senza che si abbia necessariamente tale trasformazione” (Sezioni Riunite, sentenza n. 23/2019/EL; Sez. Controllo Puglia n. 107/2021/Par).
L‘acquisizione di impianti sportivi costituisce, quindi, una spesa di “investimento” che soggiace alla disciplina dettata al titolo IV del TUEL, in tema di programmazione e di fonti di finanziamento. Il riconoscimento dell’autonomia negoziale in materia di acquisizione di beni patrimoniali disponibili non elide, infatti, la necessità che la sottoscrizione dei contratti di acquisto avvenga nel rispetto dei principi di buon andamento (art. 97, comma 2, Cost.) e dell’equilibrio di bilancio (art. 97, comma 1, e 119 comma 1 Cost.), anche laddove l’ente non faccia ricorso all’indebitamento ed utilizzi risorse disponibili. Il principio di buon andamento combinato con quello dell’equilibrio di bilancio vincola l’amministrazione a impiegare nel modo più efficiente possibile le risorse di cui dispone ai fini del perseguimento degli interessi pubblici affidati alla sua cura. Il principio di finalizzazione alla cura degli interessi pubblici permea l’amministrazione pubblica nel suo complesso ed è applicabile anche all’attività di diritto privato, nel rispetto di quanto previsto dagli artt. 81, 97 e 119 Cost., oltre che dall’art. 1, comma 1, della legge n. 241/1990. Per tale motivo nell’ipotesi genericamente dedotta in sede di quesito (peraltro, allo stato venuta concretamente meno anche quale mera prospettazione ipotetica), è necessario che il Comune svolga e dia atto di un’approfondita istruttoria, documentando la ragionevolezza e l’utilità dell’acquisto del bene, la finalità pubblica perseguita e formulando una analisi costi/benefici dell’operazione. Una volta determinatosi per l’acquisto, il relativo iter procedimentale va inoltre improntato al rispetto dei principi generali dell’attività amministrativa di cui all’art. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241, nel rispetto delle norme che regolano l’acquisizione di beni e di tutela della concorrenza e parità di trattamento.
P.Q.M
la Sezione regionale di controllo per la Lombardia rende il parere nei termini di cui in motivazione
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