Il principio di risultato, con strumenti inefficaci (guardare al cielo con i piedi piantati nel fango)

A cura del Dott. Stefano Perna

5 Giugno 2024
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In un mondo ideale, ogni strumento creato dall’uomo funzionerebbe alla perfezione, come un orologio svizzero, ma sappiamo che un orologio rotto segna l’ora giusta due volte al giorno.

Tuttavia, nel nostro mondo reale, sembra che l’articolo 1 del D.lgs 36/2023 abbia preso una strada diversa, promettendo un futuro luminoso con strumenti che, ahimè, sembrano più adatti a scavare buche nell’acqua.

Prendiamo il MEPA, per esempio, la piattaforma che dovrebbe essere la punta di diamante dell’efficienza nella pubblica amministrazione. In teoria, la digitalizzazione dovrebbe semplificare le procedure, rendendo tutto più fluido e intuitivo. Eppure, la realtà è un’altra storia.
In un paese con un minimo di visione e programmazione, in vista della digitalizzazione del ciclo di vita degli appalti, ci saremmo seduti attorno a un tavolo con un bicchiere di glögg (ogni riferimento a paesi del Nord è puramente casuale) e la prima domanda sarebbe stata “possiamo far diventare il MEPA l’unica piattaforma per tutte le stazioni appaltanti?” Le risposte molteplici, a seconda di quante caraffe vuote sarebbero presenti sul tavolo, ma sono sicuro che nei fumi del glögg, a qualcuno sarebbe venuta la meravigliosa idea di far brillare il MEPA, e far nascere dalle sue ceneri una singola piattaforma snella e interoperabile, dove udite udite:

  • non c’è bisogno di abilitarsi ad un bando;
  • unica piattaforma=unica registrazione;
  • interoperabilità tra le stazioni appaltanti;
  • valutazione degli Operatori economici;
  • etc. etc.

…lo so, roba d’altro mondo! Considerato soprattutto che nel “bel paese” ci siamo ricordati che dovevamo digitalizzare al countdown dell’ultimo dell’anno e si è optato per un approccio più… “creativo”.

Si è data la possibilità di certificare molteplici piattaforme, ognuna con il suo set di regole e procedure, trasformando quello che doveva essere un passo verso la semplificazione in un vero e proprio puzzle per gli operatori del settore appalti.

Ora i lavoratori (pubblici/privati) devono imparare diverse prassi operative, e risolvere problemi…come se non bastasse già il loro carico di lavoro.
Il risultato? Un labirinto burocratico dove il filo di Arianna è stato sostituito da un gomitolo intricato di procedure che neanche il miglior gatto del quartiere riuscirebbe sbrogliare.

E poi c’è FVOE 2.0, il fascicolo virtuale dell’operatore economico, che doveva rappresentare la carta d’identità digitale delle imprese nel rapporto con la pubblica amministrazione. Invece di essere il passaporto per un viaggio senza intoppi nel mondo degli appalti, si è rivelato più simile a un vecchio atlante strappato, con pagine mancanti e indicazioni poco chiare che lasciano gli utenti a chiedersi se stanno andando nella direzione giusta.
La mancanza di materiale formativo per il FVOE 2.0 è un problema che non può essere sottovalutato.

È come se ci fosse stata consegnata una macchina potentissima senza il manuale di istruzioni. Il mondo appalti si trova così a navigare a vista, cercando di decifrare le funzionalità e le procedure attraverso un metodo di tentativi ed errori, che non solo è inefficiente, ma anche incredibilmente frustrante. Questa assenza di guida e formazione adeguata è un ostacolo significativo che impedisce di raggiungere il principio di risultato tanto decantato. Ma si sa, siamo sicuramente sbagliati noi: sono “solo” 5 mesi che è “pienamente operativo”.

L’articolo 1 del D.lgs 36/2023 ci parla di un futuro radioso, dove l’efficienza e l’efficacia sono le stelle polari che guidano l’azione amministrativa. Ma, a quanto pare, le stelle sono offuscate dalle nuvole degli strumenti attuali, che sembrano più propensi a produrre mal di testa che risultati concreti.
In conclusione, mentre l’articolo 1 ci invita a guardare al cielo, i nostri piedi rimangono ben piantati nel fango degli strumenti inefficaci.

Forse è il momento di infilare gli stivali di gomma e iniziare a camminare verso strumenti che non siano solo un bel sogno su carta, ma una realtà tangibile e funzionante. Fino ad allora, continueremo a navigare in questa commedia dell’arte dove l’unico risultato tangibile sembra essere l’ironia della situazione.
 

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