La prevalenza della sostanza sulla forma in virtù del principio del risultato

Commento a TAR Veneto, sez. III, 3 giugno 2025, n. 879

Costanza Sabetta 22 Luglio 2025
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TAR Veneto, sez. III, 3 giugno 2025, n. 879

“(…) laddove sussista, come nel caso oggetto del presente giudizio, un contrasto tra il dato formale, conseguente al pedissequo rispetto del disciplinare di gara, e il dato sostanziale, costituito dall’ acclarata sussistenza degli elementi essenziali dell’offerta economica, dev’essere privilegiato dalla stazione appaltante il dato sostanziale, in modo da affidare il servizio “con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza” (art. 1, comma 1, D.lgs. n. 36/2023).

(…) la ricerca della “regola del caso concreto” emerge all’esito di una concreta ponderazione dei contrapposti interessi in gioco, che l’Amministrazione deve effettuare alla luce dei principi del risultato e della fiducia, con il limite costituito dal rispetto dei principi di legalità e di concorrenza, con i connessi principi di parità di trattamento e di non discriminazione.

(…) nell’architettura del vigente codice dei contratti pubblici, la disciplina del soccorso istruttorio non può più essere interpretata come un mero correttivo procedimentale, ma deve essere ricondotta sempre all’interno del principio del risultato, introdotto espressamente dall’art. 1, comma 1, del codice stesso.

Indice

Il caso di specie

La controversia trae origine da una procedura aperta telematica, suddivisa in due lotti, bandita per l’affidamento del servizio di attività riabilitativa domiciliare (fisioterapia) nei Distretti di Asolo e Treviso e presso l’U.O.C. di recupero e riabilitazione funzionale di Pieve di Soligo.
Per quanto di interesse, va evidenziato preliminarmente che l’art. 17 del Disciplinare di gara prevedeva che l’offerta economica dovesse includere a pena di esclusione: lo “schema di offerta economica (Allegato 2)” in formato …xls e .pdf, firmato digitalmente; il “Documento d’offerta” generato dal sistema, firmato digitalmente e il “Riepilogo e invio dell’offerta” attestante il completamento della procedura di invio.

Ciò premesso, la stazione appaltante, in sede di valutazione delle offerte, riscontrava il mancato caricamento da parte del RTI concorrente dello “schema di offerta economica (Allegato 2)” secondo le prescrizioni del disciplinare.

Per tale carenza, l’amministrazione non riteneva di attivare alcun soccorso istruttorio nei confronti dell’operatore economico, in quanto trattavasi di carenza documentale riguardante l’offerta economica e, pertanto, come da disciplinare di gara, disponeva l’esclusione del raggruppamento.

Ricevuta la comunicazione della propria esclusione, il RTI decideva di adire il giudice amministrativo, impugnando il provvedimento alla luce di plurimi motivi di illegittimità. 
Con il primo motivo di gravame, il ricorrente sosteneva di aver regolarmente compilato tutti i campi dell’offerta economica, di aver generato il “Documento d’offerta”, e di averlo caricato sulla piattaforma nei termini previsti una volta sottoscritto digitalmente. A suo dire, il mancato caricamento sulla piattaforma dello “schema di offerta economica (Allegato 2)” in formato pdf non configurerebbe una legittima causa di esclusione perché non inciderebbe sulla validità e sulla determinatezza dell’offerta economica, già strutturata in tutti i suoi elementi essenziali nel “Documento d’offerta”. Difatti, l’Allegato 2 si risolverebbe in un mero supporto formale destinato a replicare dati già presenti nell’offerta compilata e regolarmente trasmessa. Di qui, l’illegittimità dell’esclusione di un’offerta formalmente e sostanzialmente completa.

Con il secondo motivo di gravame, il ricorrente affermava che la stazione appaltante avrebbe al più dovuto attivare il soccorso istruttorio, atteso che le informazioni contenute nell’Allegato 2 costituivano voci di dettaglio potenzialmente rilevanti nell’eventuale fase della verifica di anomalia e non già elementi essenziali dell’offerta.

In ogni caso, la clausola della lex specialis che imponeva a pena di esclusione la produzione dell’Allegato 2 sarebbe illegittima o nulla per violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione e comunque contraria ai principi di proporzionalità e ragionevolezza e del favor partecipationis. La stazione appaltante, infatti, non avrebbe in nessun caso potuto disporre l’esclusione a seguito della semplice mancata allegazione di un file meramente riepilogativo di dati già contenuti nel “Documento d’offerta”, come invece avvenuto nel caso di specie.
Si è costituita in giudizio la stazione appaltante resistendo al ricorso.

Per la resistente, il “Documento d’offerta” generato dalla piattaforma non sarebbe da solo sufficiente a ricostruire l’effettiva volontà del ricorrente, in quanto non conterrebbe le informazioni previste nell’Allegato 2.

Trattandosi poi di documentazione che componeva l’offerta economica e tecnica, il mancato caricamento dell’Allegato non avrebbe potuto esser sanato per il tramite del soccorso istruttorio. Secondo la resistente, dunque, pienamente legittima sarebbe la clausola del disciplinare censurata.

La decisione del TAR

All’esito del ricorso, il T.a.r. ha giudicato fondate le pretese del ricorrente.

In primo luogo, il Collegio ha richiamato i principi del risultato e della fiducia di cui agli artt. 1 e 2 del D.lgs. n. 36/2023. Tali principi, secondo consolidata giurisprudenza, si traducono nel dovere delle stazioni appaltanti “di ispirare le loro scelte discrezionali al raggiungimento del risultato sostanziale” e sono destinati “ad avere un particolare impatto sui comportamenti concreti delle amministrazioni, soprattutto con riguardo all’interpretazione ed all’applicazione delle regole di gara, dovendo entrambe le fasi essere ispirate al risultato finale perseguito dalla programmata operazione negoziale (…). Il nuovo principio guida della fiducia, introdotto dall’art. 2 del d.lgs. n. 36 del 2023, porta a valorizzare l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici e afferma una regola chiara: ogni stazione appaltante ha la responsabilità delle gare e deve svolgerle non solo rispettando la legalità formale, ma tenendo sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un’opera pubblica (o ad acquisire servizi e forniture) nel modo più rispondente agli interessi della collettività. Trattasi quindi di un principio che amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile” (in questi termini, Consiglio di Stato, Sez. V, 19 novembre 2024, n. 9255; T.A.R. Veneto, Sez. III, 14 maggio 2025, n. 735).

In applicazione dei predetti principi, il Collegio ha ritenuto, dunque, che laddove sussista, come nel caso di specie, un contrasto tra il dato formale, conseguente al pedissequo rispetto del disciplinare di gara, e il dato sostanziale, costituito dall’acclarata sussistenza degli elementi essenziali dell’offerta economica, deve essere privilegiato dalla stazione appaltante il dato sostanziale, in modo da affidare il servizio “con la massima tempestività e il miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza”, ai sensi dell’art. 1 c.c.p.

Secondo il g.a., il principio del risultato e quello della fiducia vietano opzioni ermeneutiche astrattamente possibili, ma formalistiche. Con la conseguenza che – prosegue il T.a.r. – nel caso oggetto del giudizio, risulterebbe illegittima l’esclusione del RTI ricorrente in quanto disposta in applicazione di una disposizione della lex specialis che nella fase di ammissione alla gara imponeva al concorrente di dettagliare in un documento gli elementi essenziali dell’offerta economica già esposti in un altro documento, anch’esso previsto dal disciplinare.
Invero, l’omesso caricamento dell’Allegato 2 non avrebbe privato l’offerta del suo contenuto essenziale.  L’Amministrazione ben avrebbe potuto conoscere e dunque valutare tutti gli elementi dell’offerta economica, che risultava validamente formulata, trasmessa e sottoscritta, nel rispetto della disciplina di gara e delle funzionalità della piattaforma telematica.

Secondo il T.a.r, l’Allegato 2 – pur rivestendo una chiara utilità nella valutazione dell’offerta con riferimento alla fase eventuale e separata della verifica di anomalia di cui all’art. 110 d.lgs. n. 36/2023 – non poteva tuttavia essere ritenuto elemento essenziale, tale da legittimare l’esclusione del concorrente per la sua omessa allegazione.
Diversamente opinando, l’amministrazione, anziché perseguire l’affidamento del contratto “con la massima tempestività e il miglior rapporto qualità/prezzo”, otterrebbe un risultato esattamente opposto, aggravando irragionevolmente la procedura di gara e rischiando di escludere per ragioni puramente formali offerte economicamente più convenienti.
 Di conseguenza, il g.a. ha ritenuto sproporzionata, nonché in contrasto con i principi di massima partecipazione e di ragionevole interpretazione della lex specialis, la clausola del disciplinare che sanzionava con l’esclusione la mancata allegazione dell’Allegato in parola.
In ogni caso, le informazioni di cui all’Allegato 2 avrebbero potuto essere acquisite dalla stazione appaltante attraverso il soccorso procedimentale di cui all’art. 101, co. 3, d. lgs. n. 36/2023, trattandosi di un’irregolarità formale non essenziale, priva di impatto sull’offerta economica trasmessa, già sufficientemente strutturata ed esposta in altro documento principale.

In definitiva, il Collegio ha annullato il provvedimento di esclusione dell’operatore economico ricorrente, nonché la clausola del disciplinare censurata, con dovere dell’amministrazione di riammettere il RTI alla gara.

Brevi profili ricostruttivi

La sentenza in parola, al di là delle questioni specificatamente affrontate, è di notevole rilievo in quanto si inserisce in un filone giurisprudenziale più ampio che merita attenzione sotto il profilo sistematico.

Ci si riferisce, in particolare, alla progressiva affermazione di un paradigma interpretativo che tende a superare l’approccio meramente formalistico nella gestione delle procedure di gara, per dare spazio a una valutazione ancorata alla sostanza.

In tale prospettiva, assume rilievo il principio del risultato, codificato all’art. 1 c.c.p. –avvinto inestricabilmente a quello della fiducia ex art. 2 c.c.p. – il quale si propone come criterio prioritario per orientare l’esercizio del potere amministrativo, sollecitando le stazioni appaltanti a individuare, caso per caso, la soluzione più efficiente, coerente e rispondente all’interesse pubblico sostanziale.

Ecco che il risultato formalisticamente “corretto” non sempre e necessariamente si identifica con il risultato sostanzialmente “giusto”, ovvero con il conseguimento del risultato utile per la collettività e per l’amministrazione in termini di massima tempestività e di migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo del prodotto acquistato (in questi termini, Cons. Stato, Sez. III, 15 novembre 2023, n. 9812). La procedura e la forma non sono altro che un mezzo e non certo il fine della disciplina dei contratti pubblici. Sono in realtà lo strumento per selezionare l’operatore economico più idoneo all’aggiudicazione dell’appalto.

Ciò non significa – si badi bene – che si assiste a una sorta di “dequotazione” di altri principi, primo fra tutti il principio di legalità.

A riguardo, lo stesso T.a.r.  nella sentenza in parola non perde occasione per ribadire che “il principio del risultato “deve essere sempre posto in rapporto con il principio di legalità, così come il principio della fiducia postula l’azione legittima della stazione appaltante”, sicché “il principio di legalità (…) costituisce pur sempre un espresso limite all’applicazione del principio del risultato, che non può essere ritenuto idoneo a sanare l’illegittimo esercizio del potere amministrativo da parte della stazione appaltante”, e ciò in quanto “il principio del risultato (…) non può comportare un antinomia tra efficienza e legalità, posto che non si configura il buon andamento dell’amministrazione se non vi è al contempo rispetto del principio di legalità. (…) Dunque – in assenza di una gerarchia tra i suddetti principi fissato dal legislatore – il principio del risultato, sebbene di primaria importanza sul piano ermeneutico, non può ritenersi automaticamente prevalente sui principi, parimenti enunciati dall’art. 1, d.lgs. n. 36 del 2023, di legalità e di concorrenza, con i connessi principi di parità di trattamento e di non discriminazione, di talché il perseguimento del risultato non può giustificare il sovvertimento delle regole di gara alla cui osservanza la stazione appaltante si è autovincolata (in questi termini, T.A.R. Veneto, Sez. III, 28 maggio 2025, n. 836, in termini ancor più incisivi T.A.R. Toscana, Sez. III, 20 maggio 2025, n. 900, secondo la quale “il principio del risultato non può essere utilizzato come un passepartout idoneo ad aprire, sempre e comunque, l’area della legalità ad atti e provvedimenti illegittimi”)”.
Non si tratta dunque di affermare una deroga indiscriminata alle regole di gara, bensì di riconoscere che il rigido automatismo espulsivo deve lasciare spazio a una valutazione ragionata della portata e degli effetti di eventuali irregolarità, specie quando esse non incidano sulla validità dell’offerta né compromettano l’effettiva comparabilità tra concorrenti. Del resto, un “mero rigido e cavilloso formalismo” (Cons. Stato, Sez. III, 29 dicembre 2023 n. 11322) non può che nuocere alla concorrenzialità, alla necessità di ampliare il contesto partecipativo dell’imprese, ma soprattutto all’esigenza della stazione appaltante di affidare la commessa all’operatore economico ritenuto più idoneo (Cons. Stato, Sez. V, 25 febbraio 2025 n. 1620).

Di esempi se ne potrebbero fare molti.

Si pensi, da ultimo, al Consiglio di Stato, Sez. V, 25 febbraio 2025, n. 1620 cit.

Il Collegio, in quell’occasione, ha ritenuto legittima l’aggiudicazione disposta dalla stazione appaltante a favore dell’ATI concorrente nonostante l’offerta fosse asseritamente viziata da irregolarità formali, basandosi su una lettura non formalistica degli atti e delle regole di gara in applicazione del principio del risultato.

Ebbene, il medesimo approccio sostanzialistico si rinviene nella sentenza del T.a.r. Veneto in esame. Secondo il Collegio: “(…)il principio del risultato e quello della fiducia vietano le opzioni ermeneutiche astrattamente ammissibili, ma formalistiche – come quella che ha determinato l’esclusione della ricorrente dalla gara in applicazione di una disposizione della lex specialis che nella fase di ammissione alla gara impone al concorrente di dettagliare in un documento previsto dalla lex specialis gli elementi essenziali dell’offerta economica già esposti in un altro documento, anch’esso previsto dalla lex specialis”; con la conseguenza che “la clausola della lex specialis che dispone l’esclusione per la mancata allegazione dell’Allegato 2 in formato .pdf” è sproporzionata “perché si prevede la sanzione massima per un’inadempienza meramente formale, incompatibile con il sistema di presentazione dell’offerta telematica, che assegna valore vincolante al “Documento d’offerta” generato e firmato, nonché in contrasto con i principi di massima partecipazione e di ragionevole interpretazione della lex specialis”.

È dunque il principio del risultato a guidare l’interprete nel bilanciamento tra rigore normativo ed efficienza amministrativa.

In questo contesto, si inserisce il rinnovato ruolo del soccorso istruttorio – disciplinato dall’art. 101 c.c.p. – che diventa strumento operativo per realizzare il richiamato principio, in quanto volto a scongiurare l’effetto paralizzante delle formalità procedurali.

A tal proposito, il T.a.r. Lazio, Roma, 28 aprile 2025 n. 8240 ha avuto modo di ribadire che “… l’istituto del soccorso istruttorio obbedisce, per vocazione generale (cfr. art. 6 l. n. 241/1990), ad una fondamentale direttiva antiformalistica che guida l’azione dei soggetti pubblici ed equiparati. Con riguardo alle procedure di evidenza pubblica, esso si fa carico di evitare, nei limiti del possibile, che le rigorose formalità che accompagnano la partecipazione alla gara si risolvano – laddove sia garantita la paritaria posizione dei concorrenti – in disutile pregiudizio per la sostanza e la qualità delle proposte negoziali in competizione e, in definitiva, del risultato dell’attività amministrativa”.

Nel caso oggetto di giudizio, sebbene la società avesse provveduto a produrre, in sede di soccorso istruttorio, documentazione utile a dimostrare il possesso del requisito richiesto, l’Amministrazione avrebbe ritenuto erroneamente la stessa insufficiente per la mera mancata produzione formale di una copia di un documento. Ad avviso del giudice, la p.a. si sarebbe quindi “arenata ad un piano meramente formalistico”.

Pertanto, si ribadisce in modo deciso che il soccorso istruttorio costituisce uno strumento a tutela dell’interesse pubblico alla selezione della migliore offerta, rappresentando in quest’ottica non già una mera eventualità, ma una vera e propria manifestazione fisiologica del dovere di amministrare secondo criteri di efficienza, ragionevolezza e buona fede.

Brevi considerazioni conclusive

La sentenza in commento si inserisce in modo emblematico nel processo di evoluzione della giurisprudenza amministrativa verso una concezione più sostanzialistica e funzionale delle regole di gara.

Essa evidenzia la necessità, oggi sempre più avvertita, di affrancarsi da automatismi espulsivi legati a violazioni meramente formali, per aderire a un modus operandi che valorizzi la sostanza dell’offerta in virtù del principio del risultato.

È il principio di cui all’art. 1 c.c.p. che guida la giurisprudenza nella valutazione della correttezza sostanziale dell’operato delle stazioni appaltanti, assurgendo a coordinata interpretativa attraverso cui individuare, caso per caso, il punto di equilibrio tra il rispetto rigoroso delle regole e le esigenze di efficienza dell’azione amministrativa.

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