Secondo la Suprema Corte italiana, l’in house providing è… attimo fuggente. E dipende non da cosa si è in concreto, ma da cosa si è deciso di essere (anche se non in concreto non lo si è ancora).
di Massimiliano Atelli – Rivista della Corte dei conti n.2/2020
1. L’ordinanza delle S.U. n. 7824 del 14 aprile 2020: consolidamento di una traiettoria ermeneutica
Con ordinanza n. 7824 del 14 aprile 2020, le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno ribadito che, ai fini all’azione di responsabilità erariale promossa nei confronti degli organi di gestione e di controllo di società di capitali partecipate da enti pubblici, la giurisdizione spetta alla Corte dei conti (1) solo nel caso in cui tali società abbiano, al momento della posa in essere condotte ritenute illecite, tutti i requisiti per essere definite in house providing (2).
Tali requisiti devono risultare da precise disposizioni statutarie in vigore all’epoca, non avendo alcun rilievo la loro ricorrenza in fatto. In buona sostanza, ciò che rileva è l’assetto statutario vigente al momento della perpetrazione degli illeciti (3), pur quando esso sia rimasto sulla carta e non abbia trovato riscontro in un esercizio effettivo, cioè in concreto, del “controllo analogo”.
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