Revisione dei Criteri Ambientali Minimi (CAM) edilizia pubblica: maggiore flessibilità applicativa

Il Correttivo del Codice Appalti D.lgs. 56 del 19 aprile 2017 ha apportato, tra le altre, alcune modifiche che introducono all’articolo 34 la previsione secondo cui “per le categorie d’appalto riferite agli interventi di ristrutturazione, inclusi quelli comportanti demolizione e ricostruzione”, il Ministero dell’ambiente avrebbe dovuto “indicare i criteri per rendere più flessibile l’obbligo di applicazione dei CAM, in relazione alla tipologia e alla localizzazione dell’intervento da realizzare”.

Massimo Mauri 26 Ottobre 2018
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Il Correttivo del Codice Appalti D.lgs. 56 del 19 aprile 2017 ha apportato, tra le altre, alcune modifiche che introducono all’articolo 34 la previsione secondo cui “per le categorie d’appalto riferite agli interventi di ristrutturazione, inclusi quelli comportanti demolizione e ricostruzione”, il Ministero dell’ambiente avrebbe dovuto “indicare i criteri per rendere più flessibile l’obbligo di applicazione dei CAM, in relazione alla tipologia e alla localizzazione dell’intervento da realizzare”.

Il Ministero ha elaborato ed emanato il Decreto 11 ottobre 2017, che interviene sull’allegato 2 del Decreto 11 gennaio 2017 recante «Adozione dei criteri ambientali minimi per gli arredi per interni, per l’edilizia e per i prodotti tessili» per quel che riguarda nello specifico l’«Affidamento di servizi di progettazione e lavori per la nuova costruzione, ristrutturazione e manutenzione di edifici pubblici».

In sintesi, le deroghe si applicano alle ristrutturazioni edilizie, comprensive degli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici, nelle zone territoriali omogenee (ZTO) «A» e «B», di cui al decreto interministeriale del 2 aprile 1968 n. 1444.

Il Legislatore ha deciso di limitare il perimetro d’azione delle deroghe a due soli aspetti, per i quali è particolarmente difficile garantire il rispetto delle previsioni del CAM in caso di ristrutturazioni:

  • 2.2.3 “riduzione del consumo di suolo e mantenimento della permeabilità dei suoli”, relativamente alla superficie territoriale permeabile della superficie di progetto e alla superficie da destinare a verde;
  • 2.3.5.1 “illuminazione naturale”.

Per inciso, zone territoriali omogenee (ZTO) «A» e «B» di cui al Decreto interministeriale del 2 aprile 1968 n. 1444 “Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi, da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della legge n. 765 del 1967” sono:

A) le parti del territorio interessate da agglomerati urbani che rivestano carattere storico, artistico e di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante, per tali caratteristiche, degli agglomerati stessi;

B) le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate, diverse dalle zone A): si considerano parzialmente edificate le zone in cui la superficie coperta degli edifici esistenti non sia inferiore al 12,5% (un ottavo) della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale sia superiore ad 1,5 mc/mq.

Oltre a ciò, il CAM edilizia è stato rivisto con un’articolazione di maggior dettaglio delle casistiche in cui applicare le previsioni, nonché con l’approfondimento di alcuni paragrafi, prevalentemente orientato a declinare con maggiore precisione le indicazioni fornite, piuttosto che a incrementare i livelli di prestazione ambientale e ridurre conseguentemente i fattori di pressione ambientale connessi a queste tipologie di affidamento.

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