Alla Corte di Giustizia la corretta interpretazione del concetto di “procedimento concorsuale in corso” rilevante ai fini dell’esclusione della gara

Il Consiglio di Stato dubita che nella nozione di “procedimento in corso” possa farsi rientrare anche la mera istanza di concordato preventivo e di concordato preventivo in bianco

13 Febbraio 2018
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Il Consiglio di Stato dubita che nella nozione di “procedimento in corso” possa farsi rientrare anche la mera istanza di concordato preventivo e di concordato preventivo in bianco

Con ordinanza, di complessa valutazione, il Supremo Consesso della giustizia amministrativa ha deciso di rimettere alla Corte di Giustizia due questioni pregiudiziali relative all’art. 38, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 163/2006, così come interpretato dalla giurisprudenza amministrativa nazionale.

Nello specifico, il Collegio ha chiesto ai giudici europei:

– “se sia compatibile con l’art. 45, comma 2, lett. a) e b) della Direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004, considerare “procedimento in corso” la mera istanza, presentata all’Organo giudiziario competente, di concordato preventivo da parte del debitore”;

– “se sia compatibile con la predetta normativa, considerare la confessione del debitore di trovarsi in stato di insolvenza e di volere presentare istanza di concordato preventivo “in bianco”…quale causa di esclusione dalla procedura d’appalto pubblico, interpretando così estensivamente il concetto di “procedimento in corso” sancito dalla normativa comunitaria (art. 45 Direttiva) e nazionale (art. 38 d.lgs. n. 163-2006) citate”.

Il fatto e il giudizio di primo grado

Nel corso di una procedura di gara, un R.T.I. era stato escluso dalla selezione ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. a) D.Lgs. 163/2006 poiché una delle mandanti, dopo la domanda di partecipazione, aveva presentato al Tribunale un’istanza per l’ammissione al concordato preventivo, riservandosi di depositare, ai sensi dell’art. 161, comma 6 L.F., il piano concordatario con continuità aziendale di cui al successivo art. 186 bis L.F.

Ad avviso della stazione appaltante, solo il decreto di ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale o l’autorizzazione del Tribunale avrebbero consentito la partecipazione alla gara, ma nel caso di specie i relativi provvedimenti erano intervenuti in un momento successivo alla verifica del possesso dei requisiti, con conseguente esclusione del raggruppamento.

La legittimità di tale scelta è stata confermata anche dal Tar Napoli dinnanzi al quale l’operatore economico aveva impugnato il provvedimento di esclusione, sostenendo che anche il “concordato in bianco” (o preventivo con riserva) di cui all’art. 161, comma 6 L.F. avrebbe consentito la partecipazione alle gare pubbliche, in quanto fase preliminare suscettibile di evolvere tanto nella liquidazione dell’impresa, quanto nella continuazione dell’attività imprenditoriale.

La sentenza di primo grado è stata impugnata al Consiglio di Stato che ha sospeso il giudizio in attesa della pronuncia della Corte di Giustizia, chiamata ad esprimersi proprio sulla corretta interpretazione della causa di esclusione di cui all’art. 38, primo comma, lett. a) del vecchio Codice dei Contratti Pubblici.

L’art. 38, primo comma, lett. a) D.Lgs. 163/2006 secondo la giurisprudenza nazionale

La norma che viene in rilievo nel caso di specie è l’art. 38, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 163/2006 (come modificato dal d.l. n. 83/2012) che vieta la partecipazione alle gare pubbliche a tutti i soggetti che si trovino in stato di fallimento, di liquidazione coatta amministrativa, di concordato preventivo, con l’unica eccezione del c.d. “concordato in continuità aziendale” (art. 186 bis L.F.), o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni.

Con particolare riferimento al problema di quando possa dirsi “in corso” una procedura concorsuale, l’Adunanza Plenaria ha chiarito in passato (sent. n. 2155/2010) che non può ritenersi sufficiente una mera istanza creditoria (la quale potrebbe essere proposta strumentalmente o comunque infondatamente), essendo necessario un pronunciamento istruttorio del giudice che accerti oggettivamente lo stato di insolvenza dell’impresa.

Tale condizione sarebbe soddisfatta anche in presenza di una domanda di ammissione dell’imprenditore alla procedura di concordato preventivo, in quanto qualificabile come dichiarazione confessoria del proprio stato di insolvenza.

Tuttavia, nella sentenza della Plenaria, citata dal Consiglio di Stato nella ordinanza in commento, tali conclusioni venivano riferite all’istanza di concordato preventivo e non anche all’ipotesi del concordato “in bianco” o preventivo con riserva, come invece sembrano ritenere i giudici amministrativi nel caso di specie.

Ed infatti sia i giudici di Palazzo Spada che in precedenza il Tar Napoli hanno, in sostanza, esteso le riflessioni della giurisprudenza amministrativa e in primis dell’Adunanza Plenaria anche alla diversa ipotesi di concordato “in bianco”, qualificando la relativa domanda di ammissione come confessione del debitore, facendola così rientrare nel concetto di procedimento in corso.

Il perché della rimessione

Secondo i giudici rimettenti, la disciplina nazionale appena analizzata, così come interpretata dalla giurisprudenza amministrativa nazionale, non sarebbe del tutto in linea con la pertinente normativa europea.

Il riferimento è all’art. 45, comma 2, lett. a) e b) della Direttiva 2004/18/CE in base al quale “Può essere escluso dalla partecipazione all’appalto ogni operatore economico: a) che si trovi in stato di fallimento, di liquidazione, di cessazione d’attività, di amministrazione controllata o di concordato preventivo o in ogni altra analoga situazione risultante da una procedura della stessa natura prevista da leggi e regolamenti nazionali; b) a carico del quale sia in corso un procedimento per la dichiarazione di fallimento, di amministrazione controllata, di liquidazione, di concordato preventivo oppure ogni altro procedimento della stessa natura previsto da leggi e regolamenti nazionali”.

Il dubbio di compatibilità si pone in rimo luogo fra la possibilità di far rientrare nel concetto di “procedimento in corso”, rilevante ai sensi della Direttiva, anche la mera istanza di concordato preventivo del debitore da equiparare a tal fine ad una confessione del debitore del suo stato di insolvenza.

E, ancora, se tale concetto, così inteso, possa essere ulteriormente esteso fino al punto di ricomprendervi anche l’istanza di concordato in “bianco”, non univocamente finalizzata quest’ultima a dichiarare uno stato di insolvenza impeditivo alla prosecuzione dell’attività e quindi alla partecipazione alla gara di appalto.

Documenti collegati

Consiglio di Stato, sez. V, ord., 2 febbraio 2018, n. 686

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Irene Picardi