I soggetti da sottoporre ai controlli antimafia in caso di consorzio

Secondo il Ministero dell’Interno spetta al Prefetto, a prescindere dalla misura di partecipazione al consorzio delle singole imprese, procedere ad un approfondimento della vicenda associativa in presenza di situazioni sintomatiche di infiltrazioni criminali

6 Giugno 2018
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Secondo il Ministero dell’Interno spetta al Prefetto, a prescindere dalla misura di partecipazione al consorzio delle singole imprese, procedere ad un approfondimento della vicenda associativa in presenza di situazioni sintomatiche di infiltrazioni criminali

A seguito di una richiesta di chiarimenti della Prefettura di Alessandria in ordine alle modalità di rilascio dell’informazione antimafia nei confronti di un consorzio, il Ministero dell’Interno ha diramato la circolare in commento con la quale è stata chiarita l’ampiezza del potere di valutazione dei Prefetti.

L’analisi dell’Ufficio di Gabinetto prende le mosse da una breve ricostruzione della natura e della funzione della documentazione antimafia, a partire dalla disposizione di cui all’art. 85, comma 2, lett. b), d.lgs. 159/2011, come di recente modificato dal d.lgs. 161 del 2017 e dalla legge di bilancio per il 2018 (l. n. 205/2017).

Tale norma fissa il limite di partecipazione al consorzio, abbassato al 5 per cento dai recenti interventi legislativi in un’ottica ampliativa del sistema dei controlli, che le singole imprese devono detenere affinché scatti l’obbligo di acquisire la documentazione antimafia per i consorziati. In questo caso, il legame fra le imprese non può essere infatti derubricato ad impegno occasionale e si pone quindi la necessità di procedere a tutte le opportune indagini.

Ma un conto, precisa il Ministero, sono i soggetti con riferimento ai quali deve essere richiesta la documentazione antimafia, altra cosa sono invece quelli da sottoporre a controllo ai fini della valutazione prefettizia sulla sussistenza di tentativi di infiltrazione criminale nelle attività economiche.

Nell’ambito della documentazione antimafia, occorre infatti distinguere fra comunicazioni antimafia, con contenuto vincolato di tipo accertativo, e informazioni, connotate invece da una spiccata autonomia valutativa del Prefetto sul rischio di permeabilità mafiosa delle imprese.

Tra i fatti che l’autorità prefettizia deve valorizzare vi sono anche i rapporti di cointeressenza economica con soggetti vicini ad ambienti mafiosi, che possono riscontrarsi per esempio anche nell’ambito dei consorzi.

Inoltre, in base all’art. 91, comma 5 del Codice Antimafia, il Prefetto deve estendere, ai fini dell’informazione antimafia, gli accertamenti a tutti i soggetti in grado di determinare le scelte o gli indirizzi delle imprese.

Da quanto sopra, discende che ai fini dei controlli antimafia, il Prefetto procede in via discrezionale, a prescindere dalla misura di partecipazione al consorzio, a valutazioni della vicenda associativa in presenza di indici sintomatici della comunanza di interessi criminali o dell’asservimento dello strumento consortile agli obiettivi delle organizzazioni mafiosi.

Del resto “una diversa soluzione – conclude l’Interno – consentirebbe a singoli imprenditori già attinti da sospetti di permeabilità mafiosa e, dunque, estromessi dal perimetro dei rapporti con le pubbliche amministrazioni, di eludere il divieto ricorrendo allo schermo della copertura del consorzio”.

Documenti collegati

Ministero dell’Interno, Circolare del 25 maggio 2018

irene picardi