Opposizione a decreto penale di condanna e rating di legalità

Commento alla sentenza T.a.r. Lazio, sez. I, 17 settembre 2018, n. 9417

3 Ottobre 2018
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Non osta al rilascio o rinnovo del rating di legalità la sussistenza di un decreto penale di condanna avverso il quale sia stata proposta opposizione, anche se non formalmente revocato

Tale precisazione del T.a.r. Lazio, formulata in occasione dell’impugnazione di un provvedimento dell’AGCM di diniego di rinnovo del rating di legalità, fondato sull’emissione di un decreto penale di condanna nei confronti del legale rappresentante dell’impresa interessata, si basa su alcuni noti principi di diritto penale processuale.

In particolare, l’art. 464, comma 3 c.p.p. prevede che, nel giudizio conseguente all’opposizione proposta avverso il decreto penale di condanna, il giudice sia tenuto a revocare tale provvedimento.

Così come chiarito dalla giurisprudenza penale, richiamata anche dalla sentenza in commento, la revoca del decreto penale di condanna, ai sensi del citato citato art. 464, comma 3, costituisce un antecedente indefettibile del giudizio di opposizione, che si verifica per il solo fatto della sua instaurazione (ope legis) e non come conseguenza del provvedimento del giudice (ope iudicis) (cfr., ex multis, Cass. pen., sez. III, sent., 16 marzo 2010, n. 18753; sent. 3 maggio 2017, n. 41592).

Da quanto sopra discende, che l’art. 2, comma 2, lett. b) del Regolamento attuativo in materia di rating di legalità, adottato con delibera 15 maggio 2018, n. 27165 dell’AGCM, nella parte in cui fa riferimento all’emissione di un decreto penale di condanna quale presupposto ostativo al rilascio/rinnovo del rating, non può trovare applicazione qualora il giudice penale abbia ritenuto ammissibile la relativa opposizione.

Ciò vale anche nell’ipotesi in cui, ed è proprio questo il caso specifico esaminato dal T.a.r. Lazio, non ci sia stata un’esplicita revoca del decreto, poiché la semplice instaurazione del giudizio di opposizione pone nel nulla il provvedimento di condanna che si considera “tamquam non esset”.

Tale conclusione è desumibile dal dato letterale dell’art. 464, comma 3 c.p.p. che sembra qualificare come obbligatoria la caducazione del decreto in presenza del giudizio in questione.

Sulla base delle suesposte considerazioni, il Collegio ha quindi rigettato anche l’interpretazione formalistica dell’AGCM secondo la quale sarebbe sufficiente, ai fini del diniego di rilascio del rating, la mera emissione del decreto di condanna in quanto unica condizione ostativa richiamata dal citato Regolamento.

Tale conclusione, oltre a non tenere conto degli insegnamenti della giurisprudenza penale, sembrerebbe anche contradditoria con il comportamento dell’Autorità “che, di prassi, provvede a revocare in autotutela il diniego se il decreto è revocato”.

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Testo integrale della sentenza T.a.r. Lazio, sez. I, 17 settembre 2018, n. 9417

 

irene picardi