Cause di esclusione: non è sanzionabile il concorrente indotto in errore dai modelli posti a base di gara dalla stazione appaltante

Commento alla sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 7 maggio 2019, n. 2917

27 Maggio 2019
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Nell’ambito di una procedura di affidamento ai sensi del d.lgs. n. 50/2016 e s.m.i., non può essere escluso un operatore economico che abbia seguito puntualmente le indicazioni fornite dai modelli posti base di gara dalla stazione appaltante e che sia stato indotto in errore da quelle stesse indicazioni, dovendo prevalere in tale ipotesi i principi di massima partecipazione alle gare e di tutela del legittimo affidamento delle concorrenti in buona fede. E ciò anche quando la predisposta modulistica risulti non conforme alla legge di gara, poiché in ogni caso l’obiettiva incertezza così ingenerata dalla stessa lex specialis di gara non può arrecare pregiudizio al concorrente.

Consiglio di Stato, sez. V, 7 maggio 2019, n. 2917

Mediante la sentenza qui in commento il Consiglio di Stato è intervenuto a dirimere una controversia insorta nel contesto di una procedura di gara bandita ai sensi del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e s.m.i., recante il Codice dei contratti pubblici, per l’affidamento di servizi informatici e amministrativi, con particolare riguardo alle contestazioni formulate da un operatore economico, sotto diversi e articolati profili, avverso l’ammissione di un altro concorrente.

Nella fattispecie, innanzi al TAR Marche è stata censurata l’ammissione alla procedura di una impresa ex art. 80, comma 5, lett. c), del Codice, per non aver dichiarato quest’ultima in gara di essere stata destinataria di una sanzione amministrativa pecuniaria, esecutiva ma non ancora definitiva, dell’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato (AGCM), circostanza ritenuta invece rilevante ai fini dell’esclusione, quale illecito professionale, alla stregua delle Linee Guida ANAC n. 6.

Siffatte Linee Guida, come noto, recano “Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice” e sono state dapprima approvate dal Consiglio dell’Autorità con delibera n. 1293 del 16 novembre 2016 e poi aggiornate al d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 (cd. “Decreto correttivo” del Codice dei contratti pubblici) con deliberazione del Consiglio n. 1008 dell’11 ottobre 2017 (e sono tutt’oggi in corso di ulteriore revisione).

In proposito – risultando dirimente tale precisazione – occorre da subito rammentare che:

  • mentre nel testo originario e previgente approvato nel 2016 le suddette Linee Guida indicavano quale illecito professionale rilevante e sottoposto alla valutazione della stazione appaltante, ex art. 80, comma 5, lett. c), suddetto, eventuali sanzioni comminate dall’AGCM soltanto ove divenute inoppugnabili o confermate con sentenza passata in giudicato;
  • nel successivo aggiornamento delle Linee Guida medesime, in vigore dal 2017 e applicabili al caso in esame, l’ANAC ha invece precisato la rilevanza di quelle sanzioni anche se meramente esecutive e non definitive.

Ciò posto, nella fattispecie la lex specialis di gara e, in particolare, il modello DGUE predisposto dalla stessa stazione appaltante rinviava, in proposito, alle Linee Guida ANAC n. 6 nella versione originaria e previgente del 2016, che come detto non conferiva rilievo alle sanzioni dell’AGCM meramente esecutive e non ancora definitive, quale appunto quella di che trattasi.

Di modo che il TAR Marche, con sentenza n. 471 del 26 giugno 2018, ha respinto, sotto tale profilo, le censure dell’impresa ricorrente che invocava l’esclusione dell’altro operatore economico concorrente ai sensi del citato art. 80, comma 5, lett. c), del Codice, per aver questo omesso di dichiarare la predetta sanzione esecutiva ma non definitiva dell’AGCM, ritenendo doversi prevalere, in questa peculiare circostanza, il favor partecipationis e il legittimo affidamento ingenerato nel concorrente dall’errore della stessa stazione appaltante.

La sentenza del Giudice di primo grado è stata appellata innanzi al Consiglio di Stato da entrambi i concorrenti e, con specifico riguardo alla suddetta questione, dal ricorrente in primo grado in via incidentale, che sul punto si è visto respingere il gravame.

Con la pronuncia in commento, infatti, il Supremo Consesso ha confermato la statuizione del TAR Marche in merito a siffatto profilo, fornendo puntuali argomentazioni a suffragio dell’indirizzo accreditato; argomentazioni che è opportuno riportare di seguito, per migliore chiarezza e completezza del presente contributo.

Nella fattispecie, è stato rimarcato che “(…) “non può essere sanzionata un’impresa che rende una dichiarazione conforme a quanto richiesto dalla stazione appaltante”.

Tanto è del resto conforme a consolidati principi giurisprudenziali, secondo cui la circostanza che il concorrente abbia puntualmente seguito le indicazioni fornite dalla stazione appaltante, nella modulistica pubblicata insieme al bando, non può ridondare a danno del medesimo, in violazione dei principi di massima partecipazione alle gare e di tutela del legittimo affidamento delle concorrenti in buona fede; ciò anche quando la predisposta modulistica risulti non conforme alla legge di gara, in quanto l’obiettiva incertezza così ingenerata dalla stessa stazione appaltante non può pregiudicare il concorrente determinandone l’esclusione per aver compilato l’offerta in conformità al facsimile predisposto, dovendo in tal caso prevalere il favor partecipationis (Cons. di Stato, V, 28 maggio 2009, n. 3320; Cons. di Stato, V. 5 luglio 2011, n. 4029), anche in applicazione del più generale principio di tutela dell’affidamento (Cons. di Stato, Sezione V, 28 maggio 2009, n. 3320).

5.3.2. In definitiva in presenza di un modulo DGUE, predisposto dalla stessa stazione appaltante “al fine di rendere tutte le dichiarazioni necessarie per la partecipazione alla procedura” (così testualmente la previsione di cui allo 0.3 del Disciplinare), che conteneva il rinvio alle indicazioni delle Linee guida che si riferivano esclusivamente alle sanzioni divenute inoppugnabili o confermate con sentenza passata in giudicato (circostanze pacificamente non ricorrenti nella fattispecie in esame) e non anche a quelle meramente esecutive (contemplate dalla versione aggiornata delle Linee guida di cui alla deliberazione del Consiglio n. 1008 dell’11 ottobre 2017) ed in assenza di specifiche previsioni della lex specialis idonee ad avvalorare tale ultima opzione (cioè l’obbligo di dichiarare anche sanzioni meramente esecutive), non vi è alcun elemento univoco e ragionevole da cui far emergere un obbligo del concorrente di dichiarare le sanzioni non definitive e tanto meno la volontà (implicita) dell’amministrazione di ottenere dal concorrente la conoscenza di qualsiasi notizia idonea a poter essere valutata (con effetto potenzialmente negativo per il concorrente).

Né può ritenersi che la eventuale negligenza dell’amministrazione per non aver richiamato (o fatto rinvio) nel predisposto modello DGUE il contenuto delle Linee Guida aggiornate sia irrilevante ai fini della pretesa incompletezza o reticente dichiarazione della concorrente (…), dovendo in tal senso richiamarsi i già cennati principi di tutela dell’affidamento (altrimenti ponendosi a carico del concorrente un onere contrario agli ordinari dovere di diligenza e buona fede).

Neppure può assumere autonomo rilievo la circostanza che il disciplinare di gara (punto 0.3.) richiamasse specificamente i legali rappresentanti delle concorrenti all’adozione di “adeguate cautele volte ad evitare il rischio di rendere dichiarazioni incomplete o non veritiere” o che il Disciplinare si limitasse a dare suggerimenti, solo prevedendo più moduli alternativi (punto “0.3. Istruzioni per la compilazione del Documento di Gara Unico Europeo –DGUE e dei moduli

predisposti dalla SUAM” che prevedeva la possibilità di utilizzare diversi modelli precisandone di volta in volta l’accessibilità), trattandosi di circostanze che non sono idonee ad escludere, anzi confermano, una situazione di ambiguità ed incertezza circa l’effettivo contenuto degli obblighi di dichiarazione e che di conseguenza non possono incidere negativamente sulla tutela dell’affidamento incolpevole.

Resta da aggiungere per completezza che la contestazione operata dall’appellante incidentale, secondo cui le previsioni del disciplinare non potevano derogare alle previsioni legislative (consentendo di non dichiarare illeciti professionali sub iudice, in violazione dell’art. 80, comma 5, D. Lgs. 50 del 2016) non può essere favorevolmente considerata perché, anche a prescindere dalle osservazioni precedenti circa la tutela dell’affidamento incolpevole e sull’inesigibilità della diversa dichiarazione in presenza di un modello predisposto dalla stessa stazione appaltante, sarebbe stata necessaria la rituale impugnazione della predetta previsione (anche sotto il profilo del rinvio operato dall’amministrazione al contenuto delle Linee Guida non aggiornate).

Detta previsione, contenente il rinvio alla primigenia versione, non risulta comunque né irragionevole nella misura in cui riduce il potenziale perimetro delle cause di esclusione, conformemente al generale principio di massima partecipazione, né nulla (come, al contrario, sarebbe stata se avesse introdotto un’ulteriore fattispecie espulsiva al di fuori dei casi tassativamente indicati dalla legge)”.

Nel solco di tali argomentazioni i Giudici di Palazzo Spada hanno altresì escluso la possibilità di configurare la condotta del suddetto concorrente contestato in giudizio “(…) in relazione alle dichiarazioni rese ai fini della partecipazione alla gara, come un grave illecito professionale di per sé valutabile dalla stazione appaltante, che consiste nel “fornire anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura” (integrando tale fattispecie proprio una delle ipotesi esemplificativamente indicate dallo stesso art. 80, comma 5 lett. c), cit.)”. Difatti, “(…) la potenziale ascrivibilità dell’illecito anticoncorrenziale ad un’ipotesi escludente e la sua inclusione tra le condotte professionali autonomamente valutabili ai fini della possibile estromissione di un concorrente da una gara pubblica non ricorre nella procedura in oggetto ove la stazione appaltante, nell’esercizio dei legittimi poteri discrezionali, mediante il riferimento alla previgente versione delle Linee Guida (che valgono “quali elementi ermeneutici per la corretta interpretazione dell’art. 80, comma 5, lett. c), come peraltro prevede il comma 13 dello stesso art. 80”: in tal senso cfr. Cons. di Stato, III, 5 settembre 2017, n. 4192), per un verso, ha stabilito ex ante quale tipo di sanzione le imprese partecipanti avevano l’obbligo di segnalare con la prescritta dichiarazione (solo quelle definitive), per altro verso non ha inteso attribuire alcuna autonoma valenza escludente all’irrogazione di una sanzione meramente esecutiva, non ritenendo che fosse obbligatoria dichiararla in quanto idonea a rendere in sé dubbia l’integrità e affidabilità del concorrente.

In altri termini, la stazione appaltante ha definito a monte, con le previsioni della lex specialis come integrata dalla modulistica allegata e dalle indicazioni ivi rese, ciò che costituiva mezzo adeguato di prova per la dimostrazione del grave illecito professionale ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50 del 2016, ritenendo che tali fossero, ai fini che qui interessano, esclusivamente le sanzioni inoppugnabili e definitivamente accertate.

Non può, pertanto, ritenersi che la concorrente abbia effettuato un’inammissibile autovalutazione circa l’irrilevanza della sanzione, omettendo di segnalarla: al contrario, la stazione appaltante ha provveduto a circoscrivere a monte il perimetro degli obblighi dichiarativi dei precedenti professionali incombenti sulle imprese partecipanti (obblighi invero strumentali, secondo costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, formatasi anche nella vigenza del precedente codice, rispetto alle valutazioni discrezionali di competenza della stazione appaltante in ordine all’affidabilità dei partecipanti a procedure di affidamento: cfr. Cons. di Stato, V, 4 dicembre 2017, n. 5704), così riempiendo di contenuto un concetto giuridico indeterminato quale è quello di “grave errore professionale” (anche ai fini della descrizione effettiva di quale fosse la sanzione per illecito anticoncorrenziale ad esso riconducibile e perciò ex se valutabile nella gara in oggetto).

Tale operato è conforme all’indirizzo giurisprudenziale richiamato dalla stessa appellante incidentale in base al quale “l’art. 80, comma 5, del D.lgs. n. 50 del 2016 riserva il compito del vaglio alle stazioni appaltanti e non lo lascia all’autovalutazione evidentemente non priva di rischi di conflitto di interessi- delle concorrenti per cui non è ammissibile che la relativa valutazione sia eseguita, a monte, dalla concorrente la quale autonomamente giudichi irrilevanti i propri precedenti negativi, omettendo di segnalarli con la prescritta dichiarazione” (Cons. di Stato, Sezione V, 28 marzo 2018, n. 1935; Cons. di Stato, V, 18 gennaio 2016, n. 122).

Se, dunque, le ragioni di gravità sono rimesse al vaglio discrezionale della stazione appaltante al quale è riservata la legittima valutazione sull’affidabilità e moralità professionale del potenziale contraente e affidatario di pubbliche commesse (…)”, quanto preteso dall’appellante incidentale, in presenza dei suddetti e inequivoci presupposti (una lex specialis cui, come detto, si è puntualmente conformato il concorrente appellante principale, così indotto in errore), “(…) comporterebbe la formulazione da parte di questo giudice di un proprio giudizio di inaffidabilità professionale evidentemente sostitutivo rispetto a quello dell’amministrazione, così esercitando un sindacato di merito al di fuori dei casi tassativi previsti dall’art. 134 Cod. proc. amm. (in tal senso cfr. Cons. di Stato, V, 4 dicembre 2017, n. 5704, relativa ad un caso inerente proprio l’ammissione alla gara, con sottostante giudizio di affidabilità da parte della stazione appaltante, dell’operatore malgrado l’illecito antitrust accertato con sentenza non passata in giudicato nei suoi confronti)”.

Nei termini appena riportati Consiglio di Stato ha quindi ribadito, pur in presenza di evidenti incongruenze della legge di gara rispetto alle indicazioni attuative delle Linee Guida vigenti in materia, la primazia dei principi di massima partecipazione e legittimo affidamento posti dal Codice dei contratti pubblici a tutela degli operatori economici concorrenti, soprattutto in caso di errori ingenerati dalla stessa stazione appaltante nella predisposizione delle specifiche regole della procedura di gara.

E ciò in disparte la nota e crescente querelle che da tempo interessa la natura e gli evidenti limiti di efficacia (oltre che di effettiva semplificazione) delle Linee Guida emesse dall’ANAC in attuazione del Codice predetto, nel contesto delle fonti del diritto quali delineate secondo i rigorosi canoni del nostro ordinamento giuridico, in primis ove dette Linee Guida risultino di carattere non vincolante (cfr. TRGA Bolzano 22.1.2019 n. 14; TAR Milano sez. I 29.1.2018 n. 250), proprio come quelle richiamate nel caso di specie a fondamento della erronea condotta contestata in giudizio.

Non a caso, del resto, tra le più significative e impattanti modifiche apportate di recente al Codice con l’emanazione del DL 18 aprile 2019, n. 32 (cd. “Decreto Sblocca cantieri”), vi è per l’appunto l’affidamento della disciplina attuativa del Codice medesimo a un regolamento unico, dunque a una norma di rango secondario ai sensi della legge n. 400/1988, a ripensamento e superamento del sistema di “soft law” introdotto in orgine dal Codice del 2016 e imperniato sulle citate Linee Guida.