L’introduzione dell’articolo 11 nel nuovo Codice appalti ha rappresentato una svolta significativa: ha imposto alle stazioni appaltanti di indicare il CCNL applicabile e, contestualmente, ha permesso agli operatori di applicarne uno diverso, purché ne dimostrino l’equivalenza delle tutele.
Proprio su come si debba dimostrare questa “equivalenza” si sta consumando un dibattito giurisprudenziale, che tocca il bilanciamento tra la libertà d’impresa (art. 41 Cost.) e la tutela inderogabile dei lavoratori.
La questione è se un operatore che applica un CCNL (A) con minimi tabellari inferiori a quelli del CCNL (B) indicato dalla S.A., possa colmare o meno il “delta” economico impegnandosi ad erogare un “superminimo” (o la c.d. “indennità di appalto” ad personam).
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L’equivalenza dei CCNL e l’enigma del “Superminimo”: due TAR a confronto
Due recenti sentenze emesse a pochi giorni di distanza, il T.A.R. Campania (sez. IV, sent. 30 ottobre 2025 n. 7073) e il T.A.R. Puglia – Lecce (sez. I, sent. 3 novembre 2025 n. 1449), sono giunte a conclusioni diametralmente opposte, delineando due approcci antitetici
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