Un 2025 impegnativo per gli appalti pubblici… cosa ci attende per il 2026?

Il 2025 è stato un altro anno decisamente impegnativo per gli operatori degli appalti pubblici, a partire dalle numerose novità introdotte dal decreto correttivo, recepite nell’aggiornamento del bando-tipo ANAC n.1, recentemente pubblicato

Alessandro Massari 23 Dicembre 2025
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Il 2025 è stato un altro anno decisamente impegnativo per gli operatori degli appalti pubblici, a partire dalle numerose novità introdotte dal decreto correttivo, recepite nell’aggiornamento del bando-tipo ANAC n.1, recentemente pubblicato.
 
Il Dlgs. 209/2024 ha modificato circa il 33% delle norme del nuovo Codice, introducendo numerosi nuovi adempimenti per le stazioni appaltanti e gli operatori economici: i nuovi criteri per l’individuazione dei CCNL e la valutazione di equivalenza, la generalizzazione delle clausole di parità di genere e ricambio generazionale, la nuova disciplina della revisione prezzi, solo per citarne alcuni. 
 
E poi il DL 73/2025 (decreto “Infrastrutture”), con le nuove procedure di somma urgenza e protezione civile, l’estensione degli incentivi al personale dirigenziale, le norme sulla revisione prezzi, ecc.
 
Il 2025 è stato anche l’anno di un primo “collaudo” per il D.Lgs. 36/2023, con la giurisprudenza amministrativa chiamata a definire i limiti e la portata dei nuovi principi fondanti (risultato, fiducia, accesso al mercato). Lungi dal rallentare, il contenzioso ha agito da catalizzatore, chiarendo come l’Amministrazione debba bilanciare le esigenze di efficienza con il rigore sostanziale richiesto dalla legalità.  In più occasioni il Consiglio di Stato ha affermato che “la latitudine del principio del risultato nella vigente disciplina codicistica non si spinge sino a sacrificare i concorrenti principi di legalità, trasparenza e concorrenza bensì ne presuppone il rispetto (art. 1, co. 1 d.lgs. 36/2023)”, o, ancora, come “i principi del risultato e della efficienza predicati dall’art. 1 del d.lgs. 36/2023  non possono comunque sovvertire le regole di svolgimento della gara ed i concorrenti principi di par condicio e di autoresponsabilità nella presentazione delle dichiarazioni richieste dal disciplinare di gara”.
 
Ampio si è rivelato anche il contenzioso in materia di tutele lavoristiche negli appalti, e, in particolare sulla disciplina del CCNL e del costo della manodopera. Sulla questione della valutazione di equivalenza del diverso CCNL applicato dal concorrente rispetto a quello indicato dalla stazione appaltante, si sono registrate posizioni contrapposte da parte dei TAR sull’ammissibilità del c.d. “superminimo” o “indennità di appalto” per colmare le differenze della retribuzione globale annua: a distanza di pochi giorni l’una dall’altra, sono state emanate due sentenze di segno opposto.  Secondo il TAR Campania n.  7083/2025 “Nell’ambito del sub-procedimento di verifica dell’equivalenza del CCNL (ex art. 11 D.Lgs. 36/2023), l’indicazione da parte dell’operatore economico di un “superminimo” o di altre voci integrative della retribuzione non costituisce un’inammissibile modifica postuma dell’offerta, ma un legittimo chiarimento volto a esplicitare la composizione del costo orario medio offerto e a dimostrare l’equivalenza economica rispetto al CCNL indicato dalla stazione appaltante”.  Secondo il Tar Lecce n. 1409/2025, invece “Ai fini della verifica di equivalenza delle tutele economiche si confrontano le componenti fisse e continuative” della retribuzione (paga base, contingenza, scatti, ecc.). Il mero impegno a corrispondere il c.d. “superminimo”, oltre a rendere evidentemente incerta la reale portata della retribuzione fissa e continuativa garantita ai lavoratori, rimanda ad un evento futuro e contingente – ossia l’accordo bilaterale tra parte datoriale e rappresentanze sindacali, frutto di libera volontà negoziale – l’effettivo riconoscimento di un trattamento retributivo equivalente. Siffatto impegno non è idoneo a colmare stabilmente le lacune retributive accertate dalla Stazione appaltante, dovendosi convenire con il formante normativo e giurisprudenziale in subiecta materia, secondo cui l’equivalenza deve essere garantita dalle componenti fisse e automatiche del trattamento economico. L’equivalenza deve essere certa ex ante: l’art. 11 impone di garantire  al momento dell’offerta le “tutele equivalenti“.
 
Entrambe le sentenze hanno fondate basi argomentative, ma sposano diverse visioni sul bilanciamento tra tutele lavoristiche e libertà di iniziativa economica. Il T.A.R. Campania interpreta la verifica di equivalenza come un processo flessibile, in linea con la natura “dinamica” del sub-procedimento di anomalia e con la libertà organizzativa dell’impresa. Privilegia la sostanza dell’impegno economico finale. Il T.A.R. Lecce interpreta invece la norma in chiave rigorosa, ponendo al centro la certezza della tutela del lavoratore (e, in senso ampio, della leale concorrenza del mercato). Se l’obiettivo dell’art. 11 è impedire il dumping salariale, tale obiettivo può essere raggiunto solo confrontando le componenti fisse e inderogabili dei contratti, non le integrazioni discrezionali.
 
Recentemente, anche il Tar Lazio (sez. V-quater, 11 dicembre 2025, n. 22443) ha sposato la tesi restrittiva, ribadendo “il superminimo (soprattutto se assorbibile dagli aumenti previsti dal CCNL, come accertato in atti) è per definizione una parte accessoria e contingente della retribuzione. Non rientrando nelle componenti fisse e automatiche, non è idoneo a colmare stabilmente le lacune retributive del CCNL offerto rispetto a quello richiesto dalla S.A.”.
 
Questo contrasto giurisprudenziale evidenzia la necessità di un urgente intervento chiarificatore per le stazioni appaltanti e per gli operatori economici, per definire in modo univoco se la “garanzia delle stesse tutele” richiesta dall’art. 11 si misuri sui minimi tabellari inderogabili o sul trattamento economico complessivo promesso in sede di gara. Realisticamente, l’equivalenza delle tutele tra diversi CCNL non è quasi mai in concreto possibile: dal momento che il contratto leader prevede statisticamente una retribuzione più elevata dei CCNL minori, la tesi restrittiva  conduce, di fatto, all’imposizione di un CCNL, con evidente contrasto con l’art. 41 della Costituzione.
 
Sempre in tema di valutazione di equivalenza dei CCNL va stigmatizzato il grave ritardo nell’emanazione delle Linee guida ministeriali di cui all’art. 4, c.5, Allegato I.01, “per la determinazione delle modalità di attestazione dell’equivalenza delle tutele di cui al comma 4 e per la valutazione degli scostamenti che, in ragione anche del numero di parametri interessati, possono essere considerati marginali dalle stazioni appaltanti ed enti concedenti”. Tale lacuna normativa rende ancora più problematica la valutazione di equivalenza delle tutele normative.
 
Il 2025, dopo l’avvio dell’integrale digitalizzazione del ciclo dell’appalto, ha visto anche affacciarsi sul panorama giurisprudenziale le prime decisioni sull’applicazione dell’intelligenza artificiale nelle procedure di aggiudicazione.  La sentenza del Consiglio di Stato n. 8092/2025, ha offerto una prima lettura lucida ed equilibrata del ruolo dell’I.A. nella formulazione delle offerte tecniche. Il contenzioso è nato dall’uso dichiarato di “ChatGPT‑4/OpenAI” da parte dell’aggiudicataria in vari elementi della propria offerta tecnica, in particolare per la gestione di alcune fasi operative e organizzative del servizio. La ricorrente ha sostenuto che quelle tecnologie non sarebbero state in grado di svolgere le funzioni promesse e che, di riflesso, la commissione avrebbe attribuito punteggi sproporzionati.  Il giudice ha respinto: il punteggio non è dipeso in modo determinante dall’IA e la valutazione della commissione è stata plurifattoriale, coerente e istruita, dunque insindacabile salvo illogicità manifeste.
 
È un passaggio importante perché sposta il focus dal “nome della tecnologia” al risultato complessivo dell’offerta. Il Collegio ricorda che il sindacato giurisdizionale, specie in tema di anomalia, è esterno: non ricalcola rese e punteggi, ma verifica che il percorso valutativo sia ragionevole e motivato. E qui due elementi pesano molto. Primo: la commissione non ha premiato l’IA in quanto tale; ha valutato più dimensioni dell’offerta, e su almeno un criterio chiave (il modello organizzativo) ha perfino attribuito un punteggio più alto a chi non aveva previsto l’uso dell’IA. Secondo: chi contesta la fattibilità tecnica deve farlo con dimostrazioni specifiche e verificabili; pareri assertivi o letture “di principio” non bastano a scardinare una valutazione tecnica coerente.
 
Il messaggio agli operatori è chiaro: l’IA può legittimamente entrare in gara, ma come mezzo per conseguire outcome misurabili (tempi, qualità, affidabilità, tracciabilità), non come etichetta che garantisce punti. Il messaggio alle stazioni appaltanti non è meno netto: l’innovazione va valutata per ciò che produce e per come si integra in processi, governance e tutele (privacy, sicurezza, controllo umano), non per il brand o l’hype. In questa chiave, la decisione fa argine al “tech‑washing”: proclamare tecnologia senza prova di efficacia non regge, ma, simmetricamente, non è compito del giudice sostituirsi alla commissione quando l’istruttoria è stata seria e il bilanciamento tra fattori risulta ragionevole.
 
L’ISTAT ha rilevato come, nell’ultimo anno, l’uso dell’I.A. sia raddoppiato, coinvolgendo oltre la metà delle grandi imprese.  All’attualissimo tema dell’IA negli appalti pubblici sarà dedicato un convegno organizzato da Appalti&Contratti, il 26 febbraio 2026 a Roma,  con l’intervento di autorevoli esperti della materia.
 
E cosa ci attende nel 2026 ?
 
E’ assai probabile che il prossimo anno vedrà l’emanazione delle nuove direttive UE, quelle di quinta generazione,  su appalti e concessioni.
 
Negli orientamenti politici 2024-2029, la Presidente della Commissione europea  Ursula von der Leyen ha annunciato una revisione delle direttive sugli appalti pubblici per consentire di: privilegiare i prodotti europei nelle gare d’appalto bandite in determinati settori strategici; contribuire a garantire il valore aggiunto dell’UE e la sicurezza dell’approvvigiona-mento di tecnologie, prodotti e servizi essenziali; modernizzare e semplificare le norme in materia di appalti pubblici, tenendo in particolare presenti le start-up e gli innovatori dell’UE.
 
Una prima consultazione è stata lanciata dalla Commissione UE, per il periodo 13 Dicembre 2024 – 7 Marzo 2025  (“Have your say”). Una seconda nuova consultazione è stata di recente avviata per il periodo 3 Novembre 2025 – 26 Gennaio 2026, per valutare le possibili modifiche alle tre direttive del 2014, con un invito ad inviare contributi entro il predetto periodo.
 
Dalla prima “call for evidence” e dai documenti preparatori emergono alcuni assi principali del processo di revisione delle direttive:
– Semplificazione, coerenza e digitalizzazione: ridurre la complessità procedurale e le sovrapposizioni tra atti settoriali; creare un vero “EU digital procurement marketplace” con punto di accesso unico.
– Uso strategico degli appalti: integrazione di criteri “Made in Europe” per settori strategici, nel rispetto degli obblighi internazionali; maggiore allineamento con obiettivi green, social e di innovazione, anche tramite possibili criteri obbligatori nelle gare.
– Maggiore concorrenza e valore aggiunto UE: rimozione di barriere alla partecipazione transfrontaliera; correzione di squilibri nell’accesso ai mercati internazionali.
– Rafforzamento della governance e dei dati: interoperabilità dei portali di gara, colmando i “data gaps”; uso dei dati per controllo, trasparenza e politiche pubbliche più efficaci.
 
La rivista online Appalti&Contratti, quale rivista specializzata nel settore del public-procurement, e in costante contatto quotidiano con gli operatori italiani pubblici e privati alle prese con l’applicazione delle norme di derivazione unionale, ha appena avviato un sondaggio tra i propri lettori per conoscere gli orientamenti in vista della revisione delle direttive.
https://www.appaltiecontratti.it/verso-le-nuove-direttive-ue-appalticontratti-vi-invita-alla-consultazione-per-migliorare-la-loro-revisione/
 
I risultati di questo sondaggio saranno trasmessi alla Commissione Europea per fornire alla stessa la visione delle pubbliche amministrazioni italiane sulle prospettive di riforma e sulle possibili soluzioni, e dunque offrire un qualificato contributo nel quadro della seconda consultazione ufficiale  in atto da parte della UE.
 
Questo editoriale di fine anno è l’occasione per formulare a tutti i numerosi e affezionati lettori di Appalti&Contratti un sincero ringraziamento e i migliori auguri per un felicissimo 2026 di serenità e di soddisfazioni !

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