Costo del lavoro per le prestazioni in subappalto: “fuori” dall’offerta solo se l’attività è accessoria

È quanto stabilito dal Consiglio di Stato – Sez. III  – con la Sentenza n. 8047 del 15 ottobre 2025.

Giovanni F. Nicodemo 20 Ottobre 2025
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Il concorrente che intenda avvalersi del subappalto ha l’onere di rendere puntualmente edotta l’Amministrazione dell’effettivo costo del personale fornitogli dal subappaltatore, al fine di consentirle un effettivo controllo della sostenibilità economica dell’offerta.

La previsione che stabilisce il dovere di indicazione dei costi della manodopera non può che essere estesa a tutti i costi che l’offerente, direttamente o indirettamente, sostiene per adempiere alle obbligazioni contrattualmente assunte.
La previsione si rivelerebbe agevolmente eludibile se si consentisse di scorporare dal costo totale della manodopera il costo sostenuto dai subappaltatori.

È quanto stabilito dal Consiglio di Stato – Sez. III  – con la Sentenza n. 8047 del 15 ottobre 2025.

Indice

I fatti di causa

La controversia giunta all’attenzione del giudice amministrativo si riferisce ad una gara per l’affidamento del servizio di ristorazione.

Per quanto qui interessa è stata sollevata la questione della mancata indicazione dei costi della manodopera previsti per tre lavoratori in subappalto addetti al servizio di manutenzione.
Sebbene l’impresa avesse chiarito che tali costi erano stati allocati sotto la voce “spese generali”, per il giudice amministrativo tale giustificazione non è stata ritenuta un rimedio bastevole, poiché le attività manutentive costituivano prestazioni da eseguire in maniera stabile e continuativa ai sensi della disciplina di gara, non potendo esse qualificarsi come servizi “accessori” o “occasionali”.

Di guisa che il relativo costo sarebbe dovuto essere esplicitato tra i costi della manodopera in sede di offerta.  

Per il giudice amministrativo quindi l’impresa mancando di assolvere compiutamente all’onere di esplicita rappresentazione dei costi della manodopera ex art. 95, co. 10, d.lgs. n. 50/2016 ha inficiato la propria offerta con effetto conclusivamente escludente.

La decisione

La decisione muove dagli approdi giurisprudenziali sulla questione.
E’ stato evidenziato infatti che proprio la giurisprudenza ha operato significativi distinguo tra costi diretti della commessa – ossia i costi della manodopera che esegue il servizio oggetto dell’appalto, che devono essere indicati in sede di offerta – e costi indiretti – ossia i costi relativi al personale di supporto all’esecuzione dell’appalto o a servizi esterni, che non devono essere oggetto di dichiarazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 24 gennaio 2023, n. 782) – e tra i costi dei dipendenti impiegati stabilmente nella commessa, i quali devono essere indicati in sede di offerta in quanto voce di costo che può essere variamente articolata nella formulazione dell’offerta, e i costi relativi alle figure professionali impiegate in via indiretta, che operano solo occasionalmente, ovvero lo fanno in maniera trasversale a vari contratti, il cui costo non si presta ad essere rimodulato in relazione all’offerta da presentare per il singolo appalto (cfr. Cons. Stato, sez. V, 18 agosto 2023, n. 7815).

Applicando le predette coordinate ermeneutiche il Consiglio di Stato ha ritenuto legittimo lo scorporo di tali costi dall’indicazione dei costi complessivi della manodopera e la loro allocazione sotto la voce “Spese generali” soltanto laddove ai servizi di manutenzione possa riconoscersi effettivamente carattere accessorio.

Nel caso contrario, invece, per la sentenza in esame, i costi de quibus devono invece essere esposti fin dall’inizio nell’ambito dei costi della manodopera.

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