1. Introduzione: Il RUP nel contesto del D.Lgs. 36/2023 e la centralità della fase esecutiva
Il Codice del 2023 non è intervenuto solo sull’assetto procedurale delle gare, delineando invece anche una nuova fisionomia dei soggetti.
In parte questa modifica è indiretta, nel senso che dipende da norme che non ne intaccano il ruolo ma, allo stesso tempo, prevedono obblighi specifici che ne cambiano l’assetto di interessi. Fondamentale, in tal senso, il principio della fiducia, che nella sua bilateralità trasforma (o, meglio, codifica e sottolinea) stazioni appaltanti e operatori economici da figure contrapposte a figure chiamate, entro alcuni limiti, a curare anche l’interesse dell’altro.
Ma altre modifiche sono dirette e ben più evidenziate.
Lo dimostra l’intervento normativo sul RUP, divenuto da Responsabile Unico del Procedimento a Responsabile Unico del Progetto (RUP), così sottolineando un ruolo manageriale per la gestione dell’intero ciclo di vita dell’intervento pubblico, dalla programmazione alla conclusione. Il RUP, così, (art. 15 D.Lgs. 36/2023, All. I.2) è adesso garante del completamento dell’intervento nei tempi, costi e qualità previsti, con l’obiettivo di superare la burocrazia difensiva che, anzi, può divenire motivo di responsabilità anche erariale del RUP.
L’estensione, e la conferma, del ruolo del RUP nella fase esecutiva ne determina anche un’estensione di responsabilità non limitata alla fase di gara, ma estesa alla fase esecutiva, essenziale per la realizzazione dell’interesse pubblico. Una gestione inadeguata può causare danni erariali, ritardi, scarsa qualità e mancato raggiungimento degli obiettivi che il Il RUP è chiamato a prevenire garantendo che la realizzazione dell’opera (intesa in senso lato) avvenga nel rispetto di tempi, costi, qualità e normative, inclusa la sicurezza.

2. La Responsabilità erariale del RUP: quadro normativo e concetti fondamentali
A. Definizione di responsabilità erariale e ruolo della Corte dei Conti
La responsabilità erariale, o amministrativo-contabile, è una forma di responsabilità personale a contenuto patrimoniale che sorge in capo agli amministratori e ai dipendenti pubblici, nonché ai soggetti ad essi equiparati, per i danni cagionati agli enti pubblici di appartenenza o per i quali prestano servizio, a seguito di comportamenti dolosi o gravemente colposi posti in essere in violazione di obblighi di servizio.
La Corte dei Conti è l’organo giurisdizionale cui è demandato l’accertamento di tale responsabilità e, in caso di affermazione della stessa, la condanna del responsabile al risarcimento del danno cagionato all’erario. L’intervento della Corte può essere attivato d’ufficio dalla Procura contabile o su segnalazione di altri organi o cittadini. Qualora emergano irregolarità che abbiano prodotto un danno economico per l’amministrazione, il RUP può essere chiamato a risarcire le somme indebitamente utilizzate o il pregiudizio economico complessivamente prodotto.
B. Il presupposto del “rapporto di servizio”
Affinché un soggetto possa essere chiamato a rispondere dinanzi alla Corte dei Conti per danno erariale, è necessaria la sussistenza di un “rapporto di servizio” con la Pubblica Amministrazione danneggiata. Tale rapporto non coincide necessariamente con un rapporto di pubblico impiego, potendo configurarsi anche in capo a soggetti esterni all’amministrazione che, tuttavia, siano investiti, anche di fatto, dello svolgimento di attività di interesse pubblico e si inseriscano funzionalmente nell’organizzazione amministrativa, gestendo risorse pubbliche o concorrendo al perseguimento di finalità pubblicistiche. Il RUP, in quanto dipendente della stazione appaltante formalmente incaricato della gestione di un intervento pubblico, è inequivocabilmente legato da un rapporto di servizio all’amministrazione di appartenenza.
C. Il concetto di “danno erariale”
Il danno erariale rappresenta il pregiudizio di natura patrimoniale subito dalla Pubblica Amministrazione a causa della condotta illecita del soggetto agente.1 Esso può assumere diverse configurazioni:
1) Danno patrimoniale diretto (o danno emergente): Consiste in una diminuzione patrimoniale diretta e immediata, quale una spesa ingiustificata, un pagamento non dovuto, la perdita di un bene, o maggiori costi sostenuti a causa di errori o ritardi.
2) Mancato guadagno (o lucro cessante): Si verifica quando l’amministrazione non consegue un incremento patrimoniale che avrebbe ragionevolmente ottenuto in assenza della condotta dannosa.
3) Danno da disservizio: Questa categoria, elaborata dalla giurisprudenza contabile, ricomprende una serie di condotte disfunzionali che incidono negativamente sull’efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa. Può manifestarsi come:
– Danno quantitativo (mancata resa del servizio): Ad esempio, la mancata realizzazione di un’opera o la mancata erogazione di un servizio.
– Danno qualitativo (disservizio in senso stretto): Quando il servizio reso è di qualità inferiore agli standard previsti o necessari.
– Danno all’efficienza: Spreco di risorse (personale, mezzi, tempo) per attività inutili o per rimediare a errori, come nel caso di alterazione di documenti contabili che richiedono attività suppletive per il ripristino della regolarità.
4) Danno da perdita di finanziamenti: Si concretizza nella mancata acquisizione o nella revoca di finanziamenti (nazionali o europei) a causa di inerzia, errori procedurali, mancata o tardiva rendicontazione da parte dei soggetti responsabili, tra cui il RUP.
L’enfasi posta dal D.Lgs. 36/2023 sul “principio del risultato” potrebbe indurre la Corte dei Conti a un’interpretazione ancora più attenta e rigorosa del concetto di danno erariale. Non solo le perdite economiche dirette, ma anche il mancato raggiungimento dei benefici attesi dall’intervento pubblico o il danno qualitativo derivante da una cattiva esecuzione, potrebbero assumere una rilevanza crescente nella valutazione della responsabilità del RUP. Se un’opera viene completata con significativo ritardo, con costi superiori al previsto o con una qualità inferiore a causa di negligenze gestionali del RUP durante la fase esecutiva, il danno potrebbe non limitarsi agli eventuali extracosti, ma estendersi alla mancata o ritardata fruibilità del bene o servizio da parte della collettività.
D. L’Elemento soggettivo: la “colpa grave”
La responsabilità erariale ha natura personale e presuppone, ai fini della sua configurabilità, la sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo o, nella maggior parte dei casi, della colpa grave in capo all’agente.
L’articolo 2, comma 3, del D.Lgs. 36/2023, fornisce una definizione specifica di colpa grave ai fini della responsabilità amministrativa nell’ambito dei contratti pubblici, consistente in:
– Violazione di norme di diritto o di autovincoli amministrativi[1];
– Palese violazione di regole di prudenza, perizia e diligenza[2].
La stessa disposizione prevede un’importante esimente, stabilendo che “non costituisce colpa grave la violazione o l’omissione determinata dal riferimento a indirizzi giurisprudenziali prevalenti o a pareri delle autorità competenti”. Da notare che l’indirizzo giurisprudenziale esime solo se prevalente, rimettendosi così al RUP l’onere, in presenza di indirizzi non univoci e non consolidati, di giustificare la propria scelta di attenersi ad un indirizzo anziché ad un altro.
E ciò sottovalutandosi invece che il contrasto giurisprudenziale è esso stesso indice di profili di complessità.
Un’interpretazione conforme alla nozione di colpa grave elaborata anche dalla Corte dei Conti dovrebbe limitare un simile effetto, non potendo l’avere seguito un indirizzo giurisprudenziale costituire esimente di colpa solo laddove sia non minoritario ma isolato o laddove si sia formato prima di novità normative intervenute e non adeguatamente valutate dal RUP.

Note
[1] Ma, come è noto, la loro violazione è in alcuni casi un dovere.
[2] L’aggettivo “palese” riferito solo a tale ipotesi ha fatto ritenere a parte della dottrina che, invece, la violazione di norme possa condurre a responsabilità anche se sussistono margini di incertezza interpretativa. A parere di chi scrive, trattandosi di colpa, è invece necessario accertare che le regole interpretative, o la giurisprudenza, abbiano escluso la possibilità di ricondurre l’azione del RUP ad un alveo di legalità. In altri termini, come la colpa, anche l’errore interpretativo, per poter condurre a responsabilità, deve essere grave, pena il configurarsi di forme di responsabilità oggettiva che, escluse alcune figure peculiari, non ha cittadinanza nel nostro ordinamento.
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