Subappalto e lavorazioni scorporabili a qualificazione obbligatoria o non obbligatoria: il superamento della distinzione nel nuovo Codice degli appalti

A cura di Sandro Mento

8 Febbraio 2024
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Lavori pubblici – qualificazione degli esecutori di lavori pubblici – subappalto – art. 119 d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 – artt. 2 e 30 (allegato II.12) d.lgs. n. 36/2023 – art. 12 d.l. 28 marzo 2014, n. 47 – opere scorporabili – qualificazione obbligatoria – qualificazione non obbligatoria – superamento della distinzione

Tar Piemonte, sez. II, 16 gennaio 2024, n. 23

L’art. 12 d.l. n. 47/2014 – norma non abrogata dal nuovo Codice – in un’ottica concorrenziale consente all’operatore economico, in possesso della qualificazione per la categoria prevalente, di partecipare alle gare per l’affidamento di lavori pubblici, anche se privo delle qualificazioni previste dal bando per le categorie scorporabili, alla condizione, però, che affidi le lavorazioni riconducibili alle predette categorie, se a qualificazione obbligatoria, a imprese in possesso delle necessarie qualificazioni.

In base alle prime indicazioni giurisprudenziali in tema di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici, il superamento, nell’impianto del nuovo Codice dei contratti, della distinzione tra categorie di lavorazioni a qualificazione “obbligatoria” e “non obbligatoria” avrebbe l’effetto di connotare indistintamente tutte le opere scorporabili della natura di lavorazioni a qualificazione obbligatoria.

Il caso di specie

La Provincia di Novara, nel 2023, bandiva una procedura aperta – nell’ambito degli interventi PNRR – per l’affidamento della progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori straordinari di manutenzione (riqualificazione energetica, miglioramento sismico e messa in sicurezza) di un edificio ospitante il liceo classico e linguistico di Novara.

Alla procedura, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, partecipavano tre concorrenti (oltre ai professionisti indicati per l’attività progettuale), uno dei quali (che poi ricorrerà al TAR) in forma di costituendo RTI misto.

In corso di gara, la stazione appaltante, con riferimento a tale operatore economico, sollecitava alcune integrazioni istruttorie e, in particolare, per quanto di interesse, rilevava delle incertezze riguardo la suddivisione delle lavorazioni tra le singole imprese appartenenti all’RTI.

Segnatamente, per la categoria scorporabile OG9 (impianti per la produzione di energia elettrica), la committenza evidenziava che la qualificazione non risultava posseduta da nessuno dei componenti del raggruppamento, risultando in conseguenza non chiaro come la prestazione sarebbe stata eseguita.

Successivamente al riscontro del concorrente, il quale assumeva la possibilità di ricomprendere la categoria scorporabile OG9 all’interno del valore – considerato anche l’incremento del quinto – della qualificazione posseduta dal raggruppamento nella categoria prevalente OS7 (manifestando pure la volontà di subappaltare la OG9), la stazione appaltante, con successivo provvedimento, escludeva il costituendo RTI dalla gara.

In particolare, sul tema della dimostrazione del possesso dei requisiti di qualificazione, tenuto conto di quanto stabilito dall’art. 30 dell’allegato II.12 Codice del 2023, l’Amministrazione riteneva non soddisfatti i requisiti richiesti dalla lex specialis. Da qui, il provvedimento espulsivo, in cui, per la verità, la S.A. constatava pure la violazione di un’ulteriore norma del disciplinare, relativa alla copertura assicurativa dal rischio professionale dei progettisti.

Di seguito all’istanza dell’RTI di annullamento del provvedimento in autotutela (respinta dalla P.A.) e all’aggiudicazione della gara ad altro operatore, il concorrente escluso proponeva, infine, impugnazione al TAR.

Per quanto di interesse, la parte, assumendo la titolarità della qualificazione nella categoria prevalente OS7 in una classifica tale da ricomprendere (per incremento del quinto) anche le categorie scorporabili e di aver indicato, sia nel “Documento di gara unico europeo” (DGUE) sia in sede di soccorso istruttorio, la volontà di subappaltare le opere per la categoria OG9, deduceva la conseguente illegittimità dell’esclusione e, in subordine, della legge di gara, per violazione dell’art. 30 dell’allegato II.12 d.lgs. n. 36/2023.

La decisione del TAR

Il TAR, nel respingere il ricorso, sul tema del possesso dei requisiti di qualificazione, ha ritenuto innanzitutto non provata la circostanza che il raggruppamento fosse titolare, nel suo insieme, di una qualificazione per la categoria prevalente OS7 per una classe di importo tale da coprire, anche in virtù dell’incremento del quinto (si v. art. 2, comma 2, allegato II.12 d.lgs. n. 39/2023), le opere scorporabili (categorie OG9 e OS21), rispetto alle quali nessuna delle imprese associate (tre in tutto) possedeva le necessarie attestazioni.

In concreto, come da legge di gara, la somma degli importi per la categoria prevalente e le due scorporabili dava un totale di circa 3.400.000 euro.

La mandataria, per la categoria OS7, possedeva una qualificazione in classe II (fino a 516.000 euro). Una delle mandanti, di cui ci si serviva tramite avvalimento, possedeva invece una classe III (fino a 1.033.000 euro). Sarebbe servita anche la qualificazione dell’altra mandante (da utilizzare sempre tramite avvalimento), la quale, a tal proposito, avrebbe enunciato, per la OS7, il possesso di una categoria III bis (e cioè fino a 1.500.000 euro).

Sennonché, ha chiarito il TAR, di quest’ultima non risultavano prodotti in gara né il DGUE o le attestazioni SOA, ma solo un documento di presentazione della società estratto dal sito internet aziendale.

Tale documento, ha evidenziato il Giudice: “…non costituisce adeguato mezzo probatorio, in assenza di elementi dai quali possa ricavarsi, in modo univoco, la perdurante efficacia, al momento di partecipazione alla gara, delle attestazioni indicate o, comunque, la concordanza tra quanto ivi unilateralmente affermato e l’effettivo regime di qualificazione imputabile all’impresa.

Né all’inosservanza dell’onere probatorio può sopperire in specie il temperamento del metodo acquisitivo, venendo in rilievo un elemento di conoscenza che, per il criterio di vicinanza della prova, ricade senz’altro nella sfera di disponibilità della stessa parte ricorrente e che, di conseguenza, era suo onere allegare.

Neppure è invocabile, per altro verso, il principio di non contestazione ex art. 115 comma 1 c.p.c. stante, anzi, la puntuale eccezione della stazione appaltante sul difetto di giustificazioni a supporto dell’assunto ricorsuale”.

Quindi, la dedotta qualificazione del raggruppamento per la categoria OS7, per una classe d’importo sufficiente a coprire anche le categorie scorporabili (tramite incremento del quinto), è restata sguarnita di prova (in realtà, a ben guardare, le attestazioni efficaci non coprivano neppure la categoria prevalente essendo la stessa, da bando, pari a quasi 1.900.000 euro).

Ma, ha aggiunto il TAR: “…anche a voler ritenere dimostrato il requisito dell’adeguata qualificazione del raggruppamento per la categoria prevalente, il provvedimento espulsivo risulta, comunque, immune da censura” e ciò perché, come si dirà tra un attimo, il Tribunale non ha considerato rispettato il dovere di subappaltare le categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria (segnatamente, la categoria OG9).

Il ragionamento del Giudice parte dal quadro normativo di riferimento.

Attualmente, in base alla formulazione dell’art. 30, comma 1, allegato II.12 Codice del 2023 (analogamente a quanto già stabilito dal precedente art. 92 D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207), il concorrente singolo può partecipare a una gara per l’affidamento di un contratto pubblico (di lavori) qualora sia in possesso dei requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi relativi alla categoria prevalente per l’importo totale dei lavori, ovvero, sia in possesso dei requisiti relativi alla categoria prevalente e alle categorie scorporabili per i singoli importi (i requisiti relativi alle categorie scorporabili non posseduti dall’impresa devono da questa essere posseduti con riferimento alla categoria prevalente). Il comma 2 precisa che, per i raggruppamenti temporanei di imprese, le quote di partecipazione possono essere liberamente stabilite entro i limiti consentiti dai requisiti di qualificazione posseduti dall’associato o dal consorziato. I lavori, poi, sono eseguiti dai concorrenti riuniti, secondo le quote indicate in sede di offerta, fatta salva la facoltà di modifica delle stesse (previa autorizzazione della stazione appaltante che ne verifica la compatibilità con i requisiti di qualificazione posseduti dalle imprese interessate).

Questa norma, secondo il TAR, deve essere letta alla luce dell’art. 12 d.l. n. 47/2014, il quale consente all’operatore economico, in possesso della qualificazione per la categoria prevalente, di partecipare alle gare per l’affidamento di lavori pubblici, anche se privo delle qualificazioni previste dal bando per le categorie scorporabili, alla condizione, però, che affidi le lavorazioni riconducibili alle predette categorie, se a qualificazione obbligatoria, a imprese in possesso dei previsti requisiti.

Questa disposizione (art. 12 d.l. n. 47/2014), secondo il Giudice di prime cure, non sarebbe stata abrogata dal nuovo Codice dei contratti. Anzi, in base ai primi pronunciamenti della giurisprudenza: “…il superamento, nell’impianto del nuovo codice dei contratti pubblici, della distinzione tra categorie di lavorazioni a qualificazione «obbligatoria» e «non obbligatoria», avrebbe piuttosto l’effetto di connotare indistintamente tutte le opere scorporabili della natura di lavorazioni a qualificazione obbligatoria (si cfr. TAR Calabria, Reggio Calabria, sez. I, 26 ottobre 2023, n. 782)”.

Considerata la differenza tra subappalto c.d. necessario (o qualificatorio) e modello “classico” (con il primo che è espressione non di autonomia organizzativa ma di imposizione determinata dalla circostanza che il concorrente non possiede la qualifica per eseguire tutte le lavorazioni), la necessità di manifestare in modo esplicito e incontrovertibile la volontà di applicare il subappalto appare, allora, questione non meramente “nominalistica”.

Ebbene, fin dal soccorso istruttorio, la P.A. aveva sollecitato parte ricorrente a spiegare le modalità di esecuzione delle opere, nel difetto della occorrente qualificazione. La constatata incoerenza delle dichiarate quote di partecipazione ed esecuzione del raggruppamento, in uno con la contestuale carenza di univoca volontà di ricorso al subappalto qualificatorio (nonostante il mancato possesso dei requisiti per i lavori della categoria OG9), ha reso la domanda di partecipazione del costituendo RTI non in linea con le predette coordinate normative e giurisprudenziali, provocando (aggiunge il sottoscritto) una non sanabile incertezza riguardo la capacità dell’operatore economico di far fronte alle obbligazioni derivanti dall’appalto.

Di conseguenza, la motivazione dell’esclusione, incentrata sul richiamo all’art. 30, allegato II.12 d.lgs. n. 36/2023, è risultata legittima: “…anche sotto i contestati profili dell’adeguatezza d’istruttoria e motivazione”.

In definitiva, conclude il Giudice: “…anche per il principio di autoresponsabilità dei concorrenti, in forza del quale ogni operatore economico deve sopportare le conseguenze di eventuali errori commessi nella presentazione della documentazione dell’offerta, il motivo di doglianza risulta infondato”.

Breve quadro ricostruttivo

Come noto, la “qualificazione” degli operatori economici consiste, in generale, nell’accertamento (essenzialmente professionale/tecnico/finanziario) dell’idoneità di un soggetto a realizzare una determinata opera pubblica. Ciò permette di contemperare due valori costituzionali: l’art. 97, che prevede il principio di buon andamento dell’agire amministrativo, e l’art. 41, il quale definisce “libera” l’iniziativa economica privata, seppur ancorata al rispetto di valori come la sicurezza, la libertà, la dignità umana (l’iniziativa economica privata, inoltre, deve essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali).

Due sono i modi per accertare la “competenza” dell’operatore economico: l’accertamento demandato al committente in sede di gara; l’accertamento da parte di un soggetto terzo rispetto al committente.

Nei lavori pubblici (diverso è il caso di servizi e forniture), la qualificazione, fin dal 1895 (con il capitolato generale approvato con D.M. 28 maggio 1895: art. 2), è soggetta a regolamentazione.

Negli anni Sessanta, con la legge 10 febbraio 1962, n. 57, fu a tal proposito creato l’Albo Nazionale dei Costruttori (ANC). Il sistema, allora, si incentrava su di un controllo pubblico (attraverso un comitato centrale e comitati regionali) delle esperienze maturate dalle imprese, dalle quali potevano desumersi le capacità pertinenti il lavoro da realizzare (artt. 12-15). Con questa legge, per la prima volta, si stabilivano i requisiti attinenti i lavori analoghi già svolti, la capacità economica e finanziaria, i mezzi tecnici in possesso dell’impresa e il personale di cui si poteva disporre (la capacità tecnica era dimostrata: “…mediante titoli di studio, certificati rilasciati o confermati da funzionari tecnici in attività di servizio riferentesi a lavori eseguiti o diretti dal richiedente e da ogni altro documento”, mentre quella finanziaria poteva desumersi: “…da idonee referenze bancarie o da documenti che validamente comprovino la potenzialità economica e finanziaria dell’interessato”).

Con l’avvento della disciplina comunitaria degli anni Settanta (direttive 71/304/CEE e 71/305/CEE: la prima di tali direttive comportava, a carico degli Stati membri, l’obbligo generale di sopprimere le restrizioni all’accesso, alla partecipazione e all’esecuzione di appalti di lavori pubblici e la seconda direttiva riguardava il coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici), il sistema all’epoca in vigore iniziò a mostrare i primi segnali di crisi, soprattutto per la discrasia con le norme comunitarie. In particolare, le disposizioni europee non prevedevano una qualificazione “accentrata”, ma solo quella compiuta da ogni amministrazione, comprensiva del potere discrezionale di decidere quali fossero i requisiti per lo specifico appalto (si v., in particolare, artt. 2 e 20 direttiva 71/305/CEE).

Con la successiva legge quadro in materia di lavori pubblici (legge 11 febbraio 1994, n. 109, attuata in merito dal D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34), già depotenziata con la legge 8 agosto 1977,  n. 584 la portata del certificato rilasciato dall’ANC, l’Albo in questione fu definitivamente abolito.

Ciò in favore di un meccanismo, ancora oggi esistente, basato su di un sistema accreditato di soggetti specializzati nella verifica dei requisiti in capo a coloro che intendevano partecipare alle gare per l’affidamento di lavori pubblici (e cioè le c.d. “SOA”, società organismo di attestazione: si v. in particolare artt. 4 e 8 della legge del 1994).

Tali operatori (privati), svolgendo funzioni di natura pubblicistica improntate al necessario rispetto del principio di indipendenza di giudizio, avevano (e hanno) il compito di certificare il possesso dei “requisiti generali” e “speciali” (attualmente, si v. artt. 94-100), oltre all’esistenza (soprattutto a partire dal d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163) di sistemi di qualità conformi alle norme europee e alla disciplina nazionale e del rating di impresa (con riferimento al nuovo Codice, si cfr. artt. 109 e 222).

La disciplina della qualificazione, infine, si è “sedimentata” con il D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 – nato come regolamento di esecuzione e attuazione del Codice del 2006 e rimasto in vigore anche dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016 (con gli adattamenti formali e sostanziali resisi necessari per raccordare la norma alla disciplina primaria) – le cui norme (artt. 60-104) sono state riprodotte in larga parte nell’allegato II.12 Codice del 2023, il quale attua l’art. 100, comma 4.

Della complessa disciplina in tema di qualificazione per l’esecuzione di lavori pubblici, il profilo delle categorie di lavorazioni (con la relativa suddivisione in generali, speciali e, fino al 30 giugno 2023, “super speciali” o “SIOS”) costituisce un aspetto specifico oggi regolato nella tabella A dell’allegato II.12 Codice 2023.

Per le categorie di opere generali (OG), la tabella in vigore stabilisce: “…la qualificazione […] è conseguita dimostrando capacità di svolgere in proprio o con qualsiasi altro mezzo l’attività di costruzione, ristrutturazione e manutenzione di opere o interventi per la cui realizzazione, finiti in ogni loro parte e pronti all’uso da parte dell’utilizzatore finale, siano necessarie una pluralità di specifiche lavorazioni. La qualificazione presuppone effettiva capacità operativa e organizzativa  dei fattori produttivi, specifica competenza nel coordinamento tecnico delle attività lavorative, nella gestione economico-finanziaria e nella conoscenza di tutte le regole tecniche e amministrative che disciplinano l’esecuzione di lavori pubblici. Ciascuna categoria di opere generali individua attività non ricomprese nelle altre categorie generali”.

Per le categorie speciali “OS” (quelle super speciali, verosimilmente, non dovrebbero essere più vigenti), invece, il Codice prevede: “…La qualificazione […] è conseguita dimostrando capacità di eseguire in proprio l’attività di esecuzione, ristrutturazione e manutenzione di specifiche lavorazioni che costituiscono di norma parte del processo realizzativo di un’opera o di un intervento e necessitano di una particolare specializzazione e professionalità. La qualificazione presuppone effettiva capacità operativa e organizzativa dei fattori produttivi necessari alla completa esecuzione della lavorazione e il possesso di tutte le specifiche abilitazioni tecniche e amministrative previste dalle vigenti norme legislative e regolamentari”.

Altra questione riguarda il tema delle categorie c.d. a qualificazione obbligatoria (si v. il previgente art. 109, comma 2 D.P.R. n. 207/2010 e art. 12 d.l. 28 marzo 2014, n. 47) e cioè quelle corrispondenti a lavori che non possono essere eseguiti direttamente dall’affidatario in possesso della qualificazione per la sola “categoria prevalente”, se privo delle relative specifiche competenze tecniche (la categoria prevalente di lavori, generale o specializzata, corrisponde a quella di importo più elevato fra le categorie costituenti l’intervento: art. 3, comma 1, lett. oo-bis d.lgs. n. 50/2016; il Codice attuale, per la verità, non reca alcuna definizione in tal senso, anche se l’art. 30, allegato II.12, cit. riprende il concetto per stabilire quali sono i soggetti abilitati ad assumere i lavori; su tali profili, si v. pure art. 31, allegato I.7).

Su questo aspetto, come segnalato in altri commenti (si v. la nota del sottoscritto “Categorie «superspecialistiche» e qualificazione obbligatoria: il caso della OS32”), dal 1° luglio 2023 sono efficaci le nuove norme in tema di qualificazione degli operatori economici.

In particolare, l’art. 100, comma 4 Codice, dedicato ai requisiti di ammissione per i lavori pubblici, rimanda all’allegato II.12 la definizione della disciplina pertinente tale sistema, la quale, una volta adottato il regolamento che sostituirà l’allegato II.12, sarà estesa anche a servizi e forniture (art. 100, comma 10).

La distinzione tra categorie a qualificazione obbligatoria e non obbligatoria, come appena accennato, non è più presente nell’allegato suddetto (né nella tabella A in questo riportata). Allo stesso modo, nulla si chiarisce in merito alle categorie di opere relative a lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o rilevante complessità tecnica (SIOS), comunque contemplate dalla riforma (art. 104, comma 11) e in relazione alle quali (così come per le categorie a qualificazione obbligatoria/non obbligatoria) risulterebbe ancora valido l’art. 12 d.l. n. 47/2014, il quale non è stato espressamente abrogato dal d.lgs. n. 36/2023 (a meno di non considerare l’intervenuta abrogazione per incompatibilità o per nuova disciplina dell’intera materia: art. 15 disp. sulla legge in generale del codice civile).

In ogni caso, all’art. 30 dell’allegato II.12 si ritrova il contenuto dell’art. 92, comma 1 D.P.R. n. 207/2010, secondo cui: “Il concorrente singolo può partecipare alla gara qualora sia in possesso dei requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi relativi alla categoria prevalente per l’importo totale dei lavori ovvero sia in possesso dei requisiti relativi alla categoria prevalente e alle categorie scorporabili per i singoli importi. I requisiti relativi alle categorie scorporabili non posseduti dall’impresa devono da questa essere posseduti con riferimento alla categoria prevalente”.

L’attestazione di qualificazione – rilasciata a norma dell’allegato II.12 – costituisce sempre la condizione necessaria e sufficiente per la dimostrazione dell’esistenza dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria ai fini dell’affidamento di lavori pubblici (in tal senso, art. 1, comma 2 allegato II.12). Inoltre: “La qualificazione in una categoria abilita l’operatore economico a partecipare alle gare e a eseguire i lavori nei limiti della propria classifica incrementata di un quinto” (art. 2, comma 2 allegato, cit.; si v. già art. 61, comma 2 D.P.R. n. 207/2010).

Considerazioni finali

Con la nuova disciplina relativa alla qualificazione degli operatori economici introdotta dal d.lgs. n. 36/2023 e nell’attuale vigenza dell’art. 12 d.l. n. 47/2014, si può affermare (lo si evidenzia nella sentenza in esame, oltreché nel citato precedente TAR Calabria, Reggio Calabria, sez. I, n. 782/2023; si cfr. pure TAR Piemonte, sez. II, 16 gennaio 2024, n. 23) che tutte le categorie di opere scorporabili, sia generali che specializzate, dal 1° luglio 2023, devono considerarsi a qualificazione obbligatoria.

Quindi, l’aggiudicatario, per eseguirle, dovrà essere in possesso della relativa attestazione SOA, oppure dovrà necessariamente ricorrere al subappalto (in tal senso, sempre “necessario” o “qualificatorio” e pertanto finalizzato a impiegare un subappaltatore per svolgere una o più prestazioni dedotte nell’appalto secondo lo schema tipico dell’art. 119 d.lgs. n. 36/2023: per una ricognizione della giurisprudenza in materia, si v. TAR Lazio, Roma, sez. IV, 24 gennaio 2024, n. 1405; Id., 12 ottobre 2023, n. 15165).

Più precisamente, ha chiarito il TAR Calabria nella sentenza n. 782, cit., tale interpretazione: “…oltre a configurare un esito rassicurante del quadro normativo in tema di qualificazione degli operatori economici, ha il pregio di armonizzarsi con l’art. 2, comma 2 del citato allegato II.12, laddove prescrive che «La qualificazione in una categoria abilita l’operatore economico a partecipare alle gare e a eseguire i lavori nei limiti della propria classifica incrementata di un quinto», il che fa dedurre che per «eseguire i lavori» è necessario essere in possesso di adeguata qualificazione”.

L’art. 119 sul subappalto, per completezza, non affronta il tema del subappalto necessario. Ciò in quanto, come evidenziato nella relazione al Codice (pag. 170), quest’ultimo è: “…eccentrico rispetto alla causa del contratto di subappalto quale delineata nel comma 2 [il subappalto è il contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto, con organizzazione di mezzi e rischi a carico del subappaltatore]. La questione dell’ammissibilità del subappalto per l’esecuzione dei lavori riguardanti le categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria – attualmente desumibile dalla perdurante vigenza dell’art. 12, comma 14, del decreto legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80 – attiene alla qualificazione degli operatori economici, di cui, in particolare, all’art. 100”.

La soluzione prospettata dalla giurisprudenza è certamente condivisibile, anche perché ha il pregio di rendere più “stringenti” i criteri di partecipazione alle gare pubbliche, contribuendo così a innalzare la qualità degli esecutori di lavori pubblici.

Tuttavia, viene in evidenzia (a mio sommesso avviso) un profilo. Se, in effetti, tutte le categorie di opere scorporabili devono considerarsi a qualificazione obbligatoria, allora, sarà ancora possibile consentire la partecipazione alle gare ai concorrenti (solo) in possesso dei requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi: “…relativi alla categoria prevalente per l’importo totale dei lavori” (ammessa in funzione di quanto stabilito dal comma 1 dell’art. 30, allegato II.12, cit. e già consentita in ragione del disposto dell’art. 92, comma 1 D.P.R. n. 207/2010) ?

Il considerare tutte le categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria, in altre parole, non rischia di mettere “fuori gioco” la principale regola di “abilitazione” ad assumere lavori, e cioè quella appena illustrata, che vale per ogni tipo di concorrente a prescindere dalla forma rivestita ?

Il dubbio è legittimo, anche se a queste domande, a dire il vero, potrebbe essere data pure una risposta negativa.

Infatti, se si considera l’assetto previgente e la giurisprudenza che si è formata con riferimento agli artt. 92 e 109 D.P.R. n. 207/2010 (si cfr. TAR Sardegna, sez. I, 3 marzo 2014, n. 1969 e Cons. Stato, sez. V, 25 luglio 2013, n. 3963), non è inesatto sostenere come l’indirizzo giurisprudenziale analizzato non incida direttamente sul tema dell’abilitazione ad assumere i lavori, ma solo sul versante prettamente esecutivo della prestazione dedotta nel bando. Se l’assunto è corretto, allora, la tesi illustrata nella sentenza non incide sulla regola stabilita dall’art. 30, cit. e l’operatore economico in possesso dei requisiti della categoria prevalente (per l’importo totale dei lavori) potrà continuare a partecipare alle gare (essendo “abilitato” ad assumere i lavori), solo che sarà sempre obbligato, in fase esecutiva, a subappaltare (tramite subappalto qualificatorio) tutte le categorie scorporabili di cui fosse sprovvisto di attestazione.

Sandro Mento